1) Due buone notizie
Finalmente due notizie che fanno onore all’umanità che è presente in tutti, specie nei bambini e in chi si ravvede e compie una giustizia vera, anche se potenzialmente circola sempre la solita corruzione e le false, notizie che si tentano di contenere o di fermare.
Sono citati articoli che riguardano la tregua umanitaria in paesi sfiancati dalla guerra ed una bella notizia che la Svizzera onorerà certamente è la restituzione dei soldi dell’ex dittatore nigeriano ai poveri del paese. La Svizzera ha fatto un grande passo: speriamo che prendano le misure necessarie perché i soldi non finiscano nelle tasche di qualche impiegato o politico per così rendere vana la giustizia della Svizzera di rendere i soldi a coloro cui sono stati rubati. Grazie al Governo Svizzero ed alla sua umanità.
1a) Siria, prima tregua umanitaria “Donne e bambini via da Homs”
La Stampa - 26.01.2018
Annuncio di Brahimi da Ginevra: il regime autorizza l’evacuazione. Ma per il Paese governato da Assad si affaccia l’ipotesi spartizione
Dopo due giorni di difficili colloqui, la conferenza di Ginevra2 per la Siria sembra aver sortito il primo, limitato risultato. Un accordo è stato raggiunto per consentire alle donne e ai bambini di lasciare la città vecchia di Homs, dove i ribelli hanno le loro basi, sottoposta ad un assedio governativo da un anno e mezzo.
«Spero - ha detto il negoziatore dell’Onu e della Lega Araba, Lakhdar Brahimi in una conferenza stampa alla fine dei colloqui odierni - che stiamo arrivando a una soluzione per tutti i civili a Homs. Le donne e i bambini sono liberi di partire immediatamente. Anche gli uomini lo potranno fare, ma prima il governo richiede una lista dei nomi».
L’intento di Brahimi è quello di posporre per il momento le discussioni sul futuro politico della Siria per evitare una rottura immediata delle trattative e di concentrarsi su questioni pratiche che aiutino a costruire la fiducia reciproca. «Certo - ha ammesso - procediamo lentamente, ma qualche volta questo è il modo migliore per procedere velocemente». I negoziati dovrebbero continuare in questo modo fino a venerdì prossimo, 31 gennaio, per dare poi spazio a una pausa di nove giorni, secondo quanto hanno detto all’ANSA fonti della Coalizione dell’opposizione presenti in Svizzera. I colloqui di oggi dovevano affrontare anche la questione dei prigionieri e delle persone rapite. «Ma abbiamo dedicato la maggior parte del nostro tempo alla questione di Homs», ha detto Brahimi. Cioè sia all’evacuazione dei civili intrappolati dai combattimenti sia ad un primo convoglio umanitario che l’Onu ha chiesto alle autorità di poter fare entrare nella parte assediata della città. Ma l’autorizzazione non c’è ancora.
Il risultato raggiunto oggi segna un punto a favore dei ribelli, che premevano per far iniziare il cessate il fuoco proprio da Homs mentre il regime spingeva per dare la precedenza ad Aleppo, facendo prevalere opposte necessità tattiche: sono le città in cui ognuna delle parti è più in difficoltà. Come spiega oggi su La Stampa dall’inviato a Ginevra Maurizio Molinari, dopo quasi tre anni di guerra civile la Siria è un Paese sempre più spaccato. Mentre Assad guadagna terreno in aree strategiche - Damasco, il confine libanese e la periferia di Aleppo (la città simbolo della carneficina siriana) - , i ribelli hanno accresciuto il controllo a nord est. Ma devono vedersela con le proprie divisioni interne, prima fra tutte le lotte tra moderati e jihadisti di Al Nusra e l’assoluta superiorità aerea e tecnologica del regime. Una situazione intricata, difficile da sciogliere, che potrebbe incanalare i negoziati verso una svolta a sorpresa. Al tavolo di Ginevra si valuterebbe infatti l’ipotesi di spartizione del Paese in tre aree: una provincia Alawita in mano al regime di Damasco, una provincia Sunnita guidata dai ribelli e una possibile provincia curda a nord est. Ecco la mappa che fornisce una radiografia nitida dei possibili scenari futuri, frutto delle informazioni che più Paesi hanno trasmesso all’Onu.
Ma mentre vanno avanti i colloqui, sul terreno non si fermano i combattimenti. Scontri sono avvenuti anche oggi in alcuni quartieri periferici di Damasco e di Aleppo. Mentre sette persone, riferisce l’agenzia governativa Sana, sono rimaste ferite da un colpo di mortaio lanciato dai ribelli che si è abbattuto sul quartiere cristiano di Bab Tuma, nel centro della capitale. Ad Aleppo, secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, un ragazzo di 15 anni è rimasto ucciso da un cecchino delle forze lealiste, dopo che ieri 13 persone, di cui sei bambini, erano morte in un raid aereo governativo nel quartiere di Al Salhin.
Raid israeliano a Latakia
In Siria, nella notte, si è verificato una forte esplosione nella città costiera di Latakia. Potrebbe trattarsi di un raid israeliano pr colpire un deposito di armi. Già ad ottobre scorso i jet israeliani avevano colpito la città.
Ricordiamo questo articolo del 9 agosto 2016:
Siria, Onu chiede tregua umanitaria ad Aleppo: due milioni di persone senza acqua e luce
09/08/2016 10:35 CEST | Aggiornato 09/08/2016 10:36 CEST
Oltre due milioni di civili ad Aleppo, nelle aree sia sotto il controllo dei ribelli sia dei governativi, sono senza elettricità e senza accesso alla rete idrica a causa di bombardamenti che hanno colpito gli impianti di distribuzione negli ultimi giorni. Lo afferma l'Onu, che chiede una tregua umanitaria di 48 ore perché siano riparati gli impianti e ricostituite le scorte di cibo e medicinali per la popolazione.
In un comunicato ricevuto dall'ANSA, Yacoub el Hillo, coordinatore residente dell'Onu per gli affari umanitari in Siria, e Kevin Kennedy, coordinatore umanitario regionale per la crisi siriana, sottolineano che, dopo l'interruzione della rete idrica, "l'acqua dei pozzi e delle cisterne non è nemmeno lontanamente sufficiente per rispondere alle esigenze della popolazione". El Hillo e Kennedy aggiungono che nelle ultime settimane vi sono stati "innumerevoli civili uccisi e feriti" nei bombardamenti da entrambe le parti, mentre "continuano gli attacchi su ospedali e cliniche".
"Le Nazioni Unite - sottolineano ancora i due rappresentanti - sono pronte ad assistere la popolazione civile di Aleppo, una città ora unita nella sofferenza. I civili, compresi i malati e i feriti, devono essere raggiunti con operazioni per le vie più rapide attraverso le linee e attraverso la frontiera dalla Turchia. Devono essere assistiti senza discriminazioni e ovunque si trovino. Tutte le parti devono garantire la sicurezza, la salvezza e la dignità di tutti i civili".
Esperti militari russi e americani stanno discutendo a Ginevra, alla presenza di rappresentanti dell'Onu, della possibilità di introdurre un regime di cessate il fuoco di 48 ore ad Aleppo per consentire di aiutare la popolazione civile: lo fa sapere il rappresentante della Russia presso le Nazioni Unite a Ginevra, Alexiei Borodavkin. Secondo Borodavkin, inoltre, si discute anche della "lotta congiunta contro il terrorismo"
Ricordiamo anche questo articolo del 4 dicembre 2017:
Yemen: l'Onu invoca tregua umanitaria
'Insostenibile la situazione dei civili, impossibile aiutarli'
(ANSA) - GINEVRA, 4 DIC - Estremamente preoccupato per il livello di violenza a Sanaa, capitale yemenita, il coordinatore umanitario dell'Onu per lo Yemen ha chiesto oggi un'immediata pausa umanitaria dei combattimenti nella città.
"Invito tutte le parti coinvolte nel conflitto a consentire con urgenza una pausa umanitaria martedì 5 dicembre tra le 10.00 e le 16.00 per permettere ai civili di lasciare le loro case e cercare assistenza e protezione e per facilitare gli spostamenti degli operatori umanitari", ha affermato il coordinatore umanitario per lo Yemen, Jamie McGoldrick, in una dichiarazione resa nota a Ginevra.
Le strade della città sono diventate campi di battaglia e le persone sono intrappolate nelle loro case, incapaci di muoversi per cercare salvezza, assistenza medica, cibo, carburante e acqua potabile, afferma McGoldrick. Anche le ambulanze e le squadre mediche e gli operatori non possono operare a causa degli scontri, ha aggiunto.
(Continua su: http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2017/12/04/yemen-lonu-invoca-tregua-umanitaria_16218fab-5319-4bda-ab7a-4cc2a6131943.html).
Non si sa bene se queste richieste di tregua da parte dell’ONU abbiano funzionato: si riferiscono a civili martoriati soprattutto nello Yemen e nella capitale Sanaa, ma ci si può sperare poco perché i controlli mettono a repentaglio anche la vita degli osservatori.
Il 6 dicembre del 2017 compaiono i seguenti articoli:
Onu boccia legge contro tortura in Italia: non conforme, cambiatela
La legge approvata dall'Italia per istituire il reato di tortura non è conforme alle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite e deve essere modificata. Lo afferma l'apposito Comitato Onu che ha presentato a Ginevra le proprie conclusioni. Tra i rilievi mossi all'Italia, che ha presentato la propria relazione a novembre, anche alcuni aspetti della politica migratoria, tra cui l'accordo con la Libia ed il regime carcerario duro del 41bis.
(Continua su: http://www.tgcom24.mediaset.it/politica/onu-boccia-legge-contro-tortura-in-italia-non-conforme-cambiatela_3110714-201702a.shtml).
L'Onu boccia la legge sulla tortura in Italia: “Non è conforme, va cambiata”
Il Comitato delle Nazioni Unite ha chiesto al governo italiano di modificare la norma, perché ritiene incompleta la definizione contenuta nel testo“
Il Comitato delle Nazioni Unite ha chiesto al governo italiano di modificare la norma, perché ritiene incompleta la definizione contenuta nel testo“
Secondo il Comitato Onu, la legge approvata dall'Italia per istituire il reato di tortura non è conforme alle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite. Nelle conclusioni presentate a Ginevra sulla relazione presentata dall'Italia a Novembre, il Comitato ritiene che la definizione contenuta nella legge "sia incompleta in quanto non menziona lo scopo dell'atto in questione". Inoltre tale reato non include informazioni specifiche sull'autore, con riferimenti ai pubblici ufficiali. La legge contiene anche una "definizione significativamente più ridotta di quella contenuta nella Convenzione e stabilisce una soglia più elevata per il reato".
La richiesta di modifica
Per questi motivi l'apposito Comitato dell'Onu ha chiesto all'Italia di"portare il contenuto dell'articolo 613-bis del Codice Penale in linea con l'articolo 1 della Convenzione, eliminando tutti gli elementi superflui e identificando l'autore e i fattori motivanti o le ragioni per l'uso della tortura". Il principale problema, secondo gli esperti, sta nelle discrepanze tra la definizione della Convenzione e quella incorporata nel diritto interno, una differenza che potrebbe aprire le porte a potenziali impunità. L'Onu si è anche raccomandato con l'Italia che le denunce per tortura, maltrattamenti e uso eccessivo della forza siano esaminate in modo imparziale, così che le vittime possano ottenere giustizia.
41 bis e migranti
Anche sul regime di detenzione speciale, meglio conosciuto come 41 bis, l'Italia dovrà allinerasi con gli standard internazionali sui diritti umani. Gli elogi sono arrivati invece per il piano d'azione contro la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani e per combattere la violenza contro le donne. Gli esperti hanno apprezzato in particolar modo gli sforzi compiuti dall'Italia per fronteggiare l'arrivo, sempre più massiccio, di richiedenti asilo, chiedendo però al governo italiano di garantire che le procedure accelerate previste dagli accordi di riammissione e dalla legge siano soggette a "una valutazione approfondita caso e per caso dei rischi di violazione del principio di non respingimento".
Chissà perché gli italiani, o meglio i politici italiani, debbono sempre essere rimproverati e non per bazzecole, perché la legge sulla tortura è una futura legge molto seria che dovrebbe salvaguardare i cittadini in primis e poi regolare l’apparato statale che ad esempio ha fatto quel macello al G8 di Genova. Sembrerebbe che invece c’è qualcosa che non tutela i cittadini, ma leggere ed interpretare certe leggi è complicato: Chi le scrive usa linguaggi, a volte, per nulla comprensibili alla gente comune che magari non ha il PC o altri strumenti per essere informati.
1b) La Svizzera restituisce ai nigeriani i soldi dell'ex dittatore. "Ma devono andare ai poveri"
Confederazione, Nigeria e Banca Mondiale si sono accordate per far rientrare a Lagos 321 milioni di dollari, intascati dal defunto dittatore, Sani Abacha. Quest'ultimo, al potere dal '93 al '98, depredò la banca centrale del suo paese di 2,2 miliardi di dollari
di FRANCO ZANTONELLI - 08 Dicembre 201
l motto spesso travisato di fornire gli aiuti alle popolazioni in maggiore difficoltà direttamente nelle loro società e sui loro territori si può mettere in pratica anche restituendo loro i capitali di cui si sono impossessati dittatori senza scrupoli. A condizione che quei soldi servano, davvero, a migliorare le condizioni di vita di popolazioni che sono state spogliate per anni.
È con questo spirito che Svizzera, Nigeria e Banca Mondiale si sono accordate per far rientrare a Lagos 321 milioni di dollari, intascati dal defunto dittatore, Sani Abacha. Quest'ultimo, al potere dal '93 al '98, depredò la banca centrale del suo paese di 2,2 miliardi di dollari. Parte dei 321 milioni che rientreranno in Nigeria, grazie ad un accordo che la Confederazione elvetica e le autorità dello Stato africano sottoscrissero nel marzo dello scorso anno, oltre che al saccheggio dell'istituto di emissione, va fatta risalire a una gigantesca mazzetta che sarebbe stata versata all'entourage di Abacha, per la costruzione di un complesso siderurgico, da parte del gruppo tedesco Ferrostal.
"La restituzione dei fondi- dichiarò lo scorso anno il ministro degli Esteri elvetico, Didier Burkhalter -avverrà con la supervisione della Banca Mondiale, per fare in modo che essi vengano impiegati a sostegno di programmi sociali, destinati alla popolazione nigeriana". È dal 2015 che l'attuale presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, si è impegnato a recuperare quelle che ha definito "incredibili somme di denaro", sottratte al suo paese nell'arco di decenni.
In effetti, dal 2005 ad oggi, solo la Svizzera ha già fatto rientrare, nelle casse nigeriane, circa un miliardo di dollari, frutto della corruzione. Per restituire i 321 milioni di cui stiamo parlando, occultati come ultimo rifugio in Lussemburgo, dopo essere transitati dalla Germania, Berna ha impiegato 15 anni.
(Continua su: http://www.repubblica.it/economia/2017/12/08/news/la_svizzera_restituisce_ai_nigeriani_i_soldi_dell_ex_dittatore_ma_devono_andare_ai_poveri_-183141958/?rss)
2) Alto Adige, auto finisce in un dirupo: bimbo eroe di 6 anni chiede aiuto e salva la mamma
Alto Adige, auto finisce in un dirupo: bimbo eroe di 6 anni chiede aiuto e salva la mamma
E’ successo la sera del 23 dicembre su una strada di montagna in Val d’Ega. La vettura sulla quale viaggiavano è uscita di strada forse a causa del manto ghiacciato: il bimbo, illeso, mentre la madre era incastrata tra le lamiere, è riuscito ad allertare i soccorsi salvandole la vita.
24 DICEMBRE 2017 14:29 di Ida Artiaco
Tragedia sfiorata in Alto Adige, dove una donna di 38 anni è stata salvata dal suo bambino, di soli 6 anni, in seguito a un drammatico incidente stradale. E' successo sabato 23 dicembre su una strada provinciale di montagna in Val d'Ega, che collega San Valentino in Campo a Bolzano intorno alle 18:00. L'auto sulla quale viaggiavano la mamma e il figlio è, infatti, uscita di strada probabilmente in un punto dove l'asfalto era particolarmente ghiacciato, finendo la sua corsa in una scarpata dopo circa 150 metri.
La 38enne, di origini brasiliane, è rimasta incastrata tra le lamiere della vettura e, ferita, non riusciva a muoversi. Il figlio, però, illeso, non si è perso d'animo, ha impugnato il cellulare e ha chiamato il 112, spiegando cosa era appena successo e dando indicazioni utili a individuare il punto in cui erano finiti. A questo punto, si è messa in moto la macchina dei soccorsi, tra Aiut Alpin, vigili del fuoco volontari, Croce Bianca, soccorso alpino, carabinieri, per una operazione di recupero durata molte ore fino a notte inoltrata.
La mamma è stata trasportata in ospedale a Bolzano, dove le è stato diagnostica un politrauma ma stando a quanto riportato dai medici non sarebbe in pericolo di vita. Gli inquirenti sono comunque a lavoro per verificare le cause dell'incidente che sarebbe potuto finire in dramma senza l'intervento del piccolo eroe.
Ida Artiaco
(Continua su: https://www.fanpage.it/alto-adige-auto-finisce-in-un-dirupo-bimbo-eroe-di-6-anni-chiede-aiuto-e-salva-la-mamma/ - http://www.fanpage.it/)
Ecco un’altra notizia bella, e soprattutto, come al solito, la lezione è data da un bambino di sei anni agli adulti litigiosi e bugiardi. Il bambino di sei anni assiste ad un incidente della mamma che è caduta e non riusciva a muoversi. Il bambino non si è perso d’animo ed ha preso il cellulare della mamma ed ha chiamato i soccorsi che hanno trovato la mamma assistita dal bambino. Certamente non gli daranno una medaglia, perché le hanno già date a politici e circonvicini che aspettano i riconoscimenti. Lui ha pensato a sua mamma e basta. Questa non è l’unica lezione impartitaci dall’infanzia che soccorre i propri genitori infortunati, ed è bruciante per noi adulti ricevere queste lezioni di umanità che ci svergognano della nostra insensibilità e solo voglia di fare guerre, anche se c’è chi predica la pace, ma non è molto ben visto da tanti.
Ringraziamo quel bambino che si è mostrato umano e non ha pensato a salvare se stesso, ma la sua mamma. Grazie ancora e tanti auguri di ogni bene e di crescere sempre con tanta umanità: vedrai che Chi ti ricompensa c’è; sei già scritto in un libro inconsutile del Creatore. Ciao a te ed a tutti quei bambini che salvano gli adulti: ce ne sono tanti ed in tutto il mondo.
Finalmente degli articoli di buona stampa che non ci somministrano sempre notizie da paura, ma qualche volta ci parlano di un atto di nobiltà di cuore e di vera giustizia.
Grazie a tutti quei veri volontari che aiutano gli indigenti (non chiamiamoli sempre poveri, che è anche un modo offensivo di etichettare le persone adulti e bambini.
3) Filippine, il tifone Tembin flagella Mindanao: 240 morti, oltre un centinaio i dispersi
Il tifone Tembin ha colpito duramente il sud delle Filippine, flagellando in particolare l’isola più grande dell’arcipelago, Mindanao
25 dicembre 2017 10:45 | Danilo Loria
Il tifone Tembin ha colpito duramente il sud delle Filippine, flagellando in particolare l’isola più grande dell’arcipelago, Mindanao, abitata da 20 milioni di persone, con raffiche di vento a 125 km/h e piogge torrenziali, spazzando via villaggi di montagna. Le vittime al momento sarebbero almeno 240. I dispersi sono oltre un centinaio. Migliaia di sfollati trascorreranno il Natale in tenda. Oltre 20.800 famiglie hanno trovato ospitalità in 26 rifugi nel sud, mentre altre 16.500 famiglie hanno trovato riparo dai parenti. La violenta tempesta tropicale ha provocato frane e alluvioni soprattutto nelle province di Lanao del Norte e Lanao del Sur e nella penisola di Zamboanga.
(Per approfondire: http://www.strettoweb.com/2017/12/filippine-il-tifone-tembin-flagella-mindanao-240-morti-oltre-un-centinaio-i-dispersi/641245/#qH3Xsy1zVXZDzhZA.99).
Anche la natura si fa sentire con violenza lasciando sul terreno morti e devastazione. Si tenta invano di governare la natura con tutti i satelliti che vogliamo, ma lei opera per conto proprio. Nelle Filippine i morti accertati sono attorno ai 300, i dispersi sono approssimativamente un centinaio e coloro che sono fuggiti dalle loro abitazioni circa 70.000. Questi i dati, che vengono pubblicati in moltissimi articoli, presentano cifre che vanno aggiornandosi in peggio.
Si spera in una umanità che soccorra chi ha subito disgrazie o danni e che è esposto ad altre silenziose catastrofi che potrebbero succedere e che succedono.
Grazie ancora a quei volontari che si sono attivati nel soccorso di quelle popolazioni senza chiedere nulla e che sono sul posto, perseguitati anche loro dalla furia degli elementi che si succedono annualmente senza provocarli: una terribile e imprevedibile piaga che colpisce tutti quelli che non sono potuti fuggire per tempo.
Per fortuna nell’umanità c’è ancora chi aiuta senza chiedere nulla ed esponendosi a pericoli imprevedibili e soprattutto reali, non virtuali.
4) DIRITTI NEGATI - Infanzia nel mondo: Unicef, nel 2017 sempre più bambini “sotto attacco”
28 dicembre 2017 @ 11:07
Nei conflitti in tutto il mondo i bambini sono stati utilizzati come scudi umani, uccisi, mutilati e reclutati per combattere. Stupro, matrimonio forzato, rapimento e riduzione in schiavitù sono diventate delle tattiche normali nei conflitti in Iraq, Siria, Yemen, Nigeria, Sud Sudan e Myanmar. Lo afferma l’Unicef stilando un bilancio del 2017.
Nei primi 9 mesi di quest’anno in Afghanistan circa 700 bambini sono stati uccisi. Nel Nord Est della Nigeria e in Camerun, Boko Haram ha costretto almeno 135 bambini ad agire in attacchi bomba suicidi; in Repubblica Centrafricana un rilevante incremento delle violenze ha causato la morte, lo stupro, il rapimento e il reclutamento da parte di gruppi armati di diversi bambini. Nella regione del Kasai, nella Repubblica Democratica del Congo, le violenze hanno costretto 850mila bambini a lasciare le proprie case. In Iraq e in Siria, i bambini sono stati intrappolati sotto assedio e diventati obiettivi di cecchini. In Myanmar, i bambini Rohingya hanno sofferto e assistito a terribili e diffuse violenze. In Sud Sudan oltre 19.000 bambini sono stati reclutati da forze e gruppi armati e oltre 2.300 bambini sono stati uccisi o feriti dall’inizio del conflitto a dicembre 2013. In Somalia, nei primi 10 mesi del 2017, sono stati registrati 1.740 casi di reclutamento di bambini. In Yemen almeno 5.000 bambini sono morti o sono stati feriti, ma il numero reale potrebbe essere molto più alto. Oltre 11 milioni di bambini hanno bisogno di assistenza umanitaria.
“Violenze di questo tipo – afferma Manuel Fontaine, direttore dei programmi di emergenza dell’Unicef – non possono rappresentare una nuova normalità”. L’Unicef chiede, pertanto, a tutte le parti in conflitto di rispettare gli obblighi del diritto internazionale per porre immediatamente fine alle violazioni contro i bambini e all’utilizzo di infrastrutture civili – scuole e ospedali – come obiettivi, e chiede a tutti gli Stati che possono esercitare influenza sulle parti in conflitto di intervenire per proteggere i bambini.
(Continua su: https://agensir.it/quotidiano/2017/12/28/infanzia-nel-mondo-unicef-nel-2017-sempre-piu-bambini-sotto-attacco/).
“Sotto attacco” vuol dire che i bambini (non importa l’età, anche se hanno tre, quattro, cinque anni) sono usati in azioni estreme e logicamente a loro insaputa. Raffigurando un nemico che va ucciso, sono usati per tutte quelle azioni che prevedono solo la morte oppure gravi mutilazioni che li renderanno sempre più disabili per il loro futuro, se ne avranno uno. Ma i loro vigliacchi superiori se ne infischiano di quello che un bambino di quell’età potrebbe anche intuire: i bambini sono addestrati in ogni modo con droghe, violenze fisiche, sessuali, psicologiche, che impongono loro la paura di tutto, tranne quella di far fuori il nemico che è dipinto nel modo più emozionale per meglio sviluppare (se possibile) anche l’odio per lui. I bambini sono così incitati a uccidere il “nemico” anche a colpi di rivoltella e altro, in modo tale che in un attimo la loro infanzia è distrutta, lasciandoli in preda a una confusione mentale governata dalla paura e dal terrore di essere puniti con ogni tipo di violenza: ciò li spinge solo ad obbedire ai capi del momento e ad affrontare ogni impresa. I ricatti sono all’ordine del giorno, anche da parte dei familiari. A questi si accompagnano rituali pseudoesoterici o religiosi, che li portano a vivere nell’incubo costante di essere uccisi dai loro stessi compagni se sbagliano o tentano di svicolare dall’indottrinamento e (magari) fuggire. Tuttavia, il più delle volte non sanno nemmeno dove sono stati portati: conoscono solo le ingiurie e le violenze di chi li comanda.
5) Un occhio chiuso: la potente campagna per Karim, il bimbo più martoriato del mondo
Karim, un bimbo siriano di appena due mesi, porterà per sempre le cicatrici della guerra. A seguito di ben due bombardamenti è prima rimasto orfano e poi ha perso l’occhio sinistro. La sua foto è diventata il simbolo del dolore e della sofferenza di migliaia di bambini, vittime innocenti del conflitto che da oltre sei anni sta martoriando la Siria.
GUERRA IN SIRIA 20 DICEMBRE 2017 15:50 di Mirko Bellis
Karim ha poco più di due mesi ma porterà per sempre con sé le cicatrici della guerra. Aveva solo pochi giorni di vita quando, a fine ottobre, un attacco aereo ha colpito un mercato a Hammuria, la sua città natale nella Ghouta orientale, a pochi chilometri da Damasco. Quel giorno, sua madre stava comprando della frutta assieme al piccolo ed è morta nel bombardamento. Karim, invece, è rimasto ferito. Dieci giorni dopo, un altro raid ha centrato la sua casa e una scheggia ha provocato al bimbo gravi lesioni al cranio e la perdita dell’occhio sinistro. La foto di Karim, con i segni di una profonda ferita alla testa, portato in braccio dal fratellino di 11 anni è stata scattata ai primi di dicembre da Amer Almohibanyl, un fotografo free-lance. "Sono rimasto molto toccato da questa triste storia e non riuscivo a togliermela dalla testa”, ha dichiarato il fotografo. “Quando sono tornato a casa mi sono messo di fronte allo specchio e ho coperto un occhio con la mano per cercare di capire cosa provasse Karim”.
Due settimane dopo, il fotografo ha lanciato sui social network una campagna di sensibilizzazione per esprimere solidarietà al bimbo e richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla tragica situazione in cui vivono i civili nella Ghouta orientale, stretta d’assedio e sotto bombardamenti continui. In poco tempo l’hashtag #SolidarityWithKarim ha fatto il giro del mondo e migliaia di persone hanno pubblicato una loro foto con l’occhio sinistro coperto.
Bambini siriani, semplici cittadini e persino Matthew Rycroft, il rappresentante del Regno Unito all’Onu hanno voluto unirsi alla campagna di solidarietà con il piccolo Karim. Il diplomatico si è fatto fotografare tappandosi l’occhio con la mano, imitando il gesto diffuso sui social media. “Quando ci sediamo al Consiglio di sicurezza – ha scritto in un tweet l’ambasciatore – avvisiamo che l’assenza di intervento porterà la morte di ancora più persone. Altre scuole bombardate. Altri bambini sfregiati. Questo è ciò che vogliamo far capire. I bombardamenti e l'assedio della Ghouta orientale devono finire”.
I medici che hanno prestato i primi soccorsi a Karim hanno dichiarato che il piccolo ha sofferto la perdita di ossa craniche e gravi lacerazioni ai tessuti che hanno colpito il bulbo oculare. Senza un’assistenza specialistica – avvertono i dottori – il bimbo rischia di rimanere deturpato per sempre. Cure mediche che in questo momento non sono disponibili a causa dell’isolamento dell’intera zona, dal 2012 sotto assedio dell'esercito fedele ad Assad. “Karim è uno dei centinaia di casi nella Ghouta orientale: se i bombardamenti contro i civili non si fermeranno – ha affermato Moayed al-Halafi, dei Caschi bianchi – ci saranno cento o mille Karim”. “I medici di Ghouta – ha detto Nuor Qussai Nour, un giornalista locale che ha visitato il bimbo lunedì – si stanno prendendo cura di Karim, ma ha bisogno di specialisti in neurologia, oftalmologia e chirurgia estetica”.
Secondo l'Unicef, 137 bambini della Ghouta orientale devono essere evacuati immediatamente. L’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia ha dichiarato che cinque bimbi sono morti a causa della mancanza di cure mediche. Un bambino su otto è malnutrito e, come conseguenza dell’assedio, gli aiuti umanitari arrivano nella zona con il contagocce.
Mirko Bellis
(Continua su: https://www.fanpage.it/un-occhio-chiuso-la-potente-campagna-per-karim-il-bimbo-piu-martoriato-del-mondo/ http://www.fanpage.it/ - http://www.fanpage.it/).
6) Egitto, attacco a chiesta cristiana copta: almeno 10 morti, poteva essere una strage
I due aggressori hanno sparato all’impazzata ma uno di loro aveva anche un cintura esplosiva che non ha fatto esplodere. Uno è stato ucciso, l’altro ferito e catturato dalla polizia.
AFRICA 29 DICEMBRE 2017 15:53 di Antonio Palma
I cristiani copti ancora nel mirino in Egitto, venerdì mattina un altro sanguinoso attacco ad una chiesa locale ad Helwan, a sud del Cairo, è costato la vita ad almeno dieci persone oltre a numerosi altri feriti. Il già tragico bilancio però poteva essere una carneficina, secondo le autorità di polizia locale, visto che uno dei due attentatori indossava un cintura espulsiva che però non sarebbe riuscito a innescare. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, pare che i due terroristi abbiano aperto il fuoco fuori dalla chiesa di San Mena (Mar Mina), uccidendo un ufficiale di polizia e due agenti che erano di guardia al luogo di culto prima di rivolgere le armi contro i fedeli.
Altri poliziotti che si trovavano in zona hanno risposto al fuoco uccidendo uno degli aggressori e ferendo l'altro che è stato arrestato dopo una breve fuga a piedi. Secondo il portavoce del ministero della Salute egiziana, Khaled Megahed, i due uomini sarebbero arrivati davanti alla chiesa a bordo di una moto sparando all'impazzata su tutti quelli che erano all'esterno. I fedeli si sarebbero rintanati in chiesa. "Eravamo terrorizzati" ha spiegato alla Ap una donna di 40 anni, aggiungendo: "Appena abbiamo sentito gli spari, abbiamo sbarrato le porte. Siamo rimasti chiusi all'interno per oltre mezz'ora. Quando siamo usciti, fuori dalla chiesa, c'era sangue ovunque".
Purtroppo si tratta solo dell'ultimo attacco contro la comunità copta egiziana che rappresenta la minoranza religiosa più numerosa nella regione, circa il 10% dei 93 milioni di egiziani. Da anni sono nel mirino degli integralisti islamici e negli ultimi mesi gli attacchi si sono via via intensificati con sparatorie e frequenti attentati ai maggiori luoghi di ritrovo.
(Continua su: https://www.fanpage.it/egitto-attacco-a-chiesta-cristiana-copta-almeno-10-morti-poteva-essere-una-strage/ - http://www.fanpage.it/).
Notizie di chiese e moschee coinvolte nelle morse dell’ISIS in Egitto all’ordine del giorno e i morti, cioè i martiri, aumentano di giorno in giorno. Ricordiamo che l’Egitto è la terra dove si è rifugiato Gesù con la famiglia a 5/6 anni e perciò ha lasciato un mucchio di testimonianze (anche possibili leggende ingrandite col tempo), ma che hanno fatto sorgere chiese o luoghi di culto copti (si veda Terra Santa n. 6 dicembre 2017), per cui la parte antica del Cairo porta ancora tracce di cristianesimo.
7) Yemen, coalizione saudita fa strage di civili al mercato: 68 morti, 8 sono bambini
Il raid della coalizione saudita (armata anche da bombe esportate con il consenso del Parlamento italiano) ha causato decine di morti il 26 dicembre. Tra questi molti sono bambini.
MEDIO ORIENTE 28 DICEMBRE 2017 12:54 di Davide Falcioni
È di 68 civili uccisi, tra i quali otto bambini, e decine di feriti il bilancio di due attacchi aerei effettuati dalla coalizione guidata dall'Arabia Saudita in Yemen. La carneficina risale al 26 dicembre e a confermare i numeri della strage è stato oggi Jamie McGoldrick, coordinatore umanitario delle Nazioni Unite in Yemen. In un tweet il diplomatico ha spiegato che i raid sono stati condotti su un affollato mercato nel quartiere popolare di Al Hayma, nel distretto di Attazziah. Qui sono morte 54 persone, tra cui otto bambini, e i feriti sono stati 32, sei dei quali bambini. Poche ore più tardi altre 14 persone sono state uccise nel bombardamento di una fattoria da parte della coalizione a guida saudita nel distretto di Attohayta. "Questi incidenti – spiega McGoldrick – dimostrano il totale disprezzo per la vita umana di tutte le parti in conflitto, inclusa la Coalizione guidata dai sauditi".
Quella in Yemen è una guerra che, a differenza di quella siriana, ha catturato molto poco l'attenzione dell'opinione pubblica nonostante stia avendo conseguenze umanitarie devastanti. "Sono passati più di 1.000 giorni dall'inizio della crisi in Yemen e l'unico motivo per cui possiamo ancora continuare ad offrire assistenza a milioni di yemeniti è la generosità di una manciata di Paesi impegnati", ha affermato David Beasley, Direttore Esecutivo del World Food Programme (Wfp) dell'Onu. "Le popolazioni di questi Paesi e i loro governi stanno salvando vite in Yemen, ogni giorno, e noi li ringraziamo di cuore per il loro sostegno. La situazione, però, continua ad essere disperata, e abbiamo bisogno che altri governi donino subito in modo da poter mantenere le persone in vita. E, cosa più importante, chiediamo che si ponga fine al conflitto che sta causando questa catastrofe", ha aggiunto.
La sopravvivenza di più di 8milioni di cittadini yemeniti dipende dagli aiuti alimentari internazionali. Quasi l'80 percento dei finanziamenti al Wfp è stato garantito quest'anno dagli Stati Uniti, dalla Germania, dall'Unione Europea e dal Regno Unito. Gli Stati Uniti hanno fornito il maggior contributo singolo (386 milioni di dollari). L'Italia, in questo quadro, si è segnalata negli ultimi anni come uno dei paesi esportatori di bombe e missili all'Arabia Saudita: armi che, come ha rivelato un'inchiesta di Avvenire, sono state con certezza utilizzate anche in Yemen.
Davide Falcioni
(Continua su: https://www.fanpage.it/yemen-coalizione-saudita-fa-strage-di-civili-al-mercato-68-morti-8-sono-bambini/ - http://www.fanpage.it/)
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