1) Siria, siamo tutti assassini
Articolo del
9 aprile 2018 di: ANDREA IACOMINI
Non potevamo
rimanere indifferenti a quello che sta accadendo in Siria in questi giorni.
Abbiamo chiesto al Portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini, un commento.
Ecco le sue parole:
«Io sono
stanco. E mi vergogno di esserlo. Stanco di ripetere le stesse cose da 7 anni,
di chiedere alla politica e alla comunità internazionale di dire qualcosa, di
girare l’Italia o le tv a spiegare agli italiani che siamo di fronte ad un
massacro senza precedenti. I bambini siriani non hanno voluto questa guerra
infinita. Non hanno chiesto di fuggire, di perdere un braccio o una gamba per
colpa delle bombe, di piangere sul corpo dilaniato sotto le macerie di mamma o
papà, di vivere nei rifugi sotterranei, di mangiare per giorni radici di piante
e carcasse di animali nelle città sotto assedio.
Non hanno
chiesto di nascere e vivere in un campo profughi nel deserto né di imbracciare
fucili e andare a combattere come soldati. Non hanno soprattutto chiesto di
morire asfissiati dal gas, esattamente come i loro coetanei che abbiamo
lasciato affogare nel mar d’Europa. Chiedono solo pace, ma tutto tace. Il Papa
chiede pace ma qualcuno “silenzia” anche lui.
Tacciano per
sempre i soloni della geopolitica, almeno in questi giorni. E basta con le foto
che emozionano a intermittenza, non servono più. Nessun interesse nazionale
giustifica un genocidio di questo tipo, nessuna guerra di religione o di
conquista giustifica 7 anni di inazione, di veti, di dialoghi mancati.
Mio figlio
che fa la quarta elementare, tra qualche anno, appena avrà finito di studiare
gli egiziani, i sumeri e i babilonesi e avrà dimenticato i confini del mondo
(perché la geografia non si insegna più nelle scuole), mi chiederà “perché non
li avete fermati, voi che sapevate cosa stava accadendo?” Ed io, già lo so,
domani come oggi non saprò cosa rispondere. Sono un assassino figlio mio,
perdonami».
(Continua
su: https://www.articolo21.org/2018/04/siria-siamo-tutti-assassini/).
Nessun
commento su questo schifo di razza umana che riesce ad essere assassina in ogni
maniera. Ora mancano le bombe biologiche e radioattive. I vari stati usano
tutto per distruggere i loro simili. Maledetti guerrafondai osceni.
2) Bimbo dona i suoi risparmi al medico
che ha curato la mamma dal cancro: “Per la ricerca”
Ad un medico
oncologo dello IEO, l’Istituto europeo di oncologia di Milano, sono arrivati i
risparmi di un bambino che così lo ringraziava per aver curato la madre da un
tumore.
CRONACA
LOMBARDIA MILANO 6 APRILE 2018 11:38 di Francesco Loiacono
Pochi
centesimi, che però per un bimbo di 5 anni rappresentavano tutti i risparmi.
Questo è quanto un medico oncologo dello Ieo, l'Istituto europeo di oncologia
di Milano, si è trovato sulla scrivania alcuni giorni fa. I soldi erano
all'interno di una busta indirizzata al professor Pietro Caldarella, che
davanti alla tenerezza del gesto non ha resistito e ha scattato una foto,
pubblicandola su Facebook: "Stamattina il figlio di una mia paziente di 5
anni mi ha dato questo biglietto per ringraziarmi delle cure alla sua mamma e
dentro c’erano i suoi risparmi che ha voluto donarmi per la ricerca sul cancro
…mi veniva da piangere !!!!".
Il post
dell'oncologo è diventato virale
Il post,
pubblicato lo scorso 27 marzo, è diventato virale: oltre centinaia le
condivisioni, migliaia i "mi piace" e tanti anche i commenti. Il medico
della struttura fondata da Umberto Veronesi ha spiegato che il bimbo è il
figlio di una sua paziente di 35 anni, arrivata dalla Sardegna a Milano lo
scorso anno per operarsi per un tumore al seno. Il bambino, figlio della donna,
ha voluto ringraziare il medico per aver curato la sua mamma, ma allo stesso
tempo, anche se in tenera età, ha probabilmente rivolto un pensiero a tutti gli
altri malati di cancro, decidendo di destinare i suoi risparmi alla ricerca
contro i tumori: "La sincerità, generosità l'amore verso la mamma e il
prossimo è nella semplicità dei bimbi, noi grandi tutti ne dovremmo prendere
esempio", ha commentato uno degli utenti di Facebook sotto al post
dell'oncologo. Il medico, da parte sua, ha ringraziato il bimbo autore di un
gesto così bello: "La tua mamma è guarita, starà sempre con te".
Chissà che il bel gesto del bambino non faccia capire a tutti, anche agli
adulti e a chi si trova in posizioni decisionali in l'importanza della ricerca
in campo medico.
(Continua
su: https://milano.fanpage.it/bimbo-di-5-anni-dona-i-suoi-risparmi-al-medico-che-ha-curato-la-madre-dal-cancro-per-la-ricerca/ -
http://milano.fanpage.it/).
Ogni tanto
spunta tra i numerosi atti di bontà tra i bambini qualche lettera con indirizzo
scritto alla loro maniera che veramente fa commuovere, come quello che potete
aver letto se state cercando anche qualcosa di nuovo in questa umanità che
mostra lati sempre più ripugnanti. L’Umanità ancora sommersa esiste e speriamo
che presto si moltiplichi, anche se si moltiplica il male, il terrorizzare la
gente. È tutto un sottofondo che purtroppo ci spinge sempre più nella palude
dalla quale si tenta di uscire e per primi ne escono i bambini con le loro
battute che ci fanno trasecolare e sperare ancora in un futuro prossimo. E
questi fatti, oltre che a commuovere, fanno cambiare radicalmente i pensieri
anche agli adulti che le ricevono e che si comporteranno sempre meno
conformemente alla modalità della guerra e della potenza con cui schiacciare
gli altri.
Grazie
ancora, bambini, di quello che fate; tutto è scritto e ve lo ricorderà Colui
che voleva un mondo migliore ed uguale per tutti. Ve lo assicuro e prometto
anche a nome Suo. Grazie ancora e a presto risentirci.
3)
Professoressa colta da malore in casa: i suoi studenti le salvano la vita
Allarmati da
due giorni di assenza della docente – una 50enne con disabilità motorie –
alcuni studenti dell’Istituto Cesaro di Torre Annunziata hanno deciso di
recarsi a Vico Equense, dove la professoressa abita, per capire cosa le fosse
successo: non ricevendo risposta, i ragazzi hanno chiamato i carabinieri che,
entrati in casa, hanno trovato la donna per terra, colta da malore.
L’intervento dei suoi studenti le ha di fatto salvato la vita.
CRONACA
NAPOLI E CAMPANIA - PENISOLA SORRENTINA - ULTIME NOTIZIE - 14 MAGGIO 2018,
11:28 di Valerio Papadia
Dopo i
numerosi episodi di bullismo arrivati da tutta Italia, in cui gli insegnanti
sono stati derisi, insultati, minacciati e aggrediti dagli studenti, una storia
che testimonia l'amore di alcuni ragazzi per la propria professoressa arriva
dalla provincia di Napoli. Alcuni studenti dell'Istituto Cesaro di Torre Annunziata
sono stati allarmati dalla prolungata assenza di una delle loro docenti, una
50enne affetta da disabilità motorie: la professoressa, infatti, non si recava
al lavoro da due giorni, circostanza molto insolita, dal momento che la donna
si assentava di rado.
Vico
Equense, studenti salvano la vita alla loro professoressa
Gli studenti
hanno così deciso di andare a controllare di persona cosa le fosse accaduto: da
Torre Annunziata si sono così recati a Vico Equense, nella Penisola Sorrentina,
dove la docente abita. Non ricevendo alcuna risposta al citofono, i ragazzi
hanno così allertato i carabinieri: i militari giunti sul posto hanno fatto
irruzione nell'appartamento della 50enne, trovandola riversa sul pavimento; la
donna era stata colta da un malore ed era impossibilitata a muoversi. Immediata
la corsa in ospedale: dopo le cure del caso, il peggio è passato e la
professoressa ha potuto fare ritorno a casa e dai suoi studenti, che le hanno
di fatto salvato la vita.
"Le sue
lezioni sono racconti nei quali ci presenta ogni giorno un personaggio diverso,
come se lo avessimo con noi in aula. Speriamo torni presto", racconta
Alfonso, uno degli studenti della professoressa.
(Continua
su: https://napoli.fanpage.it/professoressa-colta-da-malore-in-casa-i-suoi-studenti-le-salvano-la-vita/ -
http://napoli.fanpage.it/).
Bravi
studenti, che, con un’umanità molto rara al giorno d’oggi, avete aiutato una
professoressa in pericolo di vita a salvarsi. Grazie di tutto, anche se quello
che è detto è ancora poco. Il futuro vostro è senz’altro di stimolo a
risollevarsi per una umanità inaridita e gretta, grazie all’aiuto senz’altro di
Qualcuno che veglia sulla deriva della specie umana che diventa disumana.
Grazie ancora a nome soprattutto di quei bambini che innocentemente muoiono per
gravi colpe e vendette inconcepibili degli adulti.
4) Nigeria:
4 ragazzine usate come kamikaze
5 morti e
tredici feriti alla periferia di Maiduguri, nel Borno
Redazione
ANSA ROMA - 31 marzo 2018 - 18:58
Quattro
ragazzine usate dai fondamentalisti come kamikaze e un'altra persona sono
rimaste uccise in attacchi simultanei in un villaggio alla periferia di
Maiduguri, capitale dello stato del Borno, in Nigeria. Tredici i feriti. Lo
riferisce la polizia locale precisando che gli attentati sono avvenuti ieri
sera poco prima delle 22, l'ora in cui inizia il coprifuoco per questo la
maggior parte degli abitanti del villaggio si trovava in casa. Tutte e quattro
le kamikaze sono morte negli attacchi, l'altra vittima è una donna, i feriti
sono stati tutti ricoverati in ospedale. Nello stato nigeriano del Borno sono
molto attivi i terroristi islamici di Boko Haram. All'inizio del mese sempre
alla periferia di Maiduguri un kamikaze in bicicletta aveva ucciso tre persone.
Dal 2009 la guerriglia dei Boko Haram ha ucciso tra 15-20 mila persone in
Nigeria e paesi confinanti innescando una crisi umanitaria da 2,3 milioni di
sfollati e profughi.
(Continua
su: http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2018/03/31/nigeria-4-ragazzini-usate-come-kamikaze_f12e5a8b-35b3-476a-a169-df80579e93c5.html).
La notizia è
circolata alla svelta (sveltissima) sui media, e non si trova quasi più, perché
va dimenticata alla svelta per lasciare il posto agli scoop, come la notizia
sulla stazione spaziale cinese che ci può cadere sulla testa da un momento
all'altro con aggiornamenti continui che continuano a spostare la caduta e la
velocità di discesa… Come se i meteoriti che caddero (e possono cadere ancora)
fossero cosa remota che non può risuccedere, perché passano a migliaia di
chilometri di distanza e non c'è quello giusto che sfugge ai controlli e
che distrugge gran parte della nostra crosta terrestre facendo un buco in cui
scompaiono popolazioni intere… Ma non pensiamo a questo, né pensiamo alla
Striscia di Gaza o al fatto che gendarmi francesi siano entrati in Italia senza
chiedere il permesso a nessuno e l'Italia ha ruggito belando, lamentando
l'intrusione: chissà se in tempi passati questo scherzetto non avrebbe
provocato una ritorsione come in Israele, quando a un razzo nella loro terra
rispondono in modo simile… ma noi ruggiamo come pecore.
Torniamo
alle ragazzine: quattro. Non una, ma quattro: cerchiamo di capire e di vedere
quattro nostre figlie che si squarciano perché c'è un assassino che non lo fa
con le sue mani, ma con quelle degli altri, e non si serve di adulti ma di
bambini e/o adolescenti. Anche in questo caso bisogna far sparire alla svelta
la notizia,come anche tutte le altre sul fatto che non c'è ancora un governo e
ci meraviglia questo in una Italia ridotta così.
Ma non
lasciamoci ingannare, né crediamo che siano finiti gli shahid. A Mogadiscio,
che è in Somalia, c’è stato un altro shahid e ancora morti: tanto chi li manda
se ne sta a casa e manda come sempre gli altri a fare il lavoro sporco di farsi
esplodere sperando nel nulla promesso.
5) Somalia,
kamikaze su autobomba si fa esplodere a Mogadiscio: 7 morti
L'attacco,
non lontano dal Parlamento, è stato rivendicato dai miliziani islamici di Al
Shabaab
25 marzo
2018 Ancora un attentato a Mogadiscio: un kamikaze si è fatto esplodere su
un'autobomba dinanzi la porta principale della sede del ministero dell'Interno
della Somalia, non lontano dal Parlamento. Il bilancio è di almeno 7 civili
morti. Le vittime includono due soldati mentre molti dei circa 10 feriti sono
guidatori di risciò, ha precisato il capitano della polizia Mohamed Hussein.
Secondo fonti della sicurezza, erano almeno tre le auto imbottite di esplosivo
che stamane si sono dirette contro la capitale somala per compiere attentati
contro edifici governativi: una è esplosa di fronte al ministero dell'Interno,
un'altra è stata intercettata alle porte di Mogadiscio e l'autista si è fatto
saltare in aria, mentre un terzo è ancora ricercato dalla polizia. Terroristi di
Al Shabaab rivendicano l'attentato I miliziani di Al Shabaab hanno rivendicato
l'attentato, sostenendo che l'esplosione ha ucciso 13 guardie presidenziali. Lo
riferisce l'agenzia Ap ricordando che il gruppo terroristico, nelle sue
rivendicazioni, spesso esagera il numero di vittime. La strage di giovedì
scorso L'attacco avviene appena tre giorni dopo l'attacco con autobomba che ha
ucciso almeno 14 persone, ferendone altre dieci, nei pressi dell'hotel Weheliye
sull'affollata Makka Al Mukarramah Road. Mogadiscio è spesso obiettivo
dell'organizzazione integralista islamica somala al Shabaab, cellula
somala di al Qaida dal 2012, che vuole imporre alla Somalia una versione
estrema della Sharia, la legge islamica. Viene ai suoi miliziani attribuito
l'attentato con camion bomba che in ottobre uccise 512 persone.
(Continua
su:
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Somalia-kamikaze-in-autobomba-si-fa-esplodere-a-Mogadiscio-7-morti-27374281-5676-4096-ba7d-a59bc31d85cc.html).
Riprendiamo
a ricordare i morti ammazzati innocenti come le quattro ragazzine che si sono
fatte esplodere ancora una volta dietro istigazione del male che ha un solo
nome: Satana. Ricordiamocelo bene, Satana si nasconde dietro tutto questo male,
ma spuntano sempre le sue modalità di fare: satana odia l’uomo, lo inganna ed è
omicida per eccellenza. Se ricordate caino osserverete che c’è sempre stato
dall’inizio del mondo: era già presente sullo scenario mondiale per assassinare
e, come scusante, riportare l’odio che caino avevo dentro di sé; tuttavia la
spinta veniva da lui bugiardo ed omicida. Ci vuole tutti nel suo regno per
eguagliarsi a Dio, ma non si ricorda quanto dice “Gesù”, e cioè che è sì, il
principe del mondo, ma è già stato vinto, ha già perso, anche se ha un certo
ambito di manovra nella volontà dell’uomo, troppo debole per decidere da sola.
Satana è il principe di questo mondo, non il suo padrone: ricordiamocelo e
rinfacciamoglielo, se siamo protetti dal vero padrone di questo mondo in cui
speriamo tanto.
Mentre si
scrive questo articolo i morti esposi sono sempre troppi, specie se sono donne
e bambini ingannati dalle bugie di chi li manda a morire, promettendo premi
speciali oltre alla promessa che saranno i martiri, ovvero i prescelti dal loro
dio per un fine che non si conosce, ma che è ventilato magari con l’aiuto di
droghe che mandano in confusione la mente di chi non giudica più quello che sta
compiendo e percepisce solo l’intento rituale della morte tra gli infedeli da
distruggere.
Purtroppo i
kamikaze o shahid continuano ancora imperterriti. C’è il caso estremo di
un’intera famiglia che si è fatta esplodere provocando morti innocenti,
colpevoli solo di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato: una
famiglia composta da genitori e figli anche minori, ma soggetti al volere dei
genitori impazziti se non come al solito anche drogati.
Sono scenari
che non hanno un fine, ma si diffondono a macchia d’olio per difendere
un’ideale che crea solo morti squarciati, forieri di altre morti per vendetta,
il solito serpente che si morde la coda anche se la coda è l’umanità inumana
che distrugge se stessa.
Il seguente
articolo è molto lungo, ma discerne bene l’argomento fin troppo trattato e sempre lasciato nel
cassetto, nonostante le varie commissioni e contro-commissioni per farlo
diventare effettivo.
6) Violenze
negli asili nido: è il momento di dire basta
Continuano
le violenze commesse negli asili italiani e viene il sospetto che le norme in
vigore non offrano strumenti idonei a fermare l’ondata di soprusi. Vediamo cosa
dice la legge e cosa è possibile fare.
5
OTTOBRE 2016 15:48 di Giuseppe Lenzi
Pare che non
vi sia giorno, in questo maledetto Paese, in cui pagine e pagine di giornali
non mancano di narrare, in copioso e discutibile dettaglio, tipologie e tempi
delle inaudite violenze che si scatenano sui nostri figli e nipoti che
credevamo di affidare alle amorevoli cure degli asili italici. E nei TG la
dose di orrore rincara perché alle parole di piombo del cartaceo si aggiungono
immagini in confronto delle quali quelle del famigerato carcere di Abu Ghraib
(la prigione dei prodi militari USA torturatori dei prigionieri in
Afghanistan), se mai fosse possibile, sbiadiscono. Se intollerabili sono le
violenze di uomini contro uomini, che dire di quelle contro indifesi bambini?
La misura
pare colma e le cosiddette Autorità competenti (Regioni e Comuni) che, ai sensi
della normativa vigente (legge 107/2015 "la buona scuola" e la legge
regionale campana n° 48 del 4 sett. 1974) dovrebbero svolgere l'alta vigilanza
sugli asili nido, sembrano essere del tutto indifferenti a quanto accade.
Immagino sia noto a tutti che il disvelamento delle tragiche e inaudite
violenze patite ogni giorno, dai piccoli scolari, in un qualche squallido asilo
comunale italico, affiora solo dopo che i genitori, i nonni o qualche attento
parente avverte, nel bimbo, qualche significativo turbamento
Casi recenti
| Cosa dice la legge | Cosa fare
A Casarile
(Pavia) qualche tempo fa i genitori di Sara tre anni confidano: "la bimba
veniva a casa e picchiava le bambole". Da qui l'allarme. Intervengono i
carabinieri di Binasco e le violenze in asilo cessano.
A Potenza il
22 u.s. per le violenze sui bambini ben tre maestre sono state oggetto di una
severissima sanzione disciplinare: udite, udite, una sospensione! Chissà quanto
ne saranno rimaste colpite. Ma il Tribunale Amministrativo Regionale della
Basilicata è lì pronto a rendere giustizia. Ma a chi? Alle affettuose
educatrici o ai malmenati bambini? L'esito, ahimè lo riterrei scontato.
Di norma,
nei casi di sospetta violenza, si opera così: si contattato le Forze
dell'Ordine, si parla con il PM di turno e se costui è più o meno sensibile e
ravvede indizi preoccupanti di violenza autorizza l'installazione di telecamere
nei luoghi oggetto delle indagini. E qui accade l'assurdo. Le telecamere
"nascoste" registrano ore ed ore di violenze, giorni e giorni di
atroci vessazioni: ne cito solo alcune così che le nostre coscienze possano
inorridire, agire e reagire con fermezza perché tali orrori abbiano a cessare
immediatamente con la conseguente applicazione di severissime sanzioni per gli
autori di tali comportamenti. Non certo i soffici ed insignificanti
"arresti domiciliari", ma ben più gravi sanzioni meriterebbero
"gli educatori" da rieducare in un carcere duro.
La manifesta
follia delle "educatrici" che tutti abbiamo emozionalmente patito,
almeno una volta, attraverso la TV, si esprime, di solito, con schiaffeggi,
pizzichi, strattonamenti, tirate di capelli, testoline sbattute sui banchi,
isolamento in sgabuzzini bui, costrizioni ad ingurgitare la refezione con
l'orrorosa variante che se essa, semmai, è rovesciata dal piccolo, per cui la
premurosa maestra, per tema di un nocivo digiuno, provvede a fargliela ingoiare
di nuovo. Accadeva nell'asilo lager "Cip-Ciop" di Pistoia, struttura
privata accreditata dal Comune. Arrestate la direttrice e l'insegnante, Laura
Scuderi di 41 anni residente a Quarrata (Pistoia) ed Elena Pesce, 28 anni di
Pistoia.
Ma non è
finita qui. Questo accadeva in Toscana, ma neppure la Lombardia si fa mancare
nulla: Massimo Mario Perri, un attento e scrupoloso osservatore di questi
fenomeni ci riferisce che "In un asilo nido di Milano i carabinieri
arrestano un uomo di 35 anni e una donna di 34, dopo averli colti in flagranza
di reato. I due, incensurati, gestivano un asilo nido nel quartiere
Bicocca di Milano e sono accusati di violenza e maltrattamenti nei confronti
dei bambini. Percosse, lesioni personali e, addirittura, morsi i danni rilevati
dall'ospedale sui corpi dei bambini, tutti di età compresa tra i due mesi e i
due anni".
È del 29
settembre l'inaudita immagine televisiva di quella maestra/educatrice che
s'avventa su di un bimbo disabile strappato dalla sua carrozzina gettato a
terra.
Cosa dice la
legge
Pare,
quindi, sia giunto il tempo di dire "basta", ma non è
facile! Nei casi qui in esame si possono configurare due tipologie di
reati. Se ne interessa il libro Secondo del Codice Penale al Titolo XI art. 571
e 572 che così dispongono.
Art.571:
"Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una
persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di
educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di
una professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di
una malattia nel corpo o nella mente (2), con la reclusione fino
a sei mesi. Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene
stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne
deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni".
Art. 572:
"chiunque maltratta una persona a lui affidata per ragioni di educazione,
istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o
di un'arte, è punito con la reclusione da due a sei anni. La pena è aumentata
se il fatto è commesso in danno di minore degli anni quattordici. Se dal fatto
deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove
anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici
anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni".
Ne
conseguirebbe che il comune mortale, cittadino di medio/bassa cultura come me,
leggendo quanto la legge stabilisce cede ad un impeto di soddisfazione nel
pensare che i prodi educatori autori di violenze sui minori (scolari di asilo
ed elementari) finalmente vadano spediti quanto prima in prigione per gli anni
stabiliti; che possono essere anche 24.
Non è così.
Tutto deve accadere dopo un lungo e giusto processo da istruire nel rigoroso
rispetto delle innumerevoli e dettagliate norme procedurali; dopo aver assai
attentamente vagliato tutte, ma proprio tutte, le cause attenuanti generiche,
specifiche, speciose e probabili; dopo aver indagato sulla vita
dell'educatore/mostro alla ricerca di una qualche lontana tara familiare
giustificatrice delle violenze. Né si devono tralasciare lunghe e meticolose
indagini sulla personalità attuale e pregressa del presunto reo: il che avviene
rintracciando ed interrogando parenti ed amici dell'inquisito. Largo credito,
inoltre, è rivolto all'indagine circa eventuali provocazioni poste in essere
dai bimbi (di tre/sei anni), o quelle pur sempre possibili dei premurosi
genitori che non educano i piccoli, e semmai anche quelle dei nonni troppo
accondiscendenti nel cedere alle pressanti richieste di "lecca lecca"
dei tremendi ed irrefrenabili nipotini. E dopo l'eventuale ed improbabile
condanna in 1° grado, lette le motivazioni di condanna, i valorosi avvocati
s'affanneranno a proporre "appello". E lì ancora prove,
testimonianze, filmati, perizie psicologiche, psichiatriche, prove testimoniali
del "bidello" che non ha visto, del custode "distratto",
del dirigente scolastico che non ha avuto "mai un sospetto" e chi più
ne sa più ne inventi.
E
quand'anche l'appello fosse sfavorevole al reo si ricorre in Cassazione: la
legge delle leggi. Tale alto consesso, attraverso centinaia di sentenze, si è
così espresso, negli anni recenti a proposito dei delitti che inondano i nostri
asili e distruggono la mente ed il fisico dei nostri figli e nipoti:
Cass. n.
39927/2005
"Per la
configurabilità del reato di maltrattamenti l'art. 572 c.p. richiede il dolo
generico, consistente nella coscienza e volontà di sottoporre la vittima ad una
serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema
di sopraffazioni e di vessazioni che avviliscono la sua personalità; ne
consegue che deve escludersi che l'intenzione dell'agente di agire
esclusivamente per finalità educative sia elemento dirimente per fare rientrare
gli abituali atti di violenza posti in essere in danno dei figli minori nella
previsione di cui all'art. 571 c.p., in quanto gli atti di violenza devono
ritenersi oggettivamente esclusi dalla fattispecie dell'abuso dei mezzi di
correzione, dovendo ritenersi tali solo quelli per loro natura a ciò deputati,
che tradiscano l'importante e delicata funzione educativa" [corsivi
nostri, NdR].
Cass. n.
8618/1996
"Ai
fini della configurabilità del reato di cui all'art. 572 c.p. la materialità
del fatto deve consistere in una condotta abituale che si estrinsechi con più
atti che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti
successivi, collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento
da un'unica intenzione criminosa di ledere l'integrità fisica o morale del
soggetto passivo infliggendogli abitualmente tali sofferenze. Ne consegue che
per ritenere raggiunta la prova dell'elemento materiale di tale reato, non
possono essere presi in considerazione singoli e sporadici episodi di percosse
o lesioni, né un eventuale precedente specifico che può valere soltanto per la
valutazione della personalità dell'imputato agli effetti della determinazione
della pena da infliggere in concreto" [corsivi nostri, NdR].
Cass. n.
18289/2010
Il reato di
abuso dei mezzi di correzione o di disciplina non ha natura di reato
necessariamente abituale, sicché ben può ritenersi integrato da un unico atto
espressivo dell'abuso, ovvero da una serie di comportamenti lesivi
dell'incolumità fisica e della serenità psichica del minore, che, mantenuti per
un periodo di tempo apprezzabile e complessivamente considerati, realizzano
l'evento, quale che sia l'intenzione correttiva o disciplinare del soggetto
attivo [Fattispecie in cui alcuni bambini affidati ad un'insegnante di scuola
materna erano stati in più occasioni oggetto di minacce e percosse, ovvero
sottoposti a umilianti dileggi per il loro basso rendimento scolastico, NdR].
Con la
conseguenza – delirante è dir poco – che pur di fronte alle prove documentali
video ed audio, non sufficit le urla dei bimbi, il tonfo del loro capo sui
banchetti, le lacrime copiose che scivolano sui volti, le ciocche di capelli al
suolo, il violento fruscio degli schiaffi, le reclusioni in stanzini bui, le
minacce di ulteriori castighi. L'imposizione ad ingurgitare il cibo vomitato,
il terrore che si materializza con una copiosa incontinenza. No, tutto questo
alla nostra "giustizia" non basta! E l'Autorità Giudiziaria, di
norma, non ferma, come pure dovrebbe, quei criminali in tuta da "educatori".
Pur di fronte all'evidenza essa non dispone l'immediata irruzione delle Forze
dell'Ordine i cui uomini (in centinaia costretti a visionare le registrazioni),
pur essi padri e nonni, sono afflitti a subire la violenza quotidiana determinata
dalla loro impossibilità ad intervenire per far cessare quegli scempi sui
piccoli corpi. Il "magistrato" deve raccogliere "le prove"
che incastrino con sufficiente evidenza l'azione delittuosa delle maestre
educate… al peggio e da rieducare dietro robuste sbarre penitenziarie per
numerosi lustri. E nel frattempo che si raccolgano "utili prove" i
piccoli scolari subiscono ogni giorno le dolci violenze delle loro affettuose
educatrici.
Nell'interessante
sito "Brocardi.it, latino per giuristi" è riportata una vicenda molto
istruttiva ("Condannata la maestra che aveva schiaffeggiato e
strattonato per i capelli il minore") dalla quale emergono, con limpida
evidenza le lungaggini che accompagnano la condanna di una maestra
"picchiatrice". Ne emerge un quadro di desolate squallore in cui pare
che la "giustizia" sia fortemente protesa più alla salvaguardia
dell'impunità delle presunte "orche" che all'immediata tutela delle
accertate piccole vittime.
La misura
della condanna inflitta in 2° grado, in Corte di Appello alla coraggiosa
maestra consta solo di un piccolo risarcimento danni in favore dei
genitori. E le profonde lacerazioni alla psiche ed al corpo del bimbo chi le
risarcisce? Forse i "risarciti" genitori donando al piccolo gelatini
e pop corn? Ne conseguirebbe che i reati di abuso verso minori (e non
parliamo di abusi sessuali) e le inaudite violenze commesse
nell'inaccessibilità delle aule scolastiche, devono soggiacere ad una
disciplina punitiva ed immediata ben più severa di quella che oggi è
assolutamente inefficace. Non vorremmo più leggere sul Corriere della Sera
i giornalisti Galli e Santucci costretti a scrivere – il primo agosto scorso –
articoli come questo.
Contro
questi mostri vestiti da educatori occorre una severissima legislazione ed una
"procedibilità" all'arresto immediata. Lasciar correre giorni e
giorni per acquisire "prove regine" da usare poi in giudizio, a tutto
scapito della salute psichica e fisica dei nostri figli e nipoti appare come
pratica demenziale ed altrettanto delittuosa.
È di tutta evidenza
l'insanabile contrasto fra le disposizioni dell'Autorità giudiziaria che di
norma ordina indagini (le riprese con microcamere) che si protraggono per
settimane e mesi, con l'art. 40 c.2. del C.P. vigente, che invece impone agli
appartenenti alla forza pubblica ed agli Ufficiali ed agenti della polizia
giudiziaria il "dovere di impedire i reati"?
Non impedire
un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo
Art. 40 Cpi
Non
intervenire con immediatezza pur solo dopo il primo atto di violenza
documentatamente compiuto su un bambino concretizza l'ipotesi: Delicta per
omissionem commissa. E cosa accadrebbe ad un agente di P.G. se
nell'assistere, attraverso le riprese delle microcamere, alle violenze
decidesse di far irruzione in un asilo per farle cessare? Sarebbe punibile per
aver trasgredito l'ordine del Pm teso ad acquisizione lunghe e reiterate
riprese video per meglio documentare i reati commessi?
Chi può mai
stabilire quale sia la "giusta" quantità di botte, calci, sevizie e
violenze deve subire un inerme bambino prima che intervengano le forze
dell'ordine a far cessare tali violenze ? Non vi è una norma che detti
regole certe nei casi che qui interessano. Con la conseguenza che l'Autorità
giudiziaria di Canicattì può decidere che basti un solo episodio di documentata
violenza sui minori per far scattare provvedimenti restrittivi; laddove la
Procura di Viareggio può decidere ex edversis, che si debbano acquisire prove
certe delle condotte pluricommissive ed inequivocabili della ripetitività dei
comportamenti delittuosi, ordinando, di conseguenza di effettuare le riprese
(con le microcamere) per lunghi periodi di tempo prima di intervenire per por
fine alle violenze. A tutto scapito della sanità fisica e psichica delle piccole
vittime: "Summum ius summa iniuria" (Cicerone, De Officiis 1-10)
Cosa fare
Cosa fare?
Il cammino è tortuoso, lungo ed oneroso e dovrà tener conto, purtroppo, di
quella mala genia di "garantisti" che neppure le lacrime e le botte
ai bambini riescono a ricondurre a ragione. Occorrerà mettere mano al Codice di
proceduta penale, parte seconda, libro qui "Indagini preminari e udienza
peliminare" Titolo VI, Arresto in flagranza e fermo, Art. 380. Arresto
obbligatorio in flagranza. La soluzione ruota tutta attorno all'infelice
art. 380 che così recita:
Gli
ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque
è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il
quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non
inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni [corsivo nostro,
NdR]
E come si fa
a cogliere in flagranza un'educatrice violenta che, di certo, non picchia nel
giardino dell'asilo i piccoli a lei affidati? Una piccola modifica
s'imporrebbe; e le violenze cesserebbero sul nascere.
Ho sognato
quest'innovato art. 380: "Gli ufficiali e gli agenti di polizia
giudiziaria procedono all'arresto di chiunque è colto in flagranza. Costituisce
flagranza, al fine della tutela del bene prezioso della salute dell'infanzia,
anche una sola immagine, comunque acquisita, che evidenzi violenza su minore
…omissis…"
Una profonda
rivisitazione delle miriadi di "regole" che presiedono alla
disciplina delle complesse attività didattiche ed educative che interessano le
scuole della "prima infanzia" implica il coinvolgimento del potere
giudiziario (per modificare le norme penali e procedurali) e dei poteri
normativi attribuiti alle Regioni ed ai Comuni
Il percorso,
extragiudiziario, ove lo si volesse intraprendere subito, non sarà agevole in
quanto le normative, oggi vigenti, che presiedono alla "costruzione,
gestione e controllo" degli asili nido promanano – per quanto riguarda noi
campani – dalla Regione Campania: Legge Regionale N. 48 Del 04-09-1974 che
estende la sua efficacia ai Comuni ed ai Consorzi dei Comuni destinatari dei
fondi previsti artt. 1 e 2 della Legge 6 dicembre 1971, n. 1044. Sono, quindi,
gli Assessori all'Istruzione ed alle Politiche sociali, con la Giunta regionale
delle varie regioni italiane, a determinare ad approvare i requisiti delle
figure professionali operanti negli asili nido, micro nido e servizi
integrativi al nido. Preso atto delle centinaia di episodi di violenza consumatisi
negli asili nidi di tutta la penisola, v'è da auspicare che le disposizioni
relative al “sistema integrato 0-6 anni” (legge 107/2015, art. 181) provvedano,
fra le varie azioni, alla riforma degli asili nido e i servizi per l’infanzia
con una serie di cambiamenti relativi alla figura dell’educatore di nido
d’infanzia e del coordinatore pedagogico dei servizi per l’infanzia, nel senso
di poter individuare (ed isolare) i soggetti potenzialmente pericolosi.
Cosa fare
nell'immediato
Cosa fare
nell'immediato? Inondare di accorati fax il Presidente della Repubblica, on.
Sergio Mattarella (Fax 06.46993125) ed il Ministro della Giustizia Andrea
Orlando, (fax +39 06.68897951) perché ciascuno secondo le proprie prerogative
si adoperi per una modifica, in melius, delle vigenti (ed inefficaci) norme
procedurali giudiziarie inidonee, oggi, a garantire la sanità fisica e psichica
dei piccoli ospiti degli asili laddove emergono, quotidianamente,
"mostri" da isolare in perpetuo dal contatto con minori.
Nell'immediato:
occorre che i Comuni disponessero l'istallazione, ad horas, in tutti gli asili
comunali ed in quelli in "concessione" di telecamere negli spazi
frequentati dai bambini (anche, e soprattutto, in prossimità dei servizi
igienici con la predisposizione di adeguate cautele per garantire la massima
riservatezza dei piccoli). Ed occorre responsabilizzare i genitori perché,
in assenza di disposizioni comunali, pretendano, dal concessionario della
gestione dell'asilo privato, le medesime predisposizioni di sorveglianza
supradescritte.
(Continua
su: https://autori.fanpage.it/violenze-negli-asili-nido-e-il-momento-di-dire-basta/ - http://autori.fanpage.it/).
Finalmente
la legge sul controllo degli asili ed altre scuole o istituti e persone che vi
lavorano, che giaceva inascoltata dal 1971 (n. 1044, poi 1980) è stata
riesumata e modificata per le situazioni attuali e che spesso compaiono sui
media.
Fonti:
- Sì
alle telecamere negli asili (https://www.change.org/p/si-alle-telecamere-negli-asili)
- Petizione:
Telecamere negli asili (https://firmiamo.it/telecamere-negli-asili )
- Telecamere
negli asili e test attitudinali per chi si occupa dell'infanzia: 12 proposte di
legge in attesa di esame (http://www.repubblica.it/politica/2016/08/01/news/telecamere_negli_asili_12_proposte_di_legge_in_aula_a_settembre-145202412/)
- Telecamere
negli asili e test a maestri e educatori: primo sì alla legge (https://www.corriere.it/scuola/medie/16_settembre_30/telecamere-asili-test-maestri-primo-via-libera-legge-9f6f648a-86f2-11e6-b094-d674d9773420.shtml)
- Leggi e
Asilo Nido (http://www.progettoasilonido.org/index.php/preparazione-concorso/236-leggi-e-asilo-nido).
- L.R. 16 Giugno 1980, n. 59. Norme sugli asili nido (http://www.agenzia.roma.it/documenti/normative/97.pdf).
- L.R. 16 Giugno 1980, n. 59. Norme sugli asili nido (http://www.agenzia.roma.it/documenti/normative/97.pdf).
- Norme
per lo sviluppo e la qualificazione di un sistema di servizi per i bambini di
età inferiore ai 3 anni e per le loro famiglie (http://www.edscuola.it/archivio/norme/leggi/asili.html)
- Asili
nido, arriva il decreto: più posti e maestre laureate (https://www.ilmessaggero.it/primopiano/scuola_e_universita/asili_nido_arriva_decreto_posti_maestre_laureate-1847893.html).
- Milano,
maltrattamenti all'asilo: ecco la struttura sequestrata (http://milano.repubblica.it/cronaca/2016/08/01/foto/milano_asilo_maltrattamenti-145173502/1/#1).
Finalmente
il parlamento si è svegliato dopo più di otto anni di richieste (la legge è la
1044 del 1971, lasciata nel cassetto fino ad ora) che erano lasciate ad una
metodica piuttosto negativa nel senso che le telecamere messe dalla legge
richiedevano accertamenti sicuri del crimine e quindi passava molto tempo
ed i bambini erano sempre maltrattati fisicamente e psicologicamente.
Ad ogni
nuova realtà che si scopriva, si scriveva di porre rimedi come in altri stati,
ma non succedeva nulla; si osservava solo l'applicazione rigida di una legge
che andava modificata per non far soffrire ulteriormente i bambini che erano
bistrattati. Quello che si chiede ora lo si chiedeva già dai primi casi di
abuso sui bambini (anche negli asili nido), abusi e violenze di cui i bambini
porteranno sempre i segni maledetti anche da adulti, indipendentemente dagli
aiuti di eventuali psicologi del trauma.
Bambini,
siate contenti, almeno per quelli che entreranno in quelle strutture, e sperate
che quello che hanno promessa avvenga e venga accertato nei modi giusti e
ripetuto nei tempi indicati da studiosi del caso.
Ricordatevi,
però, che non tutte le strutture erano state segnalate per violenze fisiche e
psicologiche; inoltre, in molte di queste ci sono insegnanti di valore che
sacrificano la loro vita per educare i bambini per il futuro, nonostante le
pressioni di alcuni genitori talvolta ingiustificate o troppo oppressive.
Tuttavia, la PREVENZIONE è la prima regola da applicare in tutti i campi: molte
volte nei rapporti tra persona richiedente ed operatore non vige quell'umanità
che invece ci dovrebbe essere. Questo è un primo passo, come quello di
introdurre a tutti i livelli scolastici la norma di imparare a trattare con
umanità e rispetto anche i compagni con problemi.
Questo non
avviene ancora, sebbene ci siano già provvedimenti contro il bullismo, il
cyber-bullismo e altro: questa legge che dovrebbe essere approvata (si spera in
breve tempo, data la sua importanza) sarà una vittoria sociale di importanza
enorme per la formazione dei futuri adulti.
7) Guida
alpina soccorre migrante incinta al confine italo-francese: rischia 5 anni di
carcere
Una guida
alpina ha cercato di salvare una migrante nigeriana incinta all’ottavo mese e
l’ha trasportata in macchina oltre il confine italo-francese. Per questo
motivo, l’uomo è stato indagato dalla magistratura francese e ora rischia fino
a 5 anni di carcere per violazione delle leggi sull’immigrazione.
CRONACA
ITALIANA 19 MARZO 2018 13:55 di Charlotte Matteini
Arrestato
per aver soccorso una migrante incinta. Lo scorso 10 marzo, una guida alpina
francese ha aiutato una donna di origine nigeriana, incinta all'ottavo mese,
incontrata mentre stava cercando di varcare il confine tra Italia e Francia
insieme al marito e a due figli piccoli. Per questo motivo, l'uomo è stato
indagato dalla magistratura francese per violazione delle leggi sull'immigrazione
e ora rischia fino a cinque anni di carcere. Stando a quanto raccontato da
un'organizzazione umanitaria, la guida alpina avrebbe incontrato la donna, il
marito e i figli di due e quattro anni mentre stavano cercando di varcare
il confine italo-francese in mezzo alla neve, nei pressi del passo del
Monginevro, a 1900 metri di altitudine, e li avrebbe caricati in auto per
raggiungere il più vicino ospedale, alle porte di Briançon, in Francia.
Durante il
percorso, però, una pattuglia della Géndarmerie, la polizia francese, ha
bloccato l'automobile e ha condotto la guida in caserma. La donna è stata
trasportata in ambulanza in ospedale e ha partorito al pronto soccorso, mentre
l'uomo si è ritrovato indagato per violazione delle leggi sull'immigrazione.
(Continua
su: https://www.fanpage.it/guida-alpina-soccorre-migrante-incinta-al-confine-italo-francese-rischia-5-anni-di-carcere/ - http://www.fanpage.it/).
Un altro
fatto umano e degno di profondo rispetto: per aver salvato una madre incinta
che era in alta montagna e in difficoltà, una guida alpina rischia da parte
della ormai inflessibile Francia una punizione di 5 anni per aver salvato le
due vittime, mamma e bambino. Ormai l’umanità segue pari pari il proprio
attuale principe. Nulla da meravigliarsi e non finiranno le sceneggiate.
La
magistratura non ha più limiti in tal senso. Ma si è poi sicuri che esiste
questa legge che vieta di soccorrere le persone? O si tratta di altro? Una
persona salva un’altra persona e rischia anni di carcere: non si sa come sia
finita questa ennesima trovata circa un’azione a beneficio dell’umanità in
pericolo. Certo che stiamo assistendo a interpretazioni di leggi contro e
non per l’umanità, interpretazioni che suscitano perplessità
anche in chi soccorre chi è in stato di pericolo, specie se (come in questo
caso) c’erano di mezzo anche minori e futuri neonati che, grazie alla guida,
incurante del pericolo anche per lui, ha soccorso l’umanità che tentava di
imboccare la strada per una vita migliore: contro di lui è scattata subito la
solita burocrazia, oppure leggi senza scampo, che non valutano il fatto successo
e procedono come sono solite procedere, salvo eccezioni che non riguardano la
gente comune, ma i soliti esclusi che sono amici degli amici.
8) Potenza,
picchiava “quotidianamente” l’alunna disabile: arrestato insegnante di sostegno
Da quanto emerso l’insegnante, quando sostituiva le maestre di ruolo,
prendeva a schiaffi anche altri alunni e infliggeva loro punizioni per evitare
che riferissero che in classe guardava sul suo pc materiale pornografico.
CRONACA ITALIANA 23 APRILE 2018 15:41 di Susanna Picone
Un insegnante di sostegno è stato arrestato e posto ai
domiciliari in un comune della provincia di Potenza. È accusato di
maltrattamenti verso fanciulli, reato aggravato e continuato, compiuto in una
scuola elementare. L'indagine, coordinata dalla Procura di Potenza, è stata
effettuata dai carabinieri del Nucleo investigativo di Potenza che hanno
eseguito la misura cautelare emessa dal gip del locale Tribunale, su richiesta
della stessa Procura. A far scattare le indagini che hanno portato all’arresto
dell’insegnante è stata una denuncia presentata dai genitori di una bambina di
nove anni con invalidità motoria e cognitiva. La bambina era caduta in uno
stato di prostrazione e piangeva ogni volta che doveva andare a scuola. Con le
cautele del caso, gli investigatori hanno ascoltato molti dei bambini della
stessa classe e nel corso delle indagini sarebbe emerso che l'insegnante
infliggeva sofferenze fisiche e morali alla bambina che gli era stata affidata
in quanto lui insegnante di sostegno. L'indagato picchiava
"quotidianamente" la bambina che avrebbe dovuto seguire.
Bambini schiaffeggiati e insultati dall'insegnante di sostegno – Sono stati
sequestrati anche i quaderni in cui gli alunni descrivevano in modo negativo
l’insegnante che a volte sostituiva le maestre di ruolo e insultava gli
alunni. Nei loro confronti, da quanto emerso, usava termini come “maiali” o
“porci” oppure, sempre secondo l'accusa, li colpiva con schiaffi o li
spintonava. Con l’aiuto di una esperta in psicologia infantile è stata
ascoltata anche la giovane vittima e dal suo racconto è emerso che la piccola
veniva insultata e malmenata, anche per futili motivi, strattonata per i
capelli o colpita con schiaffi e pizzichi. All'indagato viene anche contestato
di aver minacciato l'intera classe di non dire nulla a nessuno quando i bambini
sbirciavano sul pc dell'insegnante durante le ore di lezione su cui lui
avrebbe guardato materiale pornografico.
Susanna Picone
(Continua su: https://www.fanpage.it/potenza-picchiava-quotidianamente-l-alunna-disabile-arrestato-insegnante-di-sostegno/ - http://www.fanpage.it/).
Non ci si illuda! Quello che emerge ogni tanto lo si deve ai minori, futuro
dell’umanità, che vanno a scuola per imparare e non per assistere a scene
pornografiche degli adulti un po’ (si fa per dire) psicopatici. Gli adulti
indifferenti circa i minori che dovrebbero istruire costituiscono la punta
dell’iceberg: sotto, nel mare squallido, ci sono 6/7 di desolante melma sempre
fomentata. Questa melma invece che diminuire cresce e ci sporca tutta la
coscienza. Tuttavia, non siamo dei perdenti, perché voi bambini e giovani ci
fate vergognare di questo quando potete dimostrarlo e lo dimostrate. Grazie di
quanto ci insegnate e noi non recepiamo.
9) Mondo in
rivolta, proteste in Nord Corea: scontri tra polizia e manifestanti
Sembra che
il mondo si stia ribellando in contemporanea ad i suoi dittatori. Nei giorni
scorsi anche in Corea del Nord ci sono state delle manifestazioni di protesta
represse violentemente dal regime.
MEDIO
ORIENTEAFRICA 24 FEBBRAIO 2011 17:26 di Cristian Basile
Dopo il
periodo di alta tensione tra le due Coree, il Governo nordcoreano dovrà
affrontare anche la prime proteste intestine. In un evento del tutto inedito
per la Corea del Nord, tre città del paese sono state il teatro delle proteste
di centinaia di persone che chiedono cibo ed energia elettrica tanto da portare
il regime comunista ad alzare il livello di allerta militare di fronte alla
possibilità che il vento di libertà e cambiamento partito dalla Tunisia arrivi
nel paese asiatico. La manifestazioni sono inziate il 14 febbraio, due giorni
dopo del compleanno del presidente Kim Jong-iI ed hanno avuto come epicentro le
città di Jongju, Yonchon e Sonchos lungo la frontiera con la Cina, nella
provincia di Pyongan del Nord.
Le proteste
hanno visto all'inizio la partecipazione di pochissime persone alle quali, in
breve tempo, se ne sono aggiunte spontaneamente numerose altre. Lo
dimostrerebbe l'uso di megafoni improvvisati con i quali i manifestanti
coraggiosi hanno urlato le loro richieste: "Non possiamo vivere così,
dateci la luce, dateci il riso!". Pare che l'esasperazione sia nata dopo
che il regime, per festeggiare il compleanno del presidente, ha abbassato
ulteriormente la capacità elettrica della regione.
Inoltre
nonostante la censura delle telcomunicazioni, le immagini delle rivolte in Egitto
continuano a circolare a Pyongyang attraverso canali televisivi cinesi.
"Credo che il loro governo conosca la situazione e la stia seguendo da
vicino. Da questo punto di vista, ovviamente, farà di tutto mantenere il paese
lontano da qualsiasi influenza negativa" ha dichiarato il ministro per
l'unificazione della Corea del Sud.
La polizia
ha represso immediatamente le proteste e negli scontri sarebbero morti alcuni
manifestanti. Inoltre il dipartimento per la Sicurezza di Stato nordcoreano ha
cercato di individuare i responsabili delle manifestazioni, non riuscendovi
però grazie all'inusuale silenzio dei cittadini. Secondo il giornale online
DailyNK, quotidiano online di dissidenti del Nord scappati al Sud, la coltre di
silenzio creata dai cittadini è qualcosa di assolutamente nuovo: "quando,
altre volte, si sono verificati eventi del genere, la gente non esitava a
denunciare i propri vicini alle autorità. Adesso, invece, le persone si coprono
a vicenda". A differenza dei paesi arabi però la Corea del Nord ha un
accesso molto limitato ad internet e non ha nessuna esperienza nelle proteste
organizzate. La speranza è che eventuali proteste di massa non si trasformino
in un bagno di sangue come sta accadendo in Libia.
Cristian
Basile
(Continua
su: https://www.fanpage.it/mondo-in-rivolta-proteste-in-nord-corea-scontri-tra-polizia-e-manifestanti/ - http://www.fanpage.it/).
10) Siria,
Usa chiedono riunione dʼemergenza Consiglio Sicurezza Onu (9 aprile 2018)
Washington,
insieme ad altri otto Paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu (Gran
Bretagna, Francia, Polonia, Olanda, Svezia, Kuwait, Peru e Costa d'Avorio), ha
chiesto una riunione di emergenza dei Quindici sull'attacco chimico in Siria.
Lo ha confermato la missione britannica al Palazzo di Vetro. La riunione del
Consiglio di Sicurezza Onu si dovrebbe tenere lunedì.
(Continua
su: http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/siria-usa-chiedono-riunione-d-emergenza-consiglio-sicurezza-onu_3133007-201802a.shtml).
Paesi in
rivolta e civili che muoiono perché attraversano una strada, vanno a comperare
il cibo che non c’è o è in vendita a prezzi da paura, si rinchiudono in locali
che sono bombardati con bombe di diverso tipo per fare più morti o feriti. Se
qualche nazione arriva in aiuto non lo fa per spirito di umanità ma per
interessi che non si vedono subito o si fa finta di non vedere. I dittatori comandano
ogni tipo di soppressione: di qui la diffusione anche di notizie false, come
quelle sui gas usati per fare più morti asfissiati… Di fronte alle evidenze di
fungo mucoso sulla bocca degli asfissiati, adulti e bambini, si passa oltre; si
grida che il gas (sarin o cloro) non è il loro ma dei nemici contro cui
combattono per la libertà (una libertà intrisa di sangue degli altri) in nome
di interessi che si vuole nascondere per lavarsi il vestito di morte che ci si
trascina dietro ormai da sei anni e che non finirà mai per gli interessati…
Parliamo di interessi che portano a vendere a chiunque voglia comperare. Non
lontani da questo mercato sono anche gli italiani, che non sono poi innocenti
come vorrebbero mostrare coi loro discorsi, molte volte fatti di nulla.
11) Migrante
incinta trascinata via dal treno dalla polizia francese: il video choc su
Facebook
Un squadra
della polizia francese trascina fuori da un treno proveniente da Ventimiglia
una migrante incinta, prendendola per braccia e gambe dopo un controllo tra
grida e proteste. Le violenze, riprese a febbraio da tre studenti, sono state
segnalate alle autorità.
EUROPA 5
APRILE 2018 17:01 di Biagio Chiariello
Una
migrante, incinta, sarebbe stata trascinata di forza fuori da un treno dalla
polizia francese. I fatti, secondo quanto si legge sul giornale Nice
Matin, sono avvenuti circa due mesi fa alla stazione Garavan a Mentone,
in Francia. La scena sarebbe stata ripresa da tre studenti. La donna viaggiava
insieme ai due figli e al marito, che si sarebbe rifiutato di esibire i
documenti. A quel punto la situazione sarebbe degenerata. La migrante,
come si vede nelle immagini caricate su Facebook, viene presa dagli agenti per
le braccia e per le gambe dopo un controllo che avviene tra grida e proteste.
“Non toccare mia moglie, è incinta”, dice l’uomo. “Dammi il tuo bambino”,
risponde il poliziotto, mentre i passeggeri sono sconvolti. La donna avrebbe
poi accusato un malore ed è stata quindi trascinata sulla
banchina della stazione.
Stando alle
ricostruzioni, i ragazzi che hanno girato il filmato stavano rientrando a
Cannes dopo aver realizzato un servizio a Ventimiglia proprio sulla situazione
dei migranti al confine italo-francese. Anche gli stessi giovani sono stati
controllati dalla polizia. Il video era stato poi inviato all’Osservatorio
nazionale sulle violenze della polizia. Il 27 marzo è quindi finito sui social
network, scatenando polemiche e indignazione. La prefettura del dipartimento
Alpes-Maritimes, contattata da Nice-Matin, ha replicato: “Se ci sono delle
violenze in questo video, non sono state commesse dalla polizia. E’ la reazione
fuori misura dei soggetti fermati che ha costretto le forze dell’ordine a un
uso proporzionato della forza. Ma non c’è stata violazione dei diritti delle
persone”. La prefettura inoltre, dichiara che, una volta sulla banchina, una
delle donne “ha lanciato un bambino sui binari e le forze dell’ordine sono
intervenute per recuperarlo”.
Biagio
Chiariello
(Continua
su: https://www.fanpage.it/migrante-incinta-trascinata-via-dal-treno-dalla-polizia-francese-il-video-choc-facebook/ -
http://www.fanpage.it/).
Non si
commenta una evidenza così palese: la dittatura è anche di chi si mostra non
colpevole di interventi da nazisti, facendo poi silenzio e fermandosi dopo la
violenza effettuata.
12) Il
paradosso dello Yemen: chi finanzia gli aiuti umanitari è chi bombarda donne e
bambini (VIDEO)
Giovedì, 5
Aprile 2018 – Greenreport - di Umberto Mazzantini
All’Onu 2
miliardi di dollari di aiuti, un miliardo viene da Arabia Saudita e Emirati
arabi uniti
Il 27 marzo
il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha espresso «La sua profonda
gratitudine al Principe ereditario e al Regno dell’Arabia saudita per aver
rispettato oggi la promessa generosa fatta con gli Emirati arabi uniti a
gennaio di versare 930 milioni di dollari al Fondo umanitario per lo Yemen».
Si tratta di
circa un terzo dei 2,96 miliardi di dollari necessari per attuare il Piano di
intervento umanitario per lo Yemen del 2018. Tutto bene quindi? Non
proprio, visto che Arabia saudita ed Emirati uniti sono i due Paesi che guidano
la coalizione arabo-sunnita – appoggiata e armata dagli occidentali (Italia
compresa) – che bombarda da anni lo Yemen dopo che gli sciiti huthi si sono
impadroniti del potere a Sana’ a. Non proprio visto che truppe e mercenari
sauditi ed emiratini – che spesso appoggiano fazioni opposte – hanno invaso e occupato
la metà meridionale dello Yemen e hanno bloccato i porti del nord.
Lo Yemen è
in guerra per più di tre anni. Il conflitto è in corso tra una coalizione
internazionale sunnita a guida saudita che sostiene l’ex presidente
Abdrabbuh Mansur Hadi (ma gli Emitrati arabi uniti sostengono gli
indipendentisti sud yemeniti che si sono impadroniti di Aden) e le milizie
Houthi sciite e le unità alleate delle forze armate yemenite che sono
appoggiate dall’Iran e che hanno preso il controllo della capitale, Sana’a e
del nord del Paese. Al sud è presente anche Al Qaeda
Insomma i
«Più di 22 milioni di persone« che nello Yemen hanno bisogno di assistenza»,
Dei quali «2 milioni di persone profughi all’interno del Paese a causa del
conflitto in corso», citati dall’Onu nello stesso comunicato in cui ringrazia
sauditi ed emiratini, sono vittime della guerra scatenata da Arabia saudita ed
Emirati arabi uniti. E l’imbarazzo dell’Onu è palpabile, visto che nei
suoi recenti comunicati sulla situazione nello Yemen, pur parlando della
necessità di una soluzione politica del conflitto, non citano mai il nome di
chi bombarda lo Yemen causando il disastro umanitario che si vuole affrontare
con la richiesta di finanziamenti.
Come
sottolinea l’agenzia stampa umanitaria Irin, «L’Arabia Saudita e gli Emirati
arabi uniti stanno raccogliendo un terzo dell’ammontare di 2,96 miliardi di
dollari di quest’anno per quella che l’Onu ha definito “la peggiore crisi
umanitaria del mondo”. Ma gli analisti di conflitti e i gruppi per i diritti
umani dicono che i bisogni dello Yemen non sarebbero così intensi se non ci
fosse per una guerra che le due nazioni hanno aiutato a iniziare, e per come la
combattono».
Tirana
Hassan, direttrice crisi di Amnesty International, ha definito «piuttosto
contorto il fatto che gran parte del piano di finanziamento delle Nazioni Unite
sarà pagato da coloro che hanno avuto un ruolo significativo nel creare e
prolungare la crisi umanitaria. L’Arabia Saudita e i suoi alleati, ha aggiunto,
dovrebbero andare ben oltre l’apertura dei loro libretti degli assegni
riducendo le vittime civili e togliendo le restrizioni umanitarie».
Il 3 aprile
a Ginevra si è tenuta la Conferenza per lo Yemen e gli Stati membri
dell’Onu hanno promesso più di 2 miliardi di dollari, Guterres anche in
quell’occasione si è tenuto sul vago: «Abbiamo bisogno di un serio processo
politico per portare a una soluzione politica perché non c’è mai stata una
soluzione umanitaria per nessuna crisi umanitaria. La soluzione è sempre stata
politica e nello Yemen ciò di cui abbiamo bisogno è una soluzione politica». Il
segretario generale dell’Onu ha però ammesso che nello Yemen «la situazione è
catastrofica», visto che ogni 10 minuti, un bambino sotto i 5 anni muore
per cause prevenibili, e ha aggiunto che «Mentre le risorse umanitarie sono
molto importanti, non sono sufficienti. E’ essenziale che raggiungano le
persone bisognose. E per questo, abbiamo bisogno di un accesso illimitato nello
Yemen; abbiamo bisogno di un accesso illimitato ovunque all’interno [del paese]».
Una richiesta avanzata anche dal capo dell’ UN aid Mark Lowcock: «Abbiamo
bisogno di un migliore accesso in tutto il Paese. Vogliamo vedere riaprire
l’aeroporto di Sana’a ai voli commerciali, in particolare per casi umanitari».
Il problema
è che l’accesso ai porti dello Yemen e alle aree più colpite da carestia e
colera è impedito dalla coalizione sunnita a guida saudita e che l’aeroporto di
Sana’a è stato bombardato e reso inutilizzabile dagli aerei sauditi.
Comunque, al
summit di Ginevra, co-presieduto dall’Onu e dai governi di Svezia e Svizzera 40
Paesi e organizzazioni si sono impegnati a sviluppare iniziaive
umanitarie nelloYemen nel 2018 e i quasi 2 miliardi di dollari raccolti sono
quasi il doppio del 2017.
Ma le
agenzie umanitarie, comprese quelle dell’Onu, avvertono che fino a che non
cesserà la guerra scatenata dai sauditi la popolazione non combattente
continuerà a subire spostamenti forzati e ripetuti di famiglie, massiccia
insicurezza alimentare e il crollo dei servizi essenziali, tra cui sanità e
istruzione.
In quello
che era già uno dei Paesi più poveri e vulnerabili del mondo prima che
iniziasse la guerra, nel 2017 c’è stato il peggior focolaio di colera al mondo
che ha colpito un milione di yemeniti, e ora è in aumento la difterite,
Guterres ha detto che dei 22,2 milioni di persone – circa il 75% della
popolazione yemenita – che hamno bisogno immediato di assistenza
umanitaria, per ben 8,4 milioni non si sa come riusciranno ad ottenere cibo. E
il costo dei generi alimentari nello Yemen è aumentato del 25% in un Paese dove
ormai anche le risorse petrolifere sono inaccessibili e/o non esportabili per
il blocco dei porti attuato dalla coalizione arabo-sunnita.che impedisce anche
l’arrivo di aiuti nel nord del Paese.
A margine
del summit dei donatori di Ginevra, la vicepremier svedese, Isabella Lovin, ha
detto ai giornalisti che «Ogni giorno di guerra in più è un giorno di troppo
per gli yemeniti comuni. C’è il frischio di un’intera generazione di bambini
senza assistenza sanitaria e istruzione, mentre le notizie di bambini reclutati
da gruppi armati sono profondamente inquietanti».
Alla fine,
sollecitato dai giornalisti, Guterres ha detto che il suo inviato speciale per
lo Yemen, Martin Griffiths, «E’ stato”molto incoraggiato dai suoi recenti
colloqui con i rappresentanti delle parti in guerra a Sana’a e Riyadh.
L’inviato speciale dovrebbe andare anche negli Emirati Arabi Uniti, Oman e Aden
per dei colloqui. Questo ha portato a prospettive positive per un dialogo
yemenita inclusivo, L’opportunità per la pace dovrebbe essere colta […] e non
mancata».
Ma James
Munn, direttore della ONG Norwegian Refugee Council, è molto meno fiducioso
sull’atteggiamento saudita e di altri Paesi: «Le conferenze dei donatori sono
raramente eventi decisionali. Sono esercizi di protocollo nei quali i
donatori leggono le dichiarazioni preparate».
Un
funzionario dell’Onu ha detto a Irin che la donazione dell’Arabia saudita e
degli Emirati arabi uniti «ha obiettivi di buona reputazione» e ha
aggiunto che «Non è la prima volta che le parti in conflitto sono anche
donatrici di aiuti o “colpevoli” di influenzare il processo decisionale
umanitario delle donazioni. Guardate gli Stati Uniti in Iraq o, ad esempio, il
sostegno tedesco all’agenzia di soccorso palestinese dell’Onu Unrwa, che
potrebbe essere collegato all’Olocausto alle origini del conflitto
israelo-palestinese».
Dopo la mega
donazione, la coalizione guidata dai sauditi si aspetta la riconoscenza
dell’Onu (subito espressa), anche se probabilmente sorvolerà sulle richieste
dell’Onu di rispettare la legge internazionale e di abolire le restrizioni
sulle importazioni di merci. Per Munn, la donazione di sauditi ed
emiratini «Non è sgradita, ma dovrebbe essere abbinata ai colloqui di pace, a
meno restrizioni ai soccorritori e a un riconoscimento del danno collaterale
che colpisce oltre 22 milioni di persone. La mia agenzia, per principio, non
prenderebbe direttamente i soldi sauditi».
Per alcuni,
i finanziamenti sauditi potrebbero indicare un cambio di strategia. Irin
sottolinea che «Il Regno ha compiuto sforzi significativi per rafforzare la
propria capacità di aiuto, istituendo il parastatale King Salman Humanitarian
Aid and Relief Center. Di recente ha anche avviato un piano parallelo di aiuti
allo Yemen, progettato per placare le preoccupazioni delle Nazioni Unite e
della Croce Rossa sui danni ai civili».
Anche
secondo Munn e altri analisti «Il nuovo eclatante annuncio dell’Arabia Saudita
sembra indicare un cambiamento, suggerendo che il Paese sta cercando un’opportunità
per mostrare il suo lato compassionevole».
A chi teme
che gli aiuti sauditi arriveranno solo nelle zone controllate dal governo
fantoccio Hadi il governo saudita risponde che la donazione
all’Onu dimostra che «Il nostro approccio per affrontare le sfide
umanitarie nello Yemen è olistico. I finanziamenti dell’Arabia Saudita saranno
utilizzati in modo imparziale: il nostro aiuto è per tutti gli yemeniti in
tutte le regioni dello Yemen ed è strettamente basato sui bisogni umanitari».
Ma poi, quando Irin ha chiesto se il governo di Ryhad è disposto ad alleviare
il blocco commerciale nel porto controllato dagli Houthi, la risposta è stata
che «I ribelli stanno raccogliendo entrate dlla tassazione, dall’estorsione e
dalla creazione di un mercato nero per il carburante».
La Hassan di
Amnesty International sottolinea che per l’Arabia saudita «La donazione
di quest’anno non deve essere un pass gratuito quando si tratta di dover endere
conto delle gravi violazioni commesse nello Yemen» e conclude ricordando che è
stata l’Arabia saudita a mettere lo Yemen «Su un pendio incredibilmente
pericoloso e scivoloso. L’Arabia Saudita utilizza i sui muscoli finanziari per
farsi rimuovere da un elenco di stati dell’Onu che usano bambini soldato del
2016».
(Continua
su: https://www.intopic.it/notizia/13388609/?r=WAGJBxroaZBEQ&utm_source=alert&utm_medium=email&utm_campaign=alpha).
Come sempre
il dubbio non espresso è che chi finanzia le guerre vuole guadagnare su tutto,
anche sugli aiuti umanitari: prima con le armi, poi col pane. Staremo a vedere
con cosa altro vogliono guadagnare, ma non dovremo aspettare molto. Hanno in
fila cosa chiedere l’uno dopo l’altro. Pazienza.
13)
Migranti, premier israeliano Netanyahu: “Li manderemo in Italia”. Farnesina: “Nessun accordo” Poi
tutto ritorno indietro, ma intanto se aveva le gambe ci trovavamo in una altra
situazione da paura.
Premier
israeliano Netanyahu annulla accordo con l’Onu sull’espulsione dei migranti
Israele
aveva annunciato un piano per distribuire 16mila migranti africani in Canada,
Germania e Italia. Ma il ministero degli Esteri italiano nega: “Non c’è alcun
accordo con l’Italia nell’ambito del patto bilaterale tra Israele e l’Unhcr per
la ricollocazione, in cinque anni, dei migranti che vanno in Israele
dall’Africa”.
MEDIO
ORIENTE 2 APRILE 2018 21:02 di Annalisa Cangemi
È giallo per
l'annuncio fatto dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, dopo che il suo
governo ha raggiunto un'intesa con l'Alto Commissariato Onu. Secondo quando
annunciato da Israele, circa 16.250 migranti eritrei e sudanesi,
sarebbero stati suddivisi tra Canada, Germania e Italia, 6mila solo nel primo
anno.
Secondo
questi patti oltre 16 mila migranti africani sarebbero stati
inoltrati verso Paesi occidentali, mentre gli altri sarebbero rimasti in
Israele in qualità di residenti permanenti. Avrebbero ottenuto visti di lavoro
per essere destinati in località dove avrebbero potuto rendersi utili:
"Saremo noi a decidere dove essi vivranno e dove essi lavoreranno"
aveva precisato, nella stessa conferenza stampa, il ministro degli interni Arie
Deri. L'intenzione di Israele era quindi quella di non andare avanti con gli
espatri forzati dei profughi verso Paesi come Uganda o Ruanda. Con il
"supporto dei Paesi riceventi", l'Unhcr aveva manifestato
l'intenzione di collaborare per facilitare la partenza verso altri Paesi
considerati più sicuri. In particolare, l'agenzia Onu e lo Stato ebraico
avevano parlato di programmi per incoraggiare i richiedenti asilo eritrei e
sudanesi a lasciare i quartieri a sud di Tel Aviv dove per la maggior parte si
sono concentrati negli ultimi anni. In programma c'erano anche corsi di
formazione professionale nei settori dell'energia solare e dell'agricoltura.
Ma oggi
Netanyahu fa marcia indietro sul ricollocamento in Paesi occidentali di
migliaia di migranti africani che vivono in Israele. In nottata il
premier ha scritto su Facebook di essere sensibile alle reazioni critiche mosse
dagli abitanti dei rioni poveri di Tel Aviv dove i migranti sono
concentrati: "Intanto sospendo la realizzazione dell'accordo. Ho ascoltato
con attenzione i molti commenti, ho riesaminato i vantaggi e le mancanze e ho
deciso di annullare l'accordo". Il premier, insieme al ministro degli
interni Arie Deri, si è recato oggi in un rione di Tel Aviv per incontrare
rappresentanti degli abitanti che invocano l'espulsione massiccia e immediata
dei migranti africani.
La Farnesina
ieri aveva smentito l'esistenza di un'intesa con l'Italia: "Non c'è alcun
accordo con l'Italia nell'ambito del patto bilaterale tra Israele e l'Unhcr per
la ricollocazione, in cinque anni, dei migranti che vanno in Israele
dall'Africa e che Israele si è impegnata a non respingere". Poi è lo
stesso portavoce di Netanyahu a spiegare "L'Italia era solo un esempio di
un paese occidentale: il primo ministro non intendeva in modo specifico
l'Italia".
È
intervenuta per chiarire quello che appare come un equivoco anche Carlotta
Sami, portavoce dell'Unhcr: "Solamente previo accordo con il governo
italiano potrebbero arrivare in Italia alcuni rifugiati provenienti da Israele
solo a titolo di ricongiungimento familiare con parenti che già vivono qui, si
tratta in sostanza di pochissimi e specifici casi".
Dure le
reazioni da parte dei politici italiani. "Sempre convinti delle ragioni di
Israele, anche in questi giorni tragici, leggiamo sbigottiti di intese Israele-Onu
per mandare profughi africani in paesi occidentali, tra cui l'Italia. Bisogna
opporsi e anzi chiedere che altri semmai prendano profughi approdati in Italia.
Il Parlamento dica no subito", ha detto Maurizio Gasparri di FI. Dissenso
espresso anche dal senatore leghista Roberto Calderoli: "Non se ne parla
neppure di prenderci una quota dei 16mila immigrati clandestini africani che
Israele sta per espellere dal suo territorio. Ma ci siamo dimenticati che
l'Italia ha già 600mila clandestini da espellere? Ma chi è ancora al Governo,
seppur come dimissionario, non ha ancora realizzato che ci sono state le
elezioni e che quelli che hanno fatto arrivare i 600mila clandestini sono stati
sconfitti e mandati a casa dai cittadini? Appena si insedierà il nuovo Governo
rimanderà a casa loro, rimpatriandoli, tutti i clandestini, altro che
accogliere quelli espulsi da Israele", conclude.
Cauto invece
il M5S: "In molti, tra i parlamentari e i vertici, a taccuini chiusi hanno
spiegato che si tratta di un annuncio ondivago e poco chiaro, che peraltro la
Farnesina ha già smentito. Quel che è certo è che la politica migratoria
dell'Italia la decide l'Italia, e dunque il prossimo governo italiano, e non
l'Unhcr, che svolge altre funzioni nobili e meritorie".
Annalisa Cangemi
(Continua
su: https://www.fanpage.it/migranti-premier-israeliano-netanyahu-li-manderemo-in-italia-farnesina-nessun-accordo/ -
http://www.fanpage.it/).
Contrordine
compagni! Quanto emanato dall’Onu contiene un’affermazione, per ora, ma solo
desiderata! Nessun altro trasferimento nei Paesi indicati. Aspettiamo le lune
calanti e crescenti di chi si pronuncia sul palcoscenico mondiale quando apre
bocca. Aspettiamo di che umore sono e di come si sono alzati al mattino. Ormai
è solo quella la modalità di pensiero. Il dubbio è se il cervello si è spostato
più in basso nell’intestino e nel suo viaggio di ritorno… Ma anche se le
soluzioni che propongono sono carta straccia, non si accorgono di non essere
più all’altezza di dare suggerimenti.
- L'esercito dei 2mila stranieri che
l'Onu ha rifilato all'Italia
Sono i profughi giunti tra il 2015 e
il 2017 per accordi con l'Unhcr. E entrati direttamente nel sistema di
protezione
Antonella
Aldrighetti - Mer, 04/04/2018 - 22:07
Fanno e meno
notizia gli immigrati che arrivano in Italia già con i documenti in regola,
passando formalmente la dogana con tanto di bollo della polizia di frontiera
che li agevola nel transito, senza alcun controllo o di respingimento.
Scendono dai voli cosiddetti
umanitari ed entrano legalmente perché accompagnati dai cooperatori dell'Alto
commissariato delle nazioni unite per i rifugiati, l'Unhcr. Arrivano dai campi
profughi e dagli accampamenti situati negli agglomerati urbani del Corno
d'Africa e da ancora più lontano con l'aiuto di realtà in relazione di
cooperazione umanitaria con l'ambasciata eritrea in Italia. Tra il 2015 e il
2017, stando ai dati ufficiali, i cooperanti dell'Onu ne hanno traghettati in
Italia 2.394. Non proprio una goccia nel mare.
Di questi
398 sono arrivati dall'Afghanistan, 150 dall'Iraq, 126 dall'Iran, 528 dal
Pakistan, 879 dalla Nigeria e addirittura 20 dall'Albania oltre a 293 eritrei
direttamente dalla Libia. La maggior parte di costoro non passa per i centri
d'accoglienza straordinari tanto meno nei centri per i richiedenti asilo, ma
usufruisce di qualche privilegio in più e va direttamente negli Sprar dove nel
frattempo riceve le verifiche sulla propria identità e la conferma sul diritto
d'asilo successivo alla protezione internazionale. Il costo per ogni rifugiato
o richiedente asilo nello Sprar è stimato attorno ai 1.100 euro al mese. Quanto
al processo di riconoscimento e inserimento il processo cui sono sottoposti non
è troppo dissimile a quello dei minori eritrei non accompagnati. Nel 2016
proprio gli eritrei rappresentavano la prima nazionalità tra i minorenni soli
giunti in Italia dopo aver attraversato la Libia: circa 3.800 su un totale di
oltre 25.800. Se nel 2015 i minori erano solo l'8% tra gli eritrei arrivati in
Italia, nel 2016 il rapporto è passato a quasi uno su cinque (il 18%). I
mediatori culturali e gli interpreti ingaggiati dalle prefetture li possono
individuare più facilmente degli altri perché parlano quasi esclusivamente il
tigrino e in rari casi un arabo elementare.ùQuanto
invece ai costi impegnati per l'accoglienza di costoro la cifra è tutt'altro
che di secondo piano. La spesa per un minore non accompagnato è superiore a
quello di un adulto: 48 euro ciascuno al giorno. Nel 2016 sono stati spesi per
i soli giovani eritrei (ovvero i 3.800 sbarcati) oltre 62,4 milioni di euro;
per gli adulti, 4.650 in tutto, ne sono stati spesi altri 59,4 milioni. Nel
2017 anche gli arrivi di eritrei li potremmo considerare in calo: a oggi ne
possiamo contare 6.386 di cui 2.651 in attesa di ricevere il titolo di
rifugiato. Vale a dire che i costi stimati per l'anno corrente potrebbero stare
entro i 93 milioni. Certo a patto che la migrazione non riprenda a ritmi
serrati come negli ultimi due anni. Tuttavia proprio in questi giorni i dati
divulgati dal Viminale riportano altri 366 arrivi. Circa 120 in più rispetto
allo stesso periodo del 2017. E sono all'opera anche le prefetture che hanno ingaggiato
prenderanno servizio a breve altri 250 funzionari per valutare nelle diverse
commissioni territoriali la validità delle richieste di asilo e di protezione.
Vale a dire che l'accoglienza e la cooperazione non si ferma. Ultima conferma
il bando pubblico per selezionare il nuovo direttore dell'Aics (agenzia per la
cooperazione in seno alla Farnesina) dopo le dimissioni di Laura Frigenti,
l'indomani del voto politico.
(Continua su: http://www.ilgiornale.it/news/politica/lesercito-dei-2mila-stranieri-che-lonu-ha-rifilato-allitalia-1511770.html).
14) Massacro
a Gaza, Leu: “Silenzio Europa e Onu è vergognoso”
ROMA
– Da Agenzia Dire (www.dire.it) 31/03 /02018
ROMA – “Il silenzio dell’Unione
europea e del Consiglio di sicurezza dell’Onu sull’uccisione a Gaza di almeno
15 manifestanti palestinesi da parte dell’esercito palestinese è semplicemente
vergognoso”. Lo scrive su Facebook Alfredo D’Attorre di Liberi e Uguali.
“Non c’è purtroppo molto da sperare
- prosegue D’Attorre - in una qualche iniziativa del governo italiano
dimissionario. C’è da augurarsi che il Parlamento appena rieletto riesca a
esprimere un governo in grado di riaffermare il diritto del popolo palestinese
ad avere uno Stato e di sostenere senza tremori questa linea a livello
internazionale”.
“Anche questa sarebbe una risposta
alla richiesta di cambiamento e di chiarezza che gli elettori hanno espresso il
4 marzo”, conclude.
FRATOIANNI: MASSACRO A GAZA, GOVERNO
CONVOCHI AMBASCIATORE ISRAELE
“16 morti e migliaia di feriti nella
striscia di Gaza: sono questi i numeri del vero e proprio massacro compiuto
ieri come risposta alla manifestazione dei palestinesi che chiedono il diritto
alla propria terra e ad avere uno Stato. La risposta dell’esercito e del
governo israeliano è stata violenta, sproporzionata, senza giustificazione. Una
situazione intollerabile che va avanti da anni, nel silenzio complice della
comunità internazionale“. Lo afferma il segretario nazionale di Sinistra
Italiana, Nicola Fratoianni di Liberi e Uguali.
“Sarebbe il
caso - prosegue l’esponente di Leu - che l’Italia convocasse l’ambasciatore
israeliano per chiedere conto delle violenze di queste ore, visto che per molto
meno e senza alcun accertamento di responsabilità nei giorni scorsi sono stati
espulsi diplomatici di un altro Paese”. “Ma non ci facciamo illusioni -
conclude Fratoianni - se pensiamo che il governo del nostro Paese non ha ancora
voluto riconoscere lo Stato di Palestina, come chiediamo da anni”.
Da Agenzia
Dire www.dire.it (http://www.dire.it/31-03-2018/188556-massacro-a-gaza-leu-silenzio-europa-e-onu-e-vergognoso/).
Stiamo a
vedere… Leggendo bene sembra impossibile che ci siano16 morti e migliaia di
feriti: che proporzione c’è? Inaudita e sproporzionata! Ma il polpettone da
fare ingoiare al solito popolo bue è così. Ingoiate e tacete, e Israele
lasciatela in pace. La solita Italietta non si muove, come in altre cosette,
per esempio a Bardonecchia, con l’entrata non prevista di venti poliziotti
francesi in una dogana italiana per far far fare la pipì ad un
extracomunitario. Grandi grida, sempre dopo, e poi minacce roventi che tra un
po’ ci si chiederà cosa è successo… e la solita cena con pacche sulle spalle
invece che altrove risolverà tutto. Poveri italiani, legati ancora a parole ai
sacri confini sbriciolati da altri paesi, almeno in questi casi. Ma i francesi
si prendono sempre quel che vogliono e non ci vogliono un gran bene. Ma
silenzio, e chi parla subisce: certo non è premiato.
15) Siria –
Trovata fossa comune con 30 corpi
17.04.2018
Lo rivela la TV di stato siriana citando fonti militari
Una fossa
comune con 30 cadaveri è stata scoperta oggi a Duma a est di Damasco, secondo
quanto afferma la tv di Stato siriana citando fonti militari, nello stesso
sobborgo teatro il 7 aprile scorso di un presunto attacco chimico attribuito al
governo di Damasco.
(Continua
su:
http://www.gazzettadelsud.it/news/home/287724/trovata-fossa-comune-con-30-corpi.html).
Non sarà
certo l’unica fossa comune che si trova: scavate e ne emergeranno altre, se chi
c’è in quelle fosse non è finito vivo in mare come successe in Sud America
qualche annetto fa.
it.euronews.com
› Notizie › Mondo - Ultimo aggiornamento: 13/04/2018
Mentre la
tensione sembra allentarsi attorno all'ipotesi di un intervento militare in
Siria, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito per fare il
punto della situazione. Secondo il segretario generale Onu, Antonio Gutierres,
il teatro mediorientale è ormai "così caotico da essere diventato una
minaccia per la pace e la sicurezza internazionali. La regione - ha detto
Gutierres - è di fronte a un autentico nodo gordiano".
"Le
crescenti tensioni - ha proseguito il Segretario - e l'incapacità di giungere a
un compromesso nella creazione di un meccanismo per l'individuazione di
responsabilità minacciano di portarci a una vera escalation militare. Ho
ribadito le mie profonde preoccupazioni circa i rischi legati all'empasse
corrente e ho rimarcato il bisogno di evitare che la situazione vada fuori
controllo".
A ribadire
la cautela sull'eventualità di un attacco in Siria è stata la stessa ambasciatrice
statunistense Nikki Haley: "Il nostro presidente - ha dichiarato - non ha
ancora preso una decisione sulle possibii azioni in Siria, ma se gli Stati
Uniti e i loro alleati dovessero decidere di muoversi, lo faranno in difesa dei
principi sui quali tutti noi conveniamo. Sarà in difesa del fondamento
giuridico internazionale da cui tutte le nazioni traggono beneficio. Gli Stati
Uniti credono che Assad abbia usato armi chimiche almeno 50 volte nel corso
della guerra siriana. Secondo altre stime sarebbe arrivato a usarle addirittura
200 volte".
Continuiamo
a osservare pericolosi preparativi militari per un atto di forza illegale
contro uno stato sovrano - ha ribattutto l'ambasciatore russo Vasily Nebenzya -
in quella che finirebbe per costituire una violazione delle leggi
internazionali. Non solo l'uso della forza, ma anche la sua minaccia viene
sventolata sul naso delle Nazioni Unite e questo è esattamente ciò che abbiamo
visto nella recente retorica e nelle azioni di Washington e di alcuni dei suoi alleati".
L'attacco
chimico di Douma - che il governo russo continua a definire una montatura ad
opera di governi ostili - è avvenuto lo scorso 7 aprile. Secondo le fonti
mediche presenti in città, sarebbero 100 i morti e mille i feriti provocati
dall'episodio.
(Continua su:
http://it.euronews.com/2018/04/13/siria-accuse-incrociate-volano-al-consiglio-di-sicurezza-onu).
17) Migranti sempre in pericolo, gli stati e le loro
frontiere da difendere.
- Migrante incinta respinta dalla polizia a
Bardonecchia muore all’ospedale di Torino
La donna, una nigeriana di 31 anni, era affetta da un
grave linfoma: era stata respinta dal confine tra Italia e Francia. I medici
sono riusciti a far nascere il figlio di poche settimane.
CRONACA ITALIANA 23 MARZO 2018 21:36 di Davide
Falcioni
Le politiche del governo francese sui respingimenti
dei migranti che tentano di attraversare il confine italiano hanno presentato
ancora una volta il conto: una donna incinta di poche settimane e affetta da un
grave linfoma è morta all'ospedale Sant'Anna di Torino poche ore dopo essere
stata respinta dai gendarmi francesi al confine di Bardonecchia, e dopo essere
stata sottoposta a un parto cesareo d'urgenza. B.S., 31enne di nazionalità
nigeriana, era stata soccorsa dagli attivisti di Rainbow4Africa. "Le
autorità francesi sembrano avere dimenticato l'umanità", dice all'Ansa
Paolo Narcisi, presidente dell'associazione che da dicembre ha aiutato un
migliaio di migranti. Fortunatamente i medici dell'ospedale piemontese sono
riusciti a far venire alla luce il figlio della donna, che pesa appena 700
grammi e le cui condizioni sono estremamente precarie.
Narcisi ha aggiunto: "I corrieri trattano
meglio i loro pacchi". Per l'uomo respingere una donna incinta e
malata giunta alla frontiera "è un atto grave – dice ai microfoni del Tg3
– che va contro tutte le convenzioni internazionali e al buon senso, proprio
come criminalizzare chi soccorre". Nei giorni scorsi una guida
alpina francese ha aiutato a partorire un'altra migrante incinta e per
questo rischia una condanna fino a cinque per favoreggiamento dell'immigrazione
clandestina. "Tutto questo è indice di una paura strisciante, ma non
bisogna avere paura", aggiunge il presidente di Rainbow4Africa, che ha
lanciato la campagna Facebook ‘soccorrere non è un crimine'. "Un giorno
potremmo esserci noi al loro posto…".
La donna nigeriana morta oggi era
stata ricoverata per un mese al Sant'Anna di Torino, seguita
dall'Ostetricia e Ginecologia diretta dalla professoressa Tullia Todros
e dai medici del reparto di ematologia delle Molinette. E' stata
tenuta in vita il più possibile, per permetterle di portare avanti la
gravidanza. Il neonato è ora ricoverato nella Terapia Neonatale del Sant'Anna,
diretta dalla professoressa Enrica Bertino, assistito dal padre, anche lui
respinto al confine di Bardonecchia.
Davide Falcioni
(Continua su: https://www.fanpage.it/migrante-incinta-respinta-dalla-polizia-a-bardonecchia-muore-all-ospedale-di-torino/ -
http://www.fanpage.it/).
Sembra che sia un vizio francese non soccorrere chi è
in pericolo o condannare chi aiuta coloro che si trovano in situazioni
difficili per loro stessi e per i minori che tentano di vivere, o solo di
esistere.
18) “Viaggi Disperati”: meno migranti in Italia, aumentano in Spagna e
Grecia
11 aprile 2018 Articolo 21 Giornale (tutti i diritti
riservati all’autore ed alla testata)
Nuovo rapporto dell’Unhcr, che illustra il cambiamento
dei modelli dei flussi. Nel 2018 in Italia calo del 74% degli arrivi via mare.
Ma sale il tasso di mortalità. E a causa delle maggiori restrizioni imposte in
Ungheria, molti rifugiati e migranti ricorrono a rotte alternative per
spostarsi all’interno dell’Europa
ROMA – Nonostante sia diminuito il numero di rifugiati
e migranti che lo scorso anno sono entrati in Europa, i pericoli che molti
affrontano durante il viaggio sono in alcuni casi aumentati. E’ quanto
sottolinea un nuovo rapporto pubblicato dall’Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per i Rifugiati (Unhcr), che illustra il cambiamento dei modelli dei
flussi.
Il rapporto Viaggi Disperati rileva come gli arrivi via mare in Italia, provenienti principalmente dalla Libia, siano drasticamente diminuiti dal luglio 2017. Questa tendenza è continuata nei primi tre mesi del 2018, con un calo del 74% rispetto allo scorso anno.
Il rapporto Viaggi Disperati rileva come gli arrivi via mare in Italia, provenienti principalmente dalla Libia, siano drasticamente diminuiti dal luglio 2017. Questa tendenza è continuata nei primi tre mesi del 2018, con un calo del 74% rispetto allo scorso anno.
“Il viaggio verso l’Italia si è dimostrato sempre più
pericoloso – afferma l’Unhcr - : nei primi tre mesi del
2018 il tasso di mortalità tra coloro che partono dalla Libia è salito a 1
decesso ogni 14 persone, rispetto a 1 decesso ogni 29 persone nello stesso
periodo del 2017. Negli ultimi mesi si è inoltre
registrato un deterioramento molto preoccupante della salute dei nuovi arrivati
dalla Libia: un numero crescente di persone infatti sbarca in precarie
condizioni di salute, mostrando segni di estrema debolezza e magrezza”.
In aumento gli arrivi in Spagna e Grecia. Mentre il numero complessivo di traversate del Mediterraneo è rimasto
molto al di sotto dei livelli del 2016, il rapporto dell’Unhcr rileva anche un
aumento degli arrivi in Spagna e in Grecia nell’ultima parte del 2017.
“Lo scorso anno – si afferma -, la Spagna ha registrato un aumento del 100% rispetto al 2016, con 28 mila nuovi arrivi. I primi mesi del 2018 mostrano una tendenza simile, con un incremento degli arrivi del 13% rispetto allo scorso anno”. A detenere il primato dei flussi migratori sono marocchini e algerini, ma i siriani rimangono il gruppo più numeroso che attraversa le frontiere terrestri della Spagna.
In Grecia, il numero totale di arrivi via mare è diminuito rispetto al 2016; tuttavia si è registrato un aumento del 33% tra maggio e dicembre di quest’anno con 24.600 arrivi rispetto ai 18.300 nello stesso periodo del 2016. La maggior parte proveniva da Siria, Iraq e Afghanistan, compreso un elevato numero di famiglie con bambini. I richiedenti asilo sbarcati in Grecia hanno affrontato lunghi periodi di permanenza sulle isole greche in condizioni drammatiche e di sovraffollamento.
“Lo scorso anno – si afferma -, la Spagna ha registrato un aumento del 100% rispetto al 2016, con 28 mila nuovi arrivi. I primi mesi del 2018 mostrano una tendenza simile, con un incremento degli arrivi del 13% rispetto allo scorso anno”. A detenere il primato dei flussi migratori sono marocchini e algerini, ma i siriani rimangono il gruppo più numeroso che attraversa le frontiere terrestri della Spagna.
In Grecia, il numero totale di arrivi via mare è diminuito rispetto al 2016; tuttavia si è registrato un aumento del 33% tra maggio e dicembre di quest’anno con 24.600 arrivi rispetto ai 18.300 nello stesso periodo del 2016. La maggior parte proveniva da Siria, Iraq e Afghanistan, compreso un elevato numero di famiglie con bambini. I richiedenti asilo sbarcati in Grecia hanno affrontato lunghi periodi di permanenza sulle isole greche in condizioni drammatiche e di sovraffollamento.
Rotte alternative e morti. Secondo l’Unhcr, a causa delle maggiori restrizioni imposte in Ungheria,
molti rifugiati e migranti ricorrono a rotte alternative per spostarsi
all’interno dell’Europa. Ad esempio, alcuni entrano in Romania dalla Serbia,
mentre altri partono dalla Grecia e attraversano l’Albania, il Montenegro e la
Bosnia- Erzegovina per arrivare in Croazia.
“Per rifugiati e migranti viaggiare verso l’Europa e al suo interno continua a essere molto pericoloso”, ha riferito Pascale Moreau, direttrice dell’Ufficio per l’Europa dell’Unhcr. Si stima che oltre 3.100 persone abbiano perso la vita in mare l’anno scorso mentre lungo le rotte verso l’Europa, rispetto alle 5.100 del 2016. Altre 489 persone sono morte o risultano disperse dall’inizio del 2018.
Oltre ai decessi in mare, nel 2017 ci sono state almeno altre 75 persone lungo le rotte terrestri che hanno perso la vita alle frontiere esterne dell’Europa o durante il viaggio in Europa, insieme a continue e preoccupanti segnalazioni di respingimenti.
“L’accesso al territorio e a procedure di asilo rapide, eque ed efficienti per chi cerca protezione internazionale sono fondamentali. Gestire le frontiere e garantire protezione ai rifugiati in conformità agli obblighi internazionali degli Stati non si escludono a vicenda né sono incompatibili”, dichiara Moreau.
“Per rifugiati e migranti viaggiare verso l’Europa e al suo interno continua a essere molto pericoloso”, ha riferito Pascale Moreau, direttrice dell’Ufficio per l’Europa dell’Unhcr. Si stima che oltre 3.100 persone abbiano perso la vita in mare l’anno scorso mentre lungo le rotte verso l’Europa, rispetto alle 5.100 del 2016. Altre 489 persone sono morte o risultano disperse dall’inizio del 2018.
Oltre ai decessi in mare, nel 2017 ci sono state almeno altre 75 persone lungo le rotte terrestri che hanno perso la vita alle frontiere esterne dell’Europa o durante il viaggio in Europa, insieme a continue e preoccupanti segnalazioni di respingimenti.
“L’accesso al territorio e a procedure di asilo rapide, eque ed efficienti per chi cerca protezione internazionale sono fondamentali. Gestire le frontiere e garantire protezione ai rifugiati in conformità agli obblighi internazionali degli Stati non si escludono a vicenda né sono incompatibili”, dichiara Moreau.
Abusi e violenze. Il rapporto dell’Unhcr
sottolinea anche gli abusi e le estorsioni subite da rifugiati e migranti per
mano di trafficanti, contrabbandieri o gruppi armati lungo varie rotte verso
l’Europa.
“Le donne, soprattutto quelle che viaggiano da sole, e i minori non accompagnati rimangono particolarmente esposti al rischio di violenza sessuale e di genere lungo le rotte verso l’Europa e in alcune località all’interno dell’Europa. Nel 2017, oltre 17 mila minori non accompagnati sono entrati in Europa. La maggior parte è arrivata via mare in Italia, dove il 13% di tutti gli arrivi è costituito da bambini che viaggiano da soli, una tendenza simile al 2016”.
“Le donne, soprattutto quelle che viaggiano da sole, e i minori non accompagnati rimangono particolarmente esposti al rischio di violenza sessuale e di genere lungo le rotte verso l’Europa e in alcune località all’interno dell’Europa. Nel 2017, oltre 17 mila minori non accompagnati sono entrati in Europa. La maggior parte è arrivata via mare in Italia, dove il 13% di tutti gli arrivi è costituito da bambini che viaggiano da soli, una tendenza simile al 2016”.
Reinsediamenti. Il rapporto dell’Unhcr
mostra tuttavia alcuni progressi positivi nel numero di persone reinsediate in
Europa lo scorso anno, con un aumento del 54% dal 2016. La maggior parte di
questi 26.400 rifugiati erano di nazionalità siriana (84%) e sono stati
reinsediati dalla Turchia, dal Libano e dalla Giordania. Tra i Paesi europei,
il Regno Unito, la Svezia e la Germania hanno accolto il maggior numero di
rifugiati attraverso il programma del reinsediamento.
Un altro sviluppo positivo si è registrato alla fine dello scorso anno, quando l’Unhcr ha iniziato a favorire l’evacuazione dei rifugiati vulnerabili dalla Libia al Niger e dalla Libia verso l’Italia.
“Le operazioni di evacuazione dalla Libia e le maggiori opportunità di reinsediamento che abbiamo visto l’anno scorso sono ottime notizie. Restano ancora seri ostacoli che limitano l’accesso a percorsi sicuri e legali, incluso il ricongiungimento familiare, per le persone bisognose di protezione internazionale e chiediamo pertanto più solidarietà”, ha dichiarato ancora Pascale Moreau.
Un altro sviluppo positivo si è registrato alla fine dello scorso anno, quando l’Unhcr ha iniziato a favorire l’evacuazione dei rifugiati vulnerabili dalla Libia al Niger e dalla Libia verso l’Italia.
“Le operazioni di evacuazione dalla Libia e le maggiori opportunità di reinsediamento che abbiamo visto l’anno scorso sono ottime notizie. Restano ancora seri ostacoli che limitano l’accesso a percorsi sicuri e legali, incluso il ricongiungimento familiare, per le persone bisognose di protezione internazionale e chiediamo pertanto più solidarietà”, ha dichiarato ancora Pascale Moreau.
I suggerimenti dell’Unhcr. Infine, il rapporto fornisce raccomandazioni supplementari in merito alla
necessità di rafforzare la solidarietà tra gli Stati in Europa e con i Paesi di
primo asilo e di transito, per migliorare la qualità dell’accoglienza,
specialmente nel caso di minori non accompagnati e separati e persone
sopravvissute a violenza sessuale e di genere, e per garantire una migliore
protezione dei bambini.
(Da redattoresociale: https://www.articolo21.org/2018/04/viaggi-disperati-meno-migranti-in-italia-aumentano-in-spagna-e-grecia/)
19) Gaza, una notte con gli organizzatori della
"grande marcia" alla vigilia di un'altra giornata di lotta
Opinioni 5 aprile 2018 di: PATRIZIA CECCONI
Siamo andati in uno dei punti caldi, a est
di Khan Younis, dove venerdì scorso i cecchini israeliani hanno fatto tre
vittime e un numero imprecisato di feriti
Attenti a quei popoli che non hanno più
niente da perdere. O li sterminate dal primo all'ultimo o non vi daranno pace.
Oppure, se davvero è la pace che volete, dovete lasciare il campo alla
giustizia.
lo spassionato consiglio da dare a
Israele dopo aver osservato dall'interno le dinamiche createsi a Gaza in questi
decenni di sopraffazione e soprattutto dopo questi ultimi 11 anni di assedio.
La "grande marcia del ritorno" iniziata il 30 marzo con la giornata della terra è la risposta esasperata e forse definitiva allo strapotere israeliano che occupa la Cisgiordania e assedia Gaza. Secondo gli organizzatori la marcia non-violenta per ottenere i propri diritti andrà avanti fino al 15 maggio, giorno della Nakba, ma Israele, dall'alto del suo potere arbitrario e senza antagonisti, ha già commesso una strage di innocenti venerdì scorso ed ha minacciato di commetterne una peggiore il prossimo venerdì per impedire che la marcia prosegua.
Davanti alla minaccia di un crimine le istituzioni preposte al rispetto del diritto internazionale dovrebbero intervenire Ma in questo caso non lo hanno fatto. Davanti all'esecuzione del crimine non potrebbero proprio non intervenire. Ma non sono intervenute. Quindi Israele il prossimo venerdi commetterà una nuova strage come già minacciato, forte dell'impunità e del tacito assenso ottenuto col silenzio o tutt'al più il balbettio di governi e Istituzioni internazionali.
Questo lo sanno bene gli organizzatori della "grande marcia" eppure non demordono.
Siamo andati a passare una giornata con loro per capire cosa li muove a sfidare la morte senza che sia visibile una vera e propria strategia vincente.
Siamo andati in uno dei punti caldi, a est di Khan Younis, dove venerdì scorso i cecchini israeliani hanno fatto tre vittime e un numero imprecisato di feriti, esattamente a Khuza'a, cittadina già pesantemente colpita dall'aggressione israeliana del 2014, tanto che visitandola due anni dopo la sua distruzione si percepiva ancora l'accanimento feroce con cui Israele aveva voluto punire i suoi abitanti. Si percepiva, dalle ferite ancora aperte, la volontà di sterminio che aveva guidato da terra e dal cielo quello che viene definito, per ossequio verso Israele, l'esercito più morale del mondo. Ma nonostante i suoi visibili sforzi e l'uso abbondante di armi, anche vietate, contro gli abitanti di Khuza'a, l'Idf non era riuscito a eliminarli tutti e molti di loro, giovanissimi, con ferite nell'animo e a volte nel corpo che cicatrizzandosi hanno tolto loro la paura della morte, ieri sera erano là sul border, guardando disarmati - alla distanza imposta di 700 metri - il nemico armato al quale ripetono anche in questo modo la loro determinazione a resistere a costo della propria vita.
La "grande marcia del ritorno" iniziata il 30 marzo con la giornata della terra è la risposta esasperata e forse definitiva allo strapotere israeliano che occupa la Cisgiordania e assedia Gaza. Secondo gli organizzatori la marcia non-violenta per ottenere i propri diritti andrà avanti fino al 15 maggio, giorno della Nakba, ma Israele, dall'alto del suo potere arbitrario e senza antagonisti, ha già commesso una strage di innocenti venerdì scorso ed ha minacciato di commetterne una peggiore il prossimo venerdì per impedire che la marcia prosegua.
Davanti alla minaccia di un crimine le istituzioni preposte al rispetto del diritto internazionale dovrebbero intervenire Ma in questo caso non lo hanno fatto. Davanti all'esecuzione del crimine non potrebbero proprio non intervenire. Ma non sono intervenute. Quindi Israele il prossimo venerdi commetterà una nuova strage come già minacciato, forte dell'impunità e del tacito assenso ottenuto col silenzio o tutt'al più il balbettio di governi e Istituzioni internazionali.
Questo lo sanno bene gli organizzatori della "grande marcia" eppure non demordono.
Siamo andati a passare una giornata con loro per capire cosa li muove a sfidare la morte senza che sia visibile una vera e propria strategia vincente.
Siamo andati in uno dei punti caldi, a est di Khan Younis, dove venerdì scorso i cecchini israeliani hanno fatto tre vittime e un numero imprecisato di feriti, esattamente a Khuza'a, cittadina già pesantemente colpita dall'aggressione israeliana del 2014, tanto che visitandola due anni dopo la sua distruzione si percepiva ancora l'accanimento feroce con cui Israele aveva voluto punire i suoi abitanti. Si percepiva, dalle ferite ancora aperte, la volontà di sterminio che aveva guidato da terra e dal cielo quello che viene definito, per ossequio verso Israele, l'esercito più morale del mondo. Ma nonostante i suoi visibili sforzi e l'uso abbondante di armi, anche vietate, contro gli abitanti di Khuza'a, l'Idf non era riuscito a eliminarli tutti e molti di loro, giovanissimi, con ferite nell'animo e a volte nel corpo che cicatrizzandosi hanno tolto loro la paura della morte, ieri sera erano là sul border, guardando disarmati - alla distanza imposta di 700 metri - il nemico armato al quale ripetono anche in questo modo la loro determinazione a resistere a costo della propria vita.
Compatti, giovani e meno giovani, uomini e donne, attrezzati con tende per
dormire, per preparare il cibo, per offrire soccorso medico e per comunicare
col mondo attraverso canali radio e internet, sono qui a migliaia ed hanno
organizzato anche una danza a chiusura della giornata.
Chi scrive arriva sul posto scortata da persone che rendono sicuro ogni suo passo perché - anche se sembra quasi di stare in una festa di paese animata da un caos apparentemente allegro - sia gli amici che le autorità locali non vogliono che i pochissimi occidentali presenti nella Striscia corrano alcun rischio.
Ci sono alcuni fotoreporter, nel concentramento di Khuzaa'a, che scattano foto e girano video che mostreranno al mondo la realtà, attività necessaria a far capire chi sia l'aggredito e chi l'aggressore, ma quelli che incontriamo sono tutti locali e l'occidente, si sa, subisce il "fascino" della narrazione israeliana anche quando stride violentemente con i fatti reali. E' probabilmente per questo che accolgono l'arrivo di una testimone occidentale con un'accoglienza ancor più calda di quella che questo popolo di solito riserva agli ospiti. Questa testimonianza non avrà la capacità di rompere il muro eretto col favore dei media main strem, ma sarà comunque qualcosa, in fondo questo è il senso della stampa realmente indipendente, cartacea o on line che sia e loro lo sanno molto bene.
Chi scrive arriva sul posto scortata da persone che rendono sicuro ogni suo passo perché - anche se sembra quasi di stare in una festa di paese animata da un caos apparentemente allegro - sia gli amici che le autorità locali non vogliono che i pochissimi occidentali presenti nella Striscia corrano alcun rischio.
Ci sono alcuni fotoreporter, nel concentramento di Khuzaa'a, che scattano foto e girano video che mostreranno al mondo la realtà, attività necessaria a far capire chi sia l'aggredito e chi l'aggressore, ma quelli che incontriamo sono tutti locali e l'occidente, si sa, subisce il "fascino" della narrazione israeliana anche quando stride violentemente con i fatti reali. E' probabilmente per questo che accolgono l'arrivo di una testimone occidentale con un'accoglienza ancor più calda di quella che questo popolo di solito riserva agli ospiti. Questa testimonianza non avrà la capacità di rompere il muro eretto col favore dei media main strem, ma sarà comunque qualcosa, in fondo questo è il senso della stampa realmente indipendente, cartacea o on line che sia e loro lo sanno molto bene.
La folla che ha risposto alla chiamata
degli organizzatori è composta da un popolo variegato le cui differenze
politiche non sono percepibili, perché militanti e simpatizzanti di ogni
fazione sono tutti sotto l'unica bandiera palestinese mettendo in pratica, dal
basso, quella riconciliazione necessaria e vincente che i vertici delle diverse
formazioni politiche non sono ancora riusciti a realizzare.
Hanno raccolto un buon numero di pneumatici che bruceranno venerdì prossimo per coprirsi dietro una cortina di fumo che renderà più difficile ai cecchini mirare ai loro corpi e uccidere puntando al cuore e alla testa oppure invalidare mirando al bacino come hanno fatto con centinaia di manifestanti lo scorso venerdì.
Hanno raccolto un buon numero di pneumatici che bruceranno venerdì prossimo per coprirsi dietro una cortina di fumo che renderà più difficile ai cecchini mirare ai loro corpi e uccidere puntando al cuore e alla testa oppure invalidare mirando al bacino come hanno fatto con centinaia di manifestanti lo scorso venerdì.
Passiamo qui alcune ore, fino a notte, intervistando in modo formale e
informale uomini e donne, giovani e adulti, che con l'aiuto dell'interprete
arabo parlano con noi in piena libertà e tutte e tutti ripetono che la paura ha
lasciato il posto alla determinazione a ottenere il rispetto della legalità
internazionale, quella stessa che viene regolarmente e impropriamente citata a
difesa di Israele il quale non l'ha mai rispettata.
Chi con indubbia competenza, chi ripetendo in modo ingenuo di aver diritto a
tornare nella propria casa, tutti fanno riferimento al Diritto internazionale e
alla Risoluzione Onu 194 che, a parole, garantisce il loro diritto regolarmente
violato.
Qui nella Striscia di Gaza la maggioranza della popolazione infatti vive nei
campi profughi allestiti dopo la Naqba, cioè la catastrofe che, nello
stesso anno in cui veniva emanata la Dichiarazione universale dei diritti
umani, vedeva il nascente Stato di Israele violarli a danno dei
palestinesi cacciati a centinaia di migliaia dalle loro case.
Avanziamo il dubbio che questa grande iniziativa sia un po' la ripetizione di tante altre manifestazioni finite nel sangue e chiediamo cosa ci sia di diverso questa volta, a parte la durata programmata della grande marcia che dovrebbe chiudersi il 15 maggio.
Generalmente i palestinesi, quando li si intervista su questi temi, parlano di speranza ma questa volta al termine speranza hanno sostituito un avverbio: "kalas" cioè "basta", e con una determinazione che qualche media filo-israeliano sicuramente definirà fanatismo o addirittura fanatismo antisemita, ripetono che la morte non li spaventa più e che preferiscono morire che seguitare a vivere senza libertà e senza diritti. Questo è il messaggio che vogliono mandare al mondo e che sono sicuri di riuscire a far arrivare. Diciamo ai nostri interlocutori che il mondo dei media e delle istituzioni segue la narrazione israeliana e ripete che questa grande iniziativa è organizzata e gestita da Hamas. La risposta è comune, sia da parte di chi appartiene alle fila si Hamas che da parte di tutti gli altri, ed in sintesi la risposta è "siamo al di là delle divisioni politiche e vogliamo che il mondo riconosca i nostri diritti".
Avanziamo il dubbio che questa grande iniziativa sia un po' la ripetizione di tante altre manifestazioni finite nel sangue e chiediamo cosa ci sia di diverso questa volta, a parte la durata programmata della grande marcia che dovrebbe chiudersi il 15 maggio.
Generalmente i palestinesi, quando li si intervista su questi temi, parlano di speranza ma questa volta al termine speranza hanno sostituito un avverbio: "kalas" cioè "basta", e con una determinazione che qualche media filo-israeliano sicuramente definirà fanatismo o addirittura fanatismo antisemita, ripetono che la morte non li spaventa più e che preferiscono morire che seguitare a vivere senza libertà e senza diritti. Questo è il messaggio che vogliono mandare al mondo e che sono sicuri di riuscire a far arrivare. Diciamo ai nostri interlocutori che il mondo dei media e delle istituzioni segue la narrazione israeliana e ripete che questa grande iniziativa è organizzata e gestita da Hamas. La risposta è comune, sia da parte di chi appartiene alle fila si Hamas che da parte di tutti gli altri, ed in sintesi la risposta è "siamo al di là delle divisioni politiche e vogliamo che il mondo riconosca i nostri diritti".
Tra gli attivisti che intervistiamo c'è il giornalista free lance Walid
Mahmoud, cittadino di Khuza'a, che ci rilascia una dichiarazione precisa e ci
autorizza a pubblicarla , queste le sue parole tradotte dall'inglese:"Sì,
la morte non ci spaventa, perché siamo persone che hanno perso molto negli
ultimi anni e oggi in questo marzo non abbiamo nulla da perdere... negli ultimi
anni l'occupazione israeliana ha commesso troppi crimini contro di noi ... e
ora non ci arrenderemo e continueremo a marciare fino a quando non vedremo
azioni sul terreno, perché il troppo è troppo. Oltre 10 anni di assedio e tre
aggressioni fanno di Gaza una realtà invivibile, e noi dobbiamo mantenere
ciò che rimane da Gaza anche se ci costerà la vita. Vogliamo i nostri diritti
come qualsiasi altra persona su questo pianeta, la decisione delle Nazioni Unite
dice che i profughi palestinesi devono tornare nella loro terra occupata e noi
questo vogliamo.... Sono fotoreporter e attivista freelance di Gaza e sto
lavorando duramente per sensibilizzare il mondo su Gaza. Il mio obiettivo nella
vita è di far capire alle persone che sostengono gli oppressori che sono dalla
parte sbagliata e vorrei vedere il mondo svegliarsi e permettere ai palestinesi
di avere giustizia."
Mentre raccogliamo le nostre interviste, c'è chi ci porta il "qahwe"
cioè il caffè palestinese al cardamomo, chi lo "shay" cioè il loro tè
bollente alla salvia perché a quest'ora fa freddo, chi ci offre dolci o altro
cibo, e nel caos di voci e musica ogni tanto si sente qualche colpo sordo, sono
i soldati israeliani che sparano i tear gas il cui fumo si confonde con quello
degli pneumatici bruciati.
Questa gente sa che venerdì prossimo Israele continuerà a offrire morte invece
di accettare giustizia perché l'Onu non interverrà, ma loro resisteranno lo
stesso e citano le parole di Arafat e di altri combattenti del mondo "preferiamo
morire in piedi che vivere in ginocchio" e intanto ci invitano
ad assistere alla danza tradizionale che balleranno tutti insieme centinaia di
uomini di ogni età. Non si tratta della dabka, ma della dhiya e
la differenza non è piccola cosa perché la dhiya ha un preciso significato e
forse qualche antropologo israeliano lo sa e farebbe bene a farlo sapere anche
al suo governo. La dhiya è un'antica danza araba di origine tribale che
ha la funzione di sollevare gli animi, dare coraggio e creare entusiasmo
collettivo prima di una battaglia. E' insomma una danza di guerra che non porta
alla resa.
Questo popolo, di fronte a un nemico tanto
armato quanto spietato sta ballando a mani nude la dhiya. Questo significa che
questo popolo non si arrenderà. Perché non ha più niente da perdere.
Israele ha solo due alternative: o
sterminare ogni individuo di questo martoriato popolo, ma non ci riuscirà, o
vivere con l'incubo che ci sarà sempre qualcuno a presentargli il conto dei
suoi crimini.
Se l'Onu, ormai screditata proprio dalla sua accondiscendenza verso i crimini
israeliani riuscisse a prendere le giuste misure per condurre Israele
nell'ambito della legalità la dhiya verrebbe danzata per festeggiare la
vittoria della giustizia e non per prepararsi all'ultima battaglia.
Noi siamo solo osservatori e testimoni, quindi non ci resta che osservare e comunicare ciò che abbiamo visto e ciò che succederà nei prossimi giorni sperando, come umani e non solo come comunicatori, che dopo 70 anni possa esserci la sterzata giusta per interrompere questa mattanza di vite e di diritti.
Noi siamo solo osservatori e testimoni, quindi non ci resta che osservare e comunicare ciò che abbiamo visto e ciò che succederà nei prossimi giorni sperando, come umani e non solo come comunicatori, che dopo 70 anni possa esserci la sterzata giusta per interrompere questa mattanza di vite e di diritti.
Patrizia Cecconi
Gaza 5 aprile 2018
Gaza 5 aprile 2018
20) Cosa ha portato all’attacco alla Siria e cosa succede adesso
Stati Uniti, Francia e Inghilterra hanno
dato il via nella notte all’annunciata risposta militare alla strage con armi
chimiche avvenuta a Duoma una settimana fa. Dopo giorni di altissima tensione
internazionale, oltre cento missili hanno colpito Damasco e Homs. Una
pericolosa escalation che può portare ad uno scontro diretto tra potenze
nucleari oppure solo un altro episodio della lunga guerra siriana?
GUERRA IN SIRIA 14 APRILE 2018 15: 53 di Mirko Bellis
L’annunciato attacco alla Siria è iniziato alle tre di
questa mattina. Dopo il discorso del presidente Trump in diretta Tv, i
tracciati dei missili da crociera Tomahawk hanno illuminato la notte della
capitale siriana. Sono stati colpiti tre siti a Damasco e Homs che, secondo
quanto affermato dal Pentagono, erano adibiti allo stoccaggio e produzione di
armi chimiche. La risposta militare di Stati Uniti, Francia e Inghilterra
arriva ad una settimana esatta dalla strage avvenuta a Douma, nella Ghouta
orientale. Più di quaranta tra donne, uomini e bambini erano stati rivenuti
senza vita nei sotterranei e in un appartamento di un palazzo della città. Nei
video diffusi in rete, i cadaveri mostravano i segni di una morte atroce e le
immagini avevano suscitato l’indignazione in tutto il mondo. Altre 500 persone,
secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, erano state ricoverate con
sintomi da intossicazione. Non è la prima volta che il regime di Damasco è
accusato di aver impiegato sostanze chimiche: il 4 aprile dell’anno scorso a
Khan Shaykhun un episodio simile aveva provocato la reazione degli Usa e
in quell'occasione il presidente statunitense aveva ordinato il lancio di 59
missili che avevano distrutto una base dell’aviazione siriana.
Da giorni Trump minaccia, a colpi di tweet, la Siria e
la Russia, il principale alleato assieme all'Iran di Bashar al Assad. Uno
scontro che ha tratto alla memoria gli anni più bui della guerra fredda.
Una settimana segnata anche dalle sessioni del Consiglio
di Sicurezza per stabilire la responsabilità dell’attacco a Douma e l’invio di
ispettori indipendenti. Riunioni che si sono risolte in un nulla di fatto per i
veti incrociati delle due superpotenze.
Nell'azione punitiva al regime di Damasco, a
fianco degli Stati Uniti, anche Francia e Inghilterra. Il presidente francese
Macron nei mesi scorsi aveva preannunciato un intervento contro Bashar al Assad
nel caso in cui avesse utilizzato armi chimiche. Diversa invece la posizione
inglese: la premier britannica Theresa May, almeno in primo momento, si era
dimostrata cauta nel coinvolgere il suo Paese in questa nuova avventura
bellica. Dopo aver incassato l’approvazione del suo gabinetto, però, anche May
ha dato l’ordine di schierare i sommergibili nel Mediterraneo e di mettere in
preallarme la squadriglia di caccia Tornado nella base di Cipro. Uno sfoggio di
potenza militare che non si vedeva dalla guerra in Iraq del 2003. Di
fronte alle manovre militari delle tre potenze occidentali, la Russia ha
reagito minacciando di colpire non solo i missili indirizzati verso il
territorio siriano ma anche le navi o gli aerei da dove fossero lanciati. Uno
scontro diretto tra potenze nucleari reso ancora più probabile quando, solo due
giorni fa, il rappresentante russo alle Nazioni Unite aveva avvertito il
rischio di una guerra con gli Stati Uniti in caso di attacco.
Adesso che l’attacco è avvenuto, c'è l’inquietudine
sulle possibili conseguenze. Questa mattina non si sono fatte attendere le
dichiarazioni dell’ambasciatore russo negli Stati Uniti il quale ha affermato
in un comunicato che: “Ancora una volta, siamo minacciati. Abbiamo avvertito
che tali azioni non rimarranno senza conseguenze. Tutte le responsabilità
ricadranno su Washington, Londra e Parigi. Insultare il presidente della Russia
è inaccettabile e inammissibile. Gli Stati Uniti – il possessore del più grande
arsenale di armi chimiche – non hanno il diritto morale di incolpare altri
Paesi”.
Il presidente Putin, da parte sua, ha condannato il
raid definendolo "un atto di aggressione" e ha avvertito che
l'attuale escalation della crisi siriana ha “un impatto devastante sull'intero
sistema delle relazioni internazionali". La Russia, inoltre, ha chiesto
una riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu per discutere degli
attacchi sulla Siria. Dichiarazioni infuocate arrivano anche dall'Iran, secondo
cui, Stati Uniti, Francia e Inghilterra “sono responsabili delle conseguenze
regionali di questa azione avventurista”.
Ma al di là della retorica di questi momenti,
l’attacco missilistico non compromette realmente le capacità dell’esercito
siriano, che nei giorni scorsi aveva provveduto a mettere al riparo le proprie
unità. “Abbiamo attutito l’attacco – ha detto un funzionario di Damasco –
eravamo stati avvertiti in anticipo dai russi”. Per dimostrare quanto poco
l’azione di stanotte abbia influenzato le attività del governo, l’ufficio di
presidenza di Bashar al Assad ha diffuso questa mattina un video in cui si vede
il presidente siriano recarsi al lavoro come se niente fosse successo.
Se la premier inglese si è affrettata a dire che
l’obiettivo dell’attacco non è un cambio di regime in Siria, il Capo di stato
maggiore dell'esercito Usa, il generale Joseph Dunford, ha detto che gli Stati
Uniti hanno identificato in modo specifico gli obiettivi da colpire in modo da
evitare il rischio di vittime russe. A questo si aggiunge l'ultima
dichiarazione del presidente Trump il quale, ringraziando Francia e
Inghilterra, dà per "compiuta" la missione.
Un ulteriore dimostrazione della limitata portata
dell’operazione militare che difficilmente porterà ad un maggiore
coinvolgimento in Siria delle potenze occidentali.
Mirko Bellis
(Continua su: https://www.fanpage.it/cosa-ha-portato-all-attacco-alla-siria-e-cosa-succede-adesso/ - http://www.fanpage.it/)
21) Siria: Onu boccia richiesta Russia di condannare attacco
Solo 3 sì in Consiglio a risoluzione contro raid Usa-Gb-Francia
NEW YORK, 14 APR - Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha bocciato una bozza
di risoluzione proposta dalla Russia che "condannava l'aggressione contro
la Siria da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati, in violazione delle
leggi internazionali e della Carta delle Nazioni Unite". Il testo ha
ottenuto solo 3 voti a favore (Russia, Cina e Bolivia), 8 contrari e 4
astenuti. Non è stato necessario il veto di Usa, Gran Bretagna e Francia.
(Continua su:
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/italia/1003559/siria-onu-boccia-richiesta-russia-di-condannare-attacco.html).
22) Siria. I missili il vero danno non l’hanno causato ad Assad, ma all’ONU
Opinioni 15 aprile 2018 di: MASSIMO MARNETTO
I missili sulla Siria il vero danno non l’hanno
causato ad Assad, ma all’ONU.
Delegittimata dall’ennesimo intervento militare non
autorizzato, il palazzo di vetro si vede ancora una volta ridimensionato a
Organizzazione Non Utile. Sia quando emette risoluzioni spesso ignorate; sia
quando condanna inutilmente aggressioni unilaterali; sia, infine, quando non
riesce nemmeno a pronunciarsi, bloccata dal diritto di veto delle potenze che
fanno parte in modo permanente del Consiglio di Sicurezza, per diritto di
vittoria nella seconda guerra mondiale. Cioè, in base ad un evento che
risale a oltre 70 fa.
Ormai l’ascendente dell’ONU è limitato ai piccoli
stati, ma le grandi potenze la ignorano. E se si innervosiscono per qualche
decisione percepita come affronto di sovranità, si riservano pure il diritto di
non sospendere la loro quota di adesione (vedi Usa). Ora, per il caso Siria,
balbetterà qualche dichiarazione, ma sarà acqua fresca, dopo la depurazione
verbale a cui ogni documento è sottoposto dagli specialisti delle superpotenze,
pagati per parlare senza dire nulla e per verbalizzare l’ovvio.
La perdita di autorevolezza di questa Organizzazione è
l’indicatore più inquietante della svalutazione della pace. E della necessità
di ogni popolo di badare al nazionalismo in casa propria, in modo che non possa
saldarsi a quello di altre nazioni. Perché poi queste comitive esuberanti
finiscono sempre per passare la serata bombardando qualcuno.
(Continua su:
https://www.articolo21.org/2018/04/siria-i-missili-il-vero-danno-non-lhanno-causato-ad-assad-ma-allonu/).
23) Tre aziende hanno venduto 96 tonnellate di alcol alla Siria: “Lo hanno usato per le armi chimiche”
Secondo la rivista Knack e Syrian Archive, tre aziende belghe hanno esportato in Siria 96 tonnellate di isopropanolo, un materiale chimico “a duplice uso” che potrebbe essere stato usato per la fabbricazione del sarin, il micidiale gas nervino utilizzato nel corso della guerra.
GUERRA IN SIRIA 19 APRILE 2018 13: 20 di Mirko Bellis
Secondo la rivista Knack e Syrian Archive, tre aziende belghe hanno esportato in Siria 96 tonnellate di isopropanolo, un materiale chimico “a duplice uso” che potrebbe essere stato usato per la fabbricazione del sarin, il micidiale gas nervino utilizzato nel corso della guerra.
Tre aziende belghe sono accusate di aver esportato in Siria 96 tonnellate di alcool isopropanolo, una sostanza chimica che, tra gli altri usi industriali, può servire anche per la fabbricazione del sarin, il gas nervino utilizzato a Khan Shaykhun in cui sono morte decine di persone. Secondo quanto emerso da un’inchiesta della rivista Knack e Syrian Archive, le tre società hanno continuato a vendere il prodotto nonostante le regole imposte dall'Unione europea nel 2013 che prevedevano speciali autorizzazioni per il commercio di materiale “a duplice uso” verso il Paese mediorientale.
I carichi di isopropanolo sono partiti dal porto di Anversa tra il 2014 e il 2016. Roland Cassiers, portavoce della Corte penale di Anversa, ha confermato che le compagnie coinvolte sono AAE Chemie Trading, un grossista di prodotti chimici per uso industriale; Anex Customs, un’azienda che forniva servizi amministrativi fino alla sua bancarotta nel 2017; e Danmar Logistics, una società di logistica. L'isopropanolo, noto anche come alcool isopropilico, è considerato un prodotto, al pari del cloro, con molteplici usi legittimi come ad esempio nell'industria farmaceutica o nel settore delle vernici. Ma può essere utilizzato anche nel processo di sintesi di agenti chimici come il sarin, il gas nervino bandito dalla Convenzione sulle armi chimiche del 1993.
23) Tre aziende hanno venduto 96 tonnellate di alcol alla Siria: “Lo hanno usato per le armi chimiche”
Secondo la rivista Knack e Syrian Archive, tre aziende belghe hanno esportato in Siria 96 tonnellate di isopropanolo, un materiale chimico “a duplice uso” che potrebbe essere stato usato per la fabbricazione del sarin, il micidiale gas nervino utilizzato nel corso della guerra.
GUERRA IN SIRIA 19 APRILE 2018 13: 20 di Mirko Bellis
Secondo la rivista Knack e Syrian Archive, tre aziende belghe hanno esportato in Siria 96 tonnellate di isopropanolo, un materiale chimico “a duplice uso” che potrebbe essere stato usato per la fabbricazione del sarin, il micidiale gas nervino utilizzato nel corso della guerra.
Tre aziende belghe sono accusate di aver esportato in Siria 96 tonnellate di alcool isopropanolo, una sostanza chimica che, tra gli altri usi industriali, può servire anche per la fabbricazione del sarin, il gas nervino utilizzato a Khan Shaykhun in cui sono morte decine di persone. Secondo quanto emerso da un’inchiesta della rivista Knack e Syrian Archive, le tre società hanno continuato a vendere il prodotto nonostante le regole imposte dall'Unione europea nel 2013 che prevedevano speciali autorizzazioni per il commercio di materiale “a duplice uso” verso il Paese mediorientale.
I carichi di isopropanolo sono partiti dal porto di Anversa tra il 2014 e il 2016. Roland Cassiers, portavoce della Corte penale di Anversa, ha confermato che le compagnie coinvolte sono AAE Chemie Trading, un grossista di prodotti chimici per uso industriale; Anex Customs, un’azienda che forniva servizi amministrativi fino alla sua bancarotta nel 2017; e Danmar Logistics, una società di logistica. L'isopropanolo, noto anche come alcool isopropilico, è considerato un prodotto, al pari del cloro, con molteplici usi legittimi come ad esempio nell'industria farmaceutica o nel settore delle vernici. Ma può essere utilizzato anche nel processo di sintesi di agenti chimici come il sarin, il gas nervino bandito dalla Convenzione sulle armi chimiche del 1993.
Il sarin è stato
utilizzato nell'attacco di Khan Shaykhun il 4 aprile del 2017 dove morirono
decine di persone. Dai campioni prelevati dall'Organizzazione per la
proibizione delle Armi Chimiche (Opcw) sul luogo dell’esplosione è emerso che
l’uso del gas sarin è stato dimostrato “in maniera incontrovertibile”. I test
di laboratorio, inoltre, hanno provato che per la produzione dell’arma chimica
è stato utilizzato proprio l'isopropanolo. Secondo il tossicologo belga Jan
Tytgat, la morte provocata da questa sostanza chimica è molto dolorosa e la
dose letale di sarin per gli adulti è stimata in meno di 1 milligrammo.
Sulla base delle
informazioni contenute nel database delle Nazioni Unite sul commercio
internazionale Comtrade, è emerso anche che diversi Paesi hanno continuato a
commercializzare l'isopropanolo in Siria in questi anni.
I dati mostrano che dal
2014 circa 1.280 tonnellate di propanolo e isopropanolo (le due sostanze sono
registrate con lo stesso codice) sono stati esportati in Siria, la maggior
parte proveniente da Emirati arabi uniti e Libano. Le statistiche delle Nazioni
Unite mostrano anche come il Belgio sia stato l'unico Stato europeo ad aver
continuato il commercio verso il Paese mediorientale nonostante le restrizioni
imposte dall'Unione europea.
Secondo Francis Adyns,
funzionario del dipartimento delle finanze belga, “L'isopropanolo è impiegato,
tra le altre cose, come solvente nell'industria delle vernici, come
disinfettante in ambito sanitario e come refrigerante”. “Le autorità doganali
non sono a conoscenza di nessun altro uso di questa sostanza chimica e le
esportazioni – ha precisato Adyns – sono avvenute nel corso di decenni agli
stessi clienti”. La prima udienza del processo a carico delle tre aziende è
stata fissata per il prossimo 15 maggio, ha fatto sapere Johan Van Overtveldt,
il ministro delle finanze belga.
Dal canto loro, le tre
società si sono difese affermando di aver agito in buona fede. AAE Chemie ha
confermato di aver esportato isopropanolo in Siria, ma ha anche sottolineato
che ha venduto questo prodotto da almeno 20 anni a clienti che appartengono
all'industria delle vernici e della lavorazione del cuoio e "nessuna di
queste società sembra essere in lista sospetta”. Secondo la versione delle tre
aziende belghe, inoltre, le autorità doganali hanno sempre approvato le
spedizioni verso la Siria senza aver mai trovato nulla da ridire. Ma i
magistrati stanno indagando in totale 24 spedizioni avvenute tra maggio 2014 e
dicembre 2016 e, oltre all'isopropanolo, sono finite nel mirino anche 219
tonnellate di acetone, 77 tonnellate di metanolo e 21 tonnellate di
diclorometano. Sostanze chimiche partite dal Belgio senza nessuna
autorizzazione nonostante le sanzioni al regime di Bashar al Assad.
Mirko Bellis
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24) Nigeria, assalto in una chiesa durante la messa:
uccisi due preti e 17 fedeli
L’episodio nello Stato nigeriano del Benue dove da
tempo sono in corso scontri tra pastori nomadi, per lo più musulmani, e gli
agricoltori, che sono prevalentemente cristiani.
AFRICA 25 APRILE 2018 11: 10 di Antonio Palma
Ancora sangue in Nigeria e ancora una volta ad essere
presa di mira è una chiesa cristiana. Nelle scorse ore infatti un commando
armato ha assaltato un edificio religioso dove era in corso una messa per i
fedeli facendo una strage di fedeli. L'episodio nella chiesa di un villaggio
remoto nello Stato nigeriano del Benue, Mbalom. Gli assalitori hanno fatto
irruzione armi in pugno nella struttura sparando all'impazzata e uccidendo 19
persone . A terra sono rimasti i due preti che celebravano la messa e 17
fedeli. Secondo quanto ha affermato alla Cnn il portavoce della polizia locale,
Terver Akase, gli aggressori sarebbero dei mandriani musulmani di etnia Fulani
che avrebbero preso di mira l'intero villaggio appiccando anche il fuoco a una
cinquantina di abitazioni ai campi agricoli circostanti prima di andare via.
"Sono in programma degli arresti perché stanno
diventando sempre più sfrontati", ha aggiunto il portavoce sottolineando
che nella stessa zona alcuni giorni fa un altro assalto ha fatto dieci vittime
tra i residenti. Secondo quanto riportato dai media locali, l'assalto potrebbe
rientrare nello scontro in atto da tempo tra pastori Fulani, per lo più
musulmani, e gli agricoltori, che sono prevalentemente cristiani, ma che negli
ultimi tempi si è inasprito fino agli assalti armati. Almeno 72 persone infatte
sono state uccise dall'inizio dell'anno a causa degli scontri tra pastori
nomadi e agricoltori nella parte centrale del paese dell'Africa occidentale.
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- Nigeria: doppio attacco kamikaze, strage in moschea e al mercato da Euronews
(Ultimo aggiornamento: 02/05/201)
La prima esplosione in moschea, la seconda al mercatino, pochi minuti dopo;
almeno 60 i morti causati da due kamikaze il primo maggio a Mubi, città nel
nord-est della Nigeria. Gli attacchi arrivano nelle ore della visita del
presidente nigeriano a Washington, dove ha ringraziato Donald Trump per il suo
aiuto contro Boko Haram; il gruppo jihadista proprio lo scorso novembre aveva
colpito la stessa cittadina con un assalto simile causando una cinquantina di
morti.
Questa volta a farsi esplodere sarebbero stati due ragazzi, il secondo ha
mietuto vittime proprio tra i fedeli in fuga dalla moschea dopo la prima
esplosione.
Dal 2009 Boko Haram terrorizza la Nigeria in tutto 20mila sono state le
vittime e 2,6 milioni gli sfollati.
25) Afghanistan, Onu: “30 bambini uccisi in un raid dell’esercito contro
una scuola”
L’esercito afghano il 2 aprile scorso avrebbe ucciso almeno 30 bambini in
un raid aereo realizzato contro una scuola coranica della provincia
settentrionale di Kunduz. Lo ha reso noto la Missione delle Nazioni Unite di
assistenza all’Afghanistan (Unama).
ASIA 7 MAGGIO 2018 20: 54 di Susanna Picone
Il 2 aprile scorso almeno trenta bambini sarebbero stati uccisi
dall’esercito afghano in un raid aereo realizzato contro una scuola coranica
della provincia settentrionale di Kunduz. È quanto ha reso noto oggi a Kabul la
Missione delle Nazioni Unite di assistenza all’Afghanistan (Unama). Nel
rapporto frutto di una indagine sull’operazione che fu presentata dai vertici
militari come diretta a eliminare alti responsabili talebani nel distretto di
Dasht- i- Archi, l’Onu ha precisato che provocò trentasei morti e settantuno
feriti. Di questi, trenta morti e cinquantuno feriti in realtà erano dei
bambini. Solo sei persone decedute nel raid aereo sarebbero stati dunque
adulti. Dopo aver precisato questo, l'Unama ha fatto sapere di non aver potuto
verificare con certezza se all'interno del seminario vi fossero talebani e ha
raccomandato di impartire all'esercito direttive inerenti il rispetto del
diritto umanitario internazionale.
Cinque agenti uccisi dai talebani – Il portavoce dei talebani, Qari Yussouf
Ahmadi, ha intanto rivendicato con una dichiarazione inviata ai media un
attacco avvenuto nella provincia di Kandaharattacco avvenuto nella provincia di
Kandahar, nel sud dell'Afghanistan. Nell’attacco – secondo quanto reso noto da
un portavoce del capo della polizia provinciale – almeno cinque agenti sono
stati uccisi e altri nove sono rimasti feriti. Nel corso dell’attacco –
avvenuto nel distretto di Marouf, vicino al confine con il Pakistan – c'è stato
anche uno scontro a fuoco con la polizia in cui sono morti quindici talebani e
una decina sono rimasti feriti. Lo scontro a fuoco è durato varie ore dopo che
sono arrivati i rinforzi delle forze di sicurezza.
Susanna Picone
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in- un- raid- dell- esercito- contro- una- scuola/ - http://www.fanpage.it/).
26) Ritrovate le due gemelline di 4 anni scomparse a Udine: si erano perse nel
bosco col cane
Finita la paura a Udine per la scomparsa di due
bambine che si erano allontanate da casa a Tarcento, mentre la madre stava
cucinando. Tutto il paese si è mobilitato per le ricerche.
CRONACA ITALIANA 25 APRILE 2018 10: 17 di Susanna Picone
L’allarme era scattato nel pomeriggio del 24 aprile.
Due gemelline di quattro anni, Elisabetta e Adele, non si trovavano più. Erano
scomparse da un piccolo paesino sopra Tarcento (Udine). Per ore centinaia di
soccorritori hanno partecipato alle ricerche e fortunatamente nella notte è
arrivato il lieto fine. Le due bambine, che si erano perse nel bosco, sono
state ritrovate. Le due bimbe erano in compagnia del loro pitbull Margot lungo
un sentiero che porta al comune montano di Montenars. Si erano perse nel bosco
e avevano camminato a lungo a piedi sbagliando più volte la strada per cercare
di ritornare a casa dai loro genitori. Le bimbe si erano allontanate da casa
insieme con il proprio cane, che è rimasto accanto a loro per tutto il tempo,
mentre la mamma stava cucinando. È stata proprio la donna a dare l’allarme
prima delle 20 quando si è accorta che le figlie non si trovavano in casa. A
trovarle dopo sei ore di angoscia sono stati dei volontari. Uno di loro ha
ricostruito quelle ore in un post su Facebook: “Comincio a parlare a entrambe,
Adele è vigile e quasi vivace, Elisabetta è un po’ più frastornata e sta più
sulle sue”, descrive così gli attimi del ritrovamento.
Le gemelle stanno bene – Da quanto si apprende, le
bambine erano sicuramente stanche, ma in buone condizioni di salute tanto che
non è stato necessario neppure portarle in ospedale. Rifocillate e rassicurate,
sono state poi riportate a casa intorno alle due, salutate da un lungo applauso
liberatorio per i tanti soccorritori che a tempo record si erano messi in moto.
Alle ricerche hanno partecipato carabinieri, polizia, protezione civile,
soccorso alpino, guardie giurate e tanti volontari. Nella zona della loro
abitazione era stato allestito un punto base per le ricerche, illuminato dalle cellule
fotoelettriche. Nell'area della scomparsa ha operato anche l'elicottero
militare con termocamera arrivato da Casarsa.
Susanna Picone
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due- gemelline- di- 4- anni- scomparse- a- udine- si- erano- perse- nel- bosco-
col- cane/ - http://www.fanpage.it/).
27) Vincono 10mila euro e li devolvono al
loro amico che sta diventando cieco
PUBBLICATO IL 15/05/2018 - Nuova vita
Il loro team si chiama New Horizon e loro
sono dei ragazzi che, conosciutisi tra i banchi di scuola, hanno deciso di fare
squadra per sviluppare al massimo le loro competenze informatiche, la più
grande passione che hanno. Sono talmente bravi da essersi messi in mostra con i
loro progetti addirittura a livello nazionale. L'ultima loro impresa è stata
vincere un premio di 10.000 euro per aver sviluppato un'app che permette alle
persone con disabilità di usare al meglio i social network. Non hanno però solo
una grande testa, hanno anche un grande cuore perché quei 10.000 euro hanno
deciso di devolverli al Comitato Maculopatie Giovanili dell'A.P.R.I. Onlus e a
un loro amico che sta perdendo la vista, ma non la voglia di crescere nel mondo
dell'informatica. Con quei soldi potrà comprarsi anche il computer che tanto
desidera.
Servizio di Gioele Urso, redazione di
TorinoToday
(Continua su:
http://www.today.it/video/vincono-10mila-euro-regalano-amico-cieco.html).
Bravi i piccoli e i giovani che svergognano il mondo degli
adulti, mondo che non si sente poi troppo a disagio per quello che fa, quando
tutto è in funzione del potere e dei soldi che si strappano anche di bocca alle
nazioni: come nel caso della Nigeria che ce li ha, sa di averceli, ma non può
usarli per sé, perché le sono sempre addosso nazioni che si professano amiche,
le danno l’elemosina e che le rubano tutto quello che possono.
Chiudiamo questa relazione che ha anche un filo tenue
di speranza che speriamo aumenti sempre più.
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