1) “Dobbiamo raggiungere
gli irraggiungibili”. Il Nepal e le altre periferie dimenticate. Intervista ad
Andrea Iacomini (UNICEF)
Articolo
tratto da http://www.articolo21.org/2015/05/dobbiamo-raggiungere-gli-irraggiungibili-il-nepal-e-le-altre-periferie-dimenticate-intervista-a-andrea-iacomini/
- 05/05/2015 (Tutti i diritti riservati all’autore e alla testata)
Nell’indifferenza
generale l’UNICEF ha presentato giorni fa un Rapporto sull’intervento
umanitario 2015 (“Humanitarian Action for Children”), un appello per
raccogliere 3,1 miliardi di dollari per raggiungere 62 milioni di bambini a rischio
nelle crisi umanitarie nel mondo. Si tratta del più grande appello nella
storia, 1 miliardo di dollari in più rispetto allo scorso anno. Più di 1
bambino su 10 nel mondo – circa 230 milioni – lo voglio ricordare, vive
attualmente in paesi o aree colpite SOLO da conflitti armati. La risposta
UNICEF alle emergenze globali comprende curare 2,7 milioni di bambini dalla
malnutrizione acuta grave; vaccinare 13,6 milioni di bambini contro il
morbillo; fornire a 34,3 milioni di persone accesso all’acqua sicura;
proteggere 2,3 milioni di bambini garantendo loro sostegno psicosociale;
aiutare quasi 5 milioni di bambini a ricevere un’educazione formale e non
formale; fornire a 257.000 persone l’accesso alle informazioni su HIV e AIDS,
controlli e terapia; raggiungere 395.000 persone con assistenza in denaro.
Non
proprio cose “semplici o da poco” per un appello, quello dell’Humanitarian
Action for Children 2015 dell’UNICEF, che ha l’obiettivo di raggiungere un
totale di 98 milioni di persone, circa due terzi delle quali sono bambini, in
71 paesi.
Ne
vorrei ricordare gli aspetti salienti. La parte più ampia dell’appello è
destinato alla Siria e alla sub-Regione. Oltre 5,6 milioni di bambini
all’interno della Siria hanno bisogno di sostegno, più altri 1,7 milioni di
bambini hanno abbandonato il proprio paese. L’UNICEF richiede fondi per 903
milioni di dollari per proteggere i bambini a rischio e distribuire aiuti salva
vita come vaccini, acqua pulita, servizi igienico-sanitari e istruzione. L’UNICEF
ha anche richiesto 500 milioni di dollari per accelerare il suo lavoro nei
paesi più colpiti dall’Ebola. I fondi saranno impiegati per isolare rapidamente
e curare ogni caso, prevenire eventuali scoppi di epidemie e continuare a
promuovere comportamenti corretti per prevenire la diffusione della malattia.
L’obiettivo per il 2015 è di arrivare a 0 casi di contagio dal virus Ebola e
supportare la ripresa delle strutture sociali di base. Per la Nigeria, dove gli
attacchi di gruppi armati sono aumentati nell’ultimo anno causando la fuga di 1
milione di persone nel nord est, l’UNICEF richiede 26,5 milioni di dollari. E poi c’è la crisi più
dimenticata del momento, l’Ucraina. Dopo un anno di conflitto l’UNICEF ha
richiesto 32,45 milioni di dollari per la crisi umanitaria nel paese, dove 5,2
milioni di persone vivono in zone di conflitto, oltre 600.000 persone sono
sfollate interne e 1,7 milioni di bambini sono stati coinvolti.
Il
quadro che esce da questo rapporto è inquietante. Da disastri naturali fatali,
ai conflitti violenti e alle epidemie a rapida diffusione, i bambini nel mondo
affrontano una nuova generazione di crisi umanitarie e in prima pagina o
nascoste tra le righe, le emergenze provocate da tensioni sociali, cambiamento
climatico e malattie colpiscono i bambini come mai prima d’ora.
L’appello
è a favore anche di crisi enormemente sottofinanziate e dimenticate dove i
bambini hanno un disperato bisogno di aiuto – compreso l’Afghanistan (nel 2014
finanziato per il 35%), lo Stato della Palestina (nel 2014 finanziato per il
23%) e il Niger (nel 2014 finanziato per il 35%).
È un
appello per i bambini più vulnerabili, ovunque essi siano. Lì dove un bambino
nasce dovrebbe poter determinare il suo destino. Ma non è così. Dobbiamo dare
adesso servizi vitali e cure ai bambini che hanno estremo bisogno di aiuto,
provvedere a realizzare operazioni che consentiranno loro di creare un futuro
di pace. Questo appello non è stato lanciato solo per un’immediata azione
umanitaria, ma anche perché gli investimenti sul breve periodo avranno benefici
di lungo periodo.
“Dimentica,
c’è chi dimentica, distrattamente un fiore o una domenica. E poi, silenzi”
Recitava così una bellissima canzone di Renato Zero. Silenzi, sono quelli che
spero, con l’aiuto di tutti i media nazionali riusciremo a colmare per poter
raccontare e risolvere crisi che colpiscono innocenti, bambini come i nostri
figli, mai come in questa epoca violati nel loro diritto principale: quello
alla vita. 5 febbraio 2015
Commento
È veramente pazzesco che un comunicato di una
associazione come l’UNICEF sia presentato al pubblico mondiale”tra
l’indifferenza dei media” e non solo, ma anche generale.
Non si
è letto nessun commento da parte dei soliti politici, che almeno per salvare la
faccia rispondessero che nonostante quanto è successo in Italia in quei giorni
tra manifestazioni e guerriglia urbana, non si ascolti la voce di chi difende i
bambini, non solo quelli del terremoto del Nepal, ma di ogni altro sito dove i
bambini sono mortificati, vigliaccamente torturati, decapitati, malnutriti,
affamati, senza difese immunitarie. È più importante promuovere discussioni
televisive su quanto successo a Milano (guerriglia, ma ricordiamo anche il
Padiglione Sicilia citato precedentemente e che su internet ha raggiunto quota
12300 ed altre manifestazioni) e i bambini farli sempre aspettare.
Si è
anche letto nell’articolo “Expo: 'Nutrire il pianeta', uno schiaffo alla fame
nel mondo” in cui l’autrice su L’informazione ha futuro Globalist.it del 04/105/2015
(Tutti i diritti riservati all’autore e alla testata) scrive a un certo punto
del risentimento verso quella manifestazione: “C'era e c'è altro ad infastidirmi.
Di sicuro il titolo: Nutrire il Pianeta. Uno schiaffo, un terribile ceffone
alla fame nel mondo. Nessun affamato verrà a nutrirsi ad Expo. Mi sembra una
bestemmia. Mi ricorda la terribile frase "Il lavoro rende liberi"
all'entrata di un campo di concentramento. Mi appare cinica, finemente ironica
e cattiva. A pronunciarla mi sento quasi in colpa, sento l'eco di un coro rauco
e stridulo da film del horror. L'altro aspetto che mi inorridisce è la
sponsorizzazione di prodotti alimentari che ci uccidono, che ci portano dritti
in un reparto di oncologia, se assunti con quotidianità come loro vorrebbero
nei loro subdoli spot, dove coinvolgono bambini, che mai, e ripeto mai,
preferirebbero nella vita reale una pizza a un panino all'olio di palma”.
E
termina con “L'Expo nel mondo globalizzato del web è fuori luogo. In Grecia, a
pochi passi da casa nostra, molti bambini sono tornati a soffrire la fame, sono
bianchi come noi, cristiani e usano l'euro per pagare il proprio debito. Ma noi
popolo delle Hogan preferiamo spendere trenta euro per una giornata da Expo che
per fare del bene concretamente a chi ha fame.
Sarebbe
meglio scegliere a caso una nazione povera del mondo e regalare loro una
settimana del nostro turismo, anche noi impareremo davvero qualcosa. Il mondo impacchettato
e filtrato è la peggior cosa che si possa ricevere. Expo è questo, un pacco
indesiderato e costoso che avremmo dovuto rimandare al mittente.”
Si è
perfettamente d’accordo che cibi prelibati o meno offerti a visitatori in stand
al meglio presentati e (costruiti coi soldi dei loro paesi anche se
rimettendoci) può invogliare molte persone interessate ai problemi dell’alimentazione.
Ma se consideriamo l’alimentazione globale si legge ancora:
2) Rapporto FAO 2014 Questa mattina le tre
sedi romane delle Nazioni Unite FAO, IFAD e WFP hanno pubblicato la relazione
annuale SOFI 2014 che delinea le ultime cifre sulla fame e sull’insicurezza
alimentare nel mondo
Secondo
i dati pubblicati nel 2013 sui dati del biennio 2011-13, le persone
sottoalimentate nel mondo erano 842 milioni. Anche se il numero delle persone
che soffrono la fame è costantemente in diminuzione, molti milioni di individui
combattono ancora quotidianamente diversi livelli di malnutrizione che non
consentono loro di condurre una vita dignitosa.
Ogni
anno, denuncia il rapporto della FAO, sei milioni di bambini al di sotto dei
cinque anni muoiono di fame o di malattie legate alla malnutrizione. è come se
in un anno morissero tutti i bambini in Italia e Francia. L'incidenza delle
malattie mortali per denutrizione è alta in paesi come Bangladesh, Cambogia,
Afghanistan, Tanzania, Etiopia e Congo dove il totale dei sottoalimentati è superiore
al 35% della popolazione.
Le
persone denutrite nel mondo sono circa 840 milioni di cui 799 nei paesi in via
di sviluppo, 30 nei paesi meno poveri, e 11 in quelli industrializzati.
Rispetto a dieci anni fa gli affamati sono 50 milioni in più.
Per
raggiungere l'obiettivo di dimezzare il numero degli affamati entro il 2015 (che sta già passando e che non dà segni
molto positivi), sostiene il direttore generale della FAO Jacques Diouf, il
numero delle persone denutrite dovrebbe calare di 24 milioni ogni anno; un
obiettivo ancora possibile con uno stanziamento di 24 milioni di dollari
all'anno. A questa richiesta della FAO, lo scorso giugno a Roma, verosimilmente un noto politico
rispose che è meglio che i paesi poveri si arrangino da soli. E infatti i paesi
ricchi hanno ridotto i loro versamenti a meno di un terzo degli impegni assunti
nei vertici sulla sicurezza alimentare.
E poi
Save the children, anche nel suo padiglione all’Expo dice senza mezzi termini che:
“3 milioni di bambini muoiono per fame.” La malnutrizione è concausa di morte
ogni anno di tre milioni di bambini con meno di 5 anni. Lo segnala Save the
children in apertura dell’Expo che è presente con un padiglione all’interno
della manifestazione. Perciò non illudiamoci molto sulle cifre che si leggono,
anche se sembrerebbe che la fame stia diminuendo (FAO 2014). Però su riviste
specializzate, lettere di associazioni serie di volontariato dicono che le zone
più martoriate dalla fame sono in peggioramento e non in miglioramento, e c’è
da crederci, perché quei volontari e i loro superiori (vescovi ecc., personale
locale di assistenza pubblica) che muoiono anche per assistere quelle
popolazioni travagliate, non raccontano frottole, ma veri e propri disastri
locali.
3) NEW DELHI, 10
MAG – “Una ragazzina indiana di 15 anni, violentata per otto mesi e ricattata
dal suo aguzzino, è stata bruciata viva ieri alla periferia est di New Delhi
per aver voluto resistere ad un nuovo stupro. Lo
scrive oggi il quotidiano Hindustan Times dopo la denuncia dei genitori,
precisando che quattro persone sono state arrestate. Mesi fa un vicino aveva
violentato la giovane nel villaggio di Banwarivas ed aveva cominciato a
ricattarla con la minaccia di rendere pubblico un video della violenza.” (Tutti i diritti
riservati all’autore e alla testata, ANSA).
Ed in India queste violenze su donne continuano
indisturbate anche se poi, finalmente, le donne reagiscono inscenando sfilate e
riunione di piazza. Qualcosa non quadra sia anche a livello di istituzioni
governative, un certo inasprimento di pena non sarebbe un deterrente sufficiente,
lo si sa, manca anche l’istruzione (per chi può) ad una educazione sociale di
parità umana e di rispetto; speriamo sempre che in futuro si lascino sorgere
associazioni in difesa della donna e anche contro un certo maschilismo
imperante.
4) Papa Francesco: “Alcuni potenti vivono grazie alla
guerra e alle fabbriche di armi”
Il Pontefice ha parlato a
7mila bambini delle scuole primarie di Roma: "Tante persone non vogliono
la pace perché vivono di guerra". 1 MAGGIO 2015 (tutti i diritti riservati
all’autore e alla testata citata) di Davide Falcioni
"Tante persone non
vogliono la pace perché vivono di guerra". È con queste parole, semplici
ma efficaci, che Papa Francesco ha spiegato ai bambini delle scuole primarie di
Roma temi complessi come quelli di guerra e pace. Il pontefice ha menzionato
"l'industria delle armi": "Questo è grave – ha detto Bergoglio
-: alcuni potenti guadagnano la vita con la fabbrica delle armi e le vendono a
questo paese perché vada contro quello". Il Santo Padre ha aggiunto:
"La pace – ha proseguito – è prima di tutto che non ci siano le guerre, ma
anche che ci sia la gioia, l'amicizia tra tutti, che ogni giorno si faccia un
passo avanti per la giustizia, perché non ci siano bambini affamati, malati che
non abbiano la possibilità di essere aiutati nella salute. Fare tutto questo è
fare la pace. La pace è un lavoro, non è uno stare tranquilli, lavorare perché
tutti abbiano la soluzione ai problemi, ai bisogni che hanno nella loro terra,
nella loro patria, nella loro famiglia, nella loro società: così si fa la pace,
artigianale". "Voi sapete – ha detto alle migliaia di bambini
presenti – che è la cupidigia che ci fa tanto male. La voglia di avere di più,
di più, più denaro. È quando noi crediamo che tutto gira intorno al
denaro".Come tante altre volte in passato Papa Francesco ha espresso una
critica radicale al sistema economico capitalistico, "perché gira intorno
al denaro, non intorno alla persona, all'uomo e alla donna: si sacrifica tanto
e si fa la guerra per difendere il denaro". "Dio perdona tutto,
capito? Siamo noi a non sapere perdonare a non trovare strade di perdono. Tante
volte per incapacità o perché è più facile riempire le carceri che aiutare chi
ha sbagliato ad andare avanti". A un bambino che gli ha domandato se fosse
d'accordo con il punire con il carcere i reati minorili Francesco ha opposto un
netto: "No, non sono d'accordo, la risposta è che ti aiutino a rialzarti,
a reinserirti, mentre andare alla soluzione del carcere è la cosa più comoda
per dimenticare quelli che soffrono". "Tutti – ha proseguito
Francesco – possono fare gli stessi sbagli che ha fatto lui, tutti possiamo
fare gli sbagli più brutti. Non bisogna condannare mai, ma aiutare sempre a
rialzarsi e reinserirsi nella società". (Continua su:
http://www.fanpage.it/papa-francesco-alcuni-potenti-vivono-grazie-alla-guerra-e-alle-fabbriche-di-armi/#ixzz3Zu91mizO.http://www.fanpage.it)
5) Duemila migranti
recuperati al largo di Indonesia e Malesia – ONU, barconi Rohingya "bare
galleggianti" - Migliaia alla deriva respinti da Thailandia, Indonesia e
Malesia (ANSA,
tutti i diritti riservati
all’autore e alla testata) - BANGKOK, 19 MAG - A una settimana
dall'esplosione della crisi umanitaria nel Sud-est asiatico, migliaia di
"boat people" di etnia Rohingya in fuga dalla Birmania sono ancora in
mare in condizioni drammatiche. Ma le sofferenze dei migranti - l'ONU ha
denunciato il pericolo che i barconi diventino "bare galleggianti" -
non hanno impietosito Thailandia, Indonesia e Malesia, che hanno respinto i
disperati dalle loro coste. Della loro tragedia ha parlato anche Papa Francesco
nell'omelia di Santa Marta. Le notizie provengono da InTopic e malaysianews.myblog.it
(tutti diritti riservati agli autori e alle testate).
Appartengono alla
perseguitata minoranza musulmana Rohingy 11 Maggio 2015Giakarta, Indonesia -
Quattro barconi con oltre 1.400 migranti, provenienti da Birmania e Bangladesh,
sono stati soccorsi al largo delle coste dell'Indonesia e della Malesia, il
giorno dopo l'arrivo di altri 600 ad Aceh, territorio autonomo all'estremità
settentrionale dell'isola di Sumatra. Si tratta di persone in fuga dalla
miseria e dalla violenze in quanto appartenenti alla minoranza musulmana Rohingya,
secondo l'ONU una delle comunità più perseguitate al mondo. Le rotte della
speranza da Birmania e Bangladesh sfruttano generalmente la direttrice
terrestre attraverso la Thailandia meridionale, alla volta di Malesia,
Indonesia e degli altri paesi della regione. Ma dopo la scoperta di decine di
fosse comuni le autorità di Bangkok hanno deciso di intervenire duramente
contro il traffico di esseri umani, costringendo i migranti a ricorrere
all'alternativa della traversata via mare. Gli ultimi migranti giunti in
Malesia sono stati abbandonati dagli scafisti in acque poco profonde al largo
dell'isola di Langkawi, una delle località turistiche malesi più rinomate e
apprezzate. Le autorità della Malesia e dell'Indonesia si stanno attrezzando
per fare fronte a nuovi massicci arrivi via mare.
5a) Indonesia 'soccorre' in mare 400 migranti. Facendo il pieno
alla barca e cacciandoli
La Marina indonesiana ha
soccorso in mare almeno 400 migranti in fuga da Myanmar e Bangladesh ma si sono
limitati a rifornire di carburante il battello a bordo del quale si trovavano
per poi trainarlo al di fuori delle acque nazionali un gruppo di migranti del
Bangladesh e Myanmar.
Giacarta, 12 maggio 2015 -
La piaga dei trafficanti di disperati non è un'esclusiva del Mediterraneo,
anche se nel resto del mondo l'approccio è diverso. La Marina indonesiana ha
infatti soccorso in mare almeno 400 migranti in fuga da Myanmar e Bangladesh ma
si sono limitati a rifornire di carburante il battello a bordo del quale si
trovavano per poi trainarlo al di fuori delle acque nazionali, a largo delle
coste di Aceh, una delle isole dello sterminato arcipelago. "È stato
trainato fuori dal territorio indonesiano", ha spiegato il portavoce della
Marina di Giacarta, Manahan Simorangkir, aggiungendo: "Abbiamo dato loro
carburante e abbiamo chiesto loro di procedere (oltre). Non li abbiamo
obbligati a proseguire verso la Malaysia o l'Australia. Questo non è affar
nostro. Noi dobbiamo invece impedire che entrino in Indonesia perché non è la
loro destinazione finale".
5b) Birmania: 350 migranti in mare da giorni
Abbandonati alla deriva su
un barcone senza acqua né cibo (ANSA, tutti i diritti riservati all’autore e
alla testata) - BANGKOK, 12 MAG - Circa 350 migranti Rohingya in fuga dalla
Birmania sono stati abbandonati a bordo di un barcone al largo del sud della
Thailandia, senza carburante e ormai senza cibo né acqua da tre giorni. Lo
denuncia Chris Lewa, responsabile dell'Arakan Project, un'associazione che
monitora le condizioni della minoranza musulmana discriminata in Birmania. "Hanno
chiesto aiuto", ha detto Lewa dopo essere riuscita a mettersi in contatto
con uno di loro, aggiungendo che una cinquantina sono donne.
E così si scopre che non
ci sono solo i migranti del Mediterraneo che fanno capolino sui media, specie
se ci sono cifre da sballo di morti, ma anche in tutto il mondo ci sono
migranti più o meno conosciuti (Messico, Medio Oriente, popolazioni dell’Asia, delle
Filippine, del Vietnam e molti altri che fuggono dai loro paesi martoriati per
non arrivare o arrivare spogliati di tutto in campi di raccolta che li vedono
come il fumo negli occhi). Sì, ci sono anche loro, anche se politici o ministri
sono talmente miopi che si interessano solo di una fetta e di loro che pesa sul
loro paese e basta. La marina indonesiana giorni fa ha aiutato un barcone o
carretta carica di migranti, li ha soccorsi e dato loro del carburante, poi un
calcio in quel tal posto e rimandati in mare.
L'Indonesia e la Malaysia
hanno raggiunto un accordo per ospitare temporaneamente migliaia di migranti
bloccati in mare. Si tratta di una potenziale svolta nella crisi umanitaria che
attraversa il sudest asiatico da settimane. L'annuncio è arrivato dal Ministro
degli Esteri malese, Anifah Aman, dopo un incontro con le sue controparti
indonesiana e thailandese. Gran parte dei migranti appartiene alle minoranza
musulmana dei Rohingya in Birmania, altri provengono dal Bangladesh.
Trecentotrenta migranti sono stati salvati stamattina da pescatori al largo
delle coste dell'Indonesia sono stati portati sulla terra ferma da più di dieci
barche di pescatori. Nelle scorse ore altri 102 migranti erano stati tratti in
salvo al largo della provincia indonesiana di Aceh. Erano rimasti bloccati in
mare per più di quattro mesi. "Erano disidratati, deboli e affamati",
ha dichiarato l'Agenzia di ricerca e soccorso di Langsa, nella provincia di
Aceh.
Accordo Malaysia-Indonesia su migranti. Accoglienza temporanea di
migliaia di persone bloccate in mare 20/05/2015 daKoimano.com del 20/05/2015 (Tutti i diritti riservati all’autore
e alla testata).
Ogni commento è superfluo
perché questo vuol dire rimettere la gente stremata alla mercé del mare e di
dove arriveranno. Gli episodi di intolleranza verso i migranti ci sono anche
nell’UE, qualche volta ripreso, qualche volta no, passa nemmeno nelle ultime pagine
accanto ai necrologi, appunto.
Poveri migranti! Dalla
padella nella brace e poi non hanno il diritto di ribellarsi a trattamenti per
nulla umani? Diciamo ai politici, nella fattispecie italiani, di guardare oltre
i loro paraocchi e che, se si fanno leggi per dar forma a qualche trattamento
dall’Africa verso l’Europa, guardiamo oltre, negli altri mari o deserti, e
diamo qualche briciola anche a chi si interessa in modo più allargato degli
altri umani, non extraterrestri, ma che vivono in altre terre, presso altri
mari dove ci sono bambini che hanno gli stessi diritti di quelli europei o che
arrivano in Europa.
Svegliamoci, non facendo
passerelle inutili e che lasciano il tempo che trovano: quasi nessuno può già
vedere la lentezza con cui si affrontano questi argomenti, sparando anche
corbellerie proprie di chi non sa quel che dice.
Tutto il mondo è in subbuglio e i migranti ci sono e ci saranno
sempre. Forse non ci si ricorda che decenni fa in un viaggio dimostrativo di
alcune navi italiane da vendere si raccolsero dei boat people e li si portarono
in Italia (1975 e dopo l’invasione del Vietnam del nord nel Vietnam del sud per
imporre il regime comunista). Troppi hanno la memoria corta e troppi sono
quelli che vanno in cerca di pane e lavoro per i figli e loro stessi, rimettendoci
spesso e volentieri anche la pelle (La fotografia, divenuta un simbolo del
conflitto, mostra Kim Phuc all'età di nove anni mentre, completamente nuda,
fugge da un villaggio correndo lungo una strada insieme ad altri bambini anche
loro nelle stesse condizioni, dopo essere stata gravemente ustionata sulle
braccia e sulla schiena da un bombardamento al napalm delle forze aeree del
Vietnam del sud. La fotografia fu scattata da Nick Út. Nel 8/06/1972. Ma ora
Kim è passato remoto e tutto tace assieme agli bambini altri morti ustionati
dalle bombe al naplam).
Ma le statistiche che ci sciorinano le notizie ufficiali approvate
dai loro direttori tengono conto di questi morti mondiali che continuano ad
aumentare di numero talvolta senza dare il minimo segno di sé? I macellai di
questo scempio agiscono ancora oggi alla faccia dell’ONU. Cerchiamo con i media
di aiutare questa gente con trasmissioni o relazioni che svergognino chi
dovrebbe proteggere ed invece fa grandi discorsi, ma nessun atto fattivo specie
con le centinaia di bambini che muoiono senza il diritto alla vita che è il
solo vero diritto fondamentale della razza umana.
6) Nuovo orrore dell'ISIS: uccise 23 persone,
9 sono bimbi
Venerdì
15/05/2015 da inTopic (Tutti i diritti riservati all’autore e alla testata, La
voce)
L'ISIS
semina ancora orrore a Palmira, storica città siriana. I jihadisti dello stato
islamico hanno ucciso 23 persone, di cui 9 bambini, vittime che vanno a
sommarsi alle 26 di ieri. Il direttore dell'Osservatorio nazionale per i
diritti umani, Rami Abdel Rahman, ha detto che tra le persone uccise
dall'attacco dell'ISIS vicino Palmira ci sono familiari di impiegati del
governo siriano. L'ISIS semina
ancora orrore a Palmira, storica città siriana. I jihadisti dello stato
islamico hanno ucciso 23 persone, di cui 9 bambini, vittime che vanno a
sommarsi alle 26 di ieri. Il direttore dell'Osservatorio nazionale per i
diritti umani, Rami Abdel Rahman, ha detto che tra le persone uccise
dall'attacco dell'ISIS vicino Palmira ci sono familiari di impiegati del
governo siriano.
7) Stragi di cristiani in Nigeria, 10 mila orfani per mano di Boko
Haram
(inTopic.it 14/05/2015,
tutti i diritti riservati all’autore e alla testata)
Secondo il rapporto della ONG
«Aid to the Church in Need» nella diocesi di Maiduguri, negli ultimi 6 anni, ci
sono state 500 uccisioni REUTERS Nigeriani in fuga da Boko Haram,
14/05/2015 (Maurizio Molinari,
corrispondente da Gerusalemme -
Tutti i diritti riservati all’autore e alla testata).
È il territorio della
diocesi di Maiduguri, nel Nord-Est della Nigeria, ad essere teatro delle più
efferate violenze contro i cristiani avvenute negli ultimi 6 anni da parte di
Boko Haram: a descrivere mappa e numeri di questi attacchi jihadisti è un
rapporto redatto da un gruppo di ONG nigeriane guidate da «Aid to the Church in
Need» (Aiuto alla Chiesa in Bisogno). «Oltre
5000 cristiani sono stati uccisi e di conseguenza vi sono almeno 7000 vedove e
10 mila orfani» si legge nel testo, che stabilisce anche «ad oltre 100 mila» il
numero dei senzatetto, obbligati a lasciare villaggi e piccoli centri a seguito
di attacchi sistematici da parte dei miliziani di Boko Haram che hanno portato
anche alla distruzione di almeno 350 chiese. La maggioranza di tali violenze e
distruzioni sono avvenute sul territorio della diocesi di Maiduguri, che
include gli Stati di Borno e Yobo come una parte di Adamawa. I jihadisti di
Boko Haram occupano ormai almeno l’85 per cento di quest’area ed hanno
trasformato in loro basi, alloggi e centri di addestramento centinaia di
edifici che in precedenza ospitavano scuole, parrocchie e centro sociali
gestiti dalla Chiesa. «La gente ha paura, è terrorizzata» afferma Gideon
Obasogie, direttore delle comunicazioni della diocesi, secondo cui
l’efferatezza delle violenze è aumentata “dopo l’adesione di Boko Haram” al
Califfato dello Stato Islamico di Abu Bakr al-Baghdadi. In complesso, il
governo nigeriano attribuisce a Boko Haram circa 13 mila vittime.
Le notizie si accavallano
le une sulle altre facendo quasi dimenticare gli assassini precedenti e le
criminali e comuni mattanze nei paesi, nelle comunità che l’ISIS scatena sempre
con captadon ed affini, per esaltare meglio i suoi carnefici. Le notizie sono
tante ed hanno in comune le solite realtà tragiche a carico delle popolazioni
che invadono e fanno fuggire (se possono).
Bambini, donne e anziani
massacrati con cattiveria la più spinta possibile. I super-stati tipo quelli
appartenenti a UE e ONU fanno qualcosa, qualche
nazione aiuta veramente anche con la guerra, rinforzando le difese, anche se la
guerra non è il sistema migliore per far ragionare quegli estremisti che
sembrano fatti più di odio che di carne umana.
Possibile che il pensiero
troppo sollecitato è che lasciano fare, come hanno fatto da altre parti, in
attesa che le soluzioni le prenda chi è nel vivo della battaglia? Siamo a
questo punto carne cosiddetta da cannone e basta, nessuna umanità vera nel dare
una mano a quelle popolazioni per cui l’unico rifugio è incappare nel traffico
di essere umani ed entrare nella spirale di altre violenze terrestri e poi del
mare e delle carrette che trasportano queste popolazioni disperate?
E se Boko Haram è uno dei
criminali, non meno negli altri mari o confini terrestri altri migranti si affidano
sempre a trafficanti di esseri umani locali, forse più ramificati di quello che
si pensa. Da noi le notizie di questi disperati arrivano in sordina, filtrate
da qualche mano criminale anch’essa, ma ci sono come i migranti mediterranei, nessuna
differenza: gente che è disperata,che cerca una soluzione migliore e si butta
alla ventura incappando sempre più in situazioni tragiche.
C’è da dare spazio e onore
a quelle vere associazioni di volontariato che si danno da fare per aiutare
queste persone a vivere e che sono sperse dovunque c’è questo fenomeno tragico
e disumano.
Grazie a queste
associazioni vere ed esemplari per tutti gli umani dormienti o che se ne
fregano di un migrante in più o in meno, anzi…
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