1) Austria, pronti a
schierare l'esercito
Ministro Difesa, 'se afflusso migranti da Italia non
diminuisce'Austria, pronti a
schierare l'esercito - Europa - ANSA.it - www.ansa.it › Mondo › Europa (ANSA) - ROMA, 4 LUG 2017
(ANSA) - ROMA, 4
LUG - L'Austria è pronta a schierare fino a 750 militari al Brennero
"molto presto" se il flusso di migranti dall'Italia non diminuirà. Lo
ha annunciato il ministro della Difesa austriaco Hans Peter Doskozil al
quotidiano Kronen Zeitung. "Credo che molto presto saranno attivati controlli
alle frontiere e ci sarà bisogno di un dispiegamento dell'esercito", ha
dichiarato il ministro austriaco sottolineando che la misura sarà
"indispensabile se l'afflusso di migranti dall'Italia non diminuisce"
Nazioni unite nel non ricevere nei loro porti i
migranti, l'UE dava un contentino all'Italia coi soliti soldi per non mettere
zizzania e lasciare le nazioni che non vogliono che i migranti restino nei loro
covi.
Contrordine compagni! Ora l'Austria ha detto
che non userà quei mezzi per fermare i migranti. Ma li hanno spostati davvero o
sono ancora là che aspettano?Tanto altre nazioni come la Francia, la Spagna ed
altre non li vogliono e tutti reclamano una centralità della Libia nel fermare
quel traffico umano verso le nostre coste. Attendiamo e seguiamo le sconfortanti
relazioni che si accavallano sulla pelle dei migranti che raccontano già per
conto loro storie incredibili su quello che subiscono nella loro terra fino al
mare per raggiungere l'Italia (se ci riescono) per poi trovare quello che
trovano nonostante la volontà e la forza di quei veri volontari. Volontari
magari non pagati che li accolgono e non sanno che altrettanti “volontari” sono
invece pagati.
Veramente poche sono quelle associazioni di
volontari che insegnano ai migranti le regole di vita italiane, minime ma
indispensabili per una convivenza che vedrà altri spettacoli tra breve.
Brave, le nazioni dell'Europa che non
vogliono migranti! Lasciamo agli altri le beghe e non rompete!
2) Migranti, Francia e Spagna si oppongono agli sbarchi:
“Non possiamo accogliere nessuno”
Sulla questione
migranti, che da giorni sta tenendo banco in sede europea, interviene anche
l’Onu: “È irrealistico pensare che l’Italia dovrebbe avere la responsabilità di
tutti gli sbarchi di migranti che arrivano sulle sue coste. Doveroso chiedere
più solidarietà”, dichiara il portavoce dell’Unhcr, sottolineando però che
l’ipotesi della chiusura dei porti avanzata dall’Italia non è percorribile.
POLITICA ITALIANA - EUROPA - 3 LUGLIO 2017 - 16:28
di Charlotte Matteini
Il dibattito relativo alla questione
migranti scaturito dall'ipotesi di chiusura dei porti italiani alle navi delle
organizzazioni umanitarie battenti bandiera straniera avanzata dal Belpaese
continua a tenere banco. In sostanza, con l'aumentare degli sbarchi nel corso
delle ultime settimane, il Viminale, preoccupato dall'eventualità di
un'ulteriore crescita della pressione migratoria da qui a fine anno, e
conseguentemente dall'inadeguatezza del sistema di accoglienza predisposto in
rapporto ad afflussi minori, ha chiesto all'Europa di fare la propria parte,
minacciando il blocco dei porti alle ong straniere. Nel corso di un vertice
urgente organizzato lo scorso weekend tra Italia, Francia e Germania, le tre
nazioni europee, insieme al commissario Avramopoulos, avrebbero raggiunto
una piena intesa e stilato alcune linee guida da attuare per contrastare da un
lato l'aumento degli sbarchi attraverso l'esternalizzazione delle frontiere del
Mediterraneo, e dall'altro favorire la relocation dei migranti tratti in salvo.
Dall'inizio dell'anno sono sbarcati
sulle coste italiane circa 85.000 migranti e rifugiati, mentre si contano oltre
2.000 persone tra morti e dispersi. La Croce rossa italiana ha lanciato
l'allarme: la situazione nei centri di accoglienza superaffollati sta
diventando critica e il capo dell'Unhcr Filippo Grandi ha descritto quanto sta
accadendo nel Paese come "una tragedia in atto".
"Limitare fortemente l'azione Ong
ed esternalizzare le frontiere è inaccettabile, vuol dire andare nel senso
inverso a quanto da noi auspicato: cioè trovare canali legali e sicuri
d'ingresso in Europa. Nel programma ci sono spunti positivi, per esempio lo
spingere sulla relocation in altri Paesi europei, abbassando la soglia di
accesso sotto il 75% e far sbarcare i migranti anche nei porti di
Barcellona e Marsiglia", spiega Oliviero Forti, responsabile
dell'area immigrazione per l'associazione Caritas. "Continua però la
delegittimazione, anche se indiretta, delle Ong. Temiamo non si vogliano avere
soggetti indipendenti in mare per verificare l'operato della guardia costiera
libica, al momento sotto osservazione della Corte di giustizia europea per
questioni legate a crimini contro l'umanità, tra cui il caso dell'affondamento
di un barcone sparando in aria. Poi, rispetto alla esternalizzazione delle
frontiere in Libia, per noi è un piano inaccettabile dal punto di vista dei
diritti umani".
Sulla questione è intervenuto l'Onu,
ribadendo che l'Italia non può far fronte da sola all'accoglienza dei migranti
e che è necessario che l'Europa si metta a disposizione concretamente: "È
irrealistico pensare che l'Italia dovrebbe avere la responsabilità di tutti gli
sbarchi di migranti che arrivano sulle sue coste. Doveroso chiedere più
solidarietà", ha dichiarato Vincent Cochetel, l'inviato speciale
dell'Unhcr per il Mediterraneo. L'Unhcr intende proporre un meccanismo di
sbarco regionale per distribuire il peso dell'accoglienza dei migranti. Non è
sostenibile che l'Italia se ne occupi da sola, abbiamo bisogno di altri Paesi
che si uniscano e condividano la responsabilità". L'Onu comunque ribadisce
che l'ipotesi della chiusura dei porti avanzata dall'Italia non è percorribile.
Secondo la Marina di Tripoli, però, le
organizzazioni umanitarie operanti nel Mediterraneo agirebbero in violazione
delle regole: "Le cosiddette ong, che si trovano in gran numero nel
Mediterraneo, soprattutto di fronte alle coste libiche, commettono aperte
violazioni alla sovranità marittima libica, oltre ad accusare ripetutamente e
ingiustificatamente la Guardia costiera e gli apparati per la lotta alla
migrazione illegale libici, ostacolando qualsiasi accordo con la parte europea
che aiuti la parte libica nel far fronte al fenomeno", ha dichiarato il
portavoce Ayyoub Qasem, intervistato da AdnKronos. "Incoraggiano i
migranti illegali, che affluiscono in Libia da oltre 30 Paesi africani e non e
non si curano minimamente della sovranità della Libia sul proprio territorio e
sulle sue acque territoriali".
Quanto alla possibilità di poter utilizzare anche i
porti di Barcellona e Marsiglia per gli sbarchi umanitari, il vice sindaco
della città francese si oppone: "No all'apertura del nostro porto alle
navi umanitarie che soccorrono i migranti nel Mediterraneo, se ogni settimana
facessimo entrare navi con centinaia se non migliaia di migranti saremmo
nell'incapacità totale di alloggiare queste persone. Perché una volta sbarcate,
queste persone bisogna alloggiarle, ma non abbiamo i mezzi, non possiamo
accogliere dei migranti in queste condizioni", ha spiegato Dominique Tian.
La Spagna, invece, solidarizza con l'Italia ma
avverte che "qualunque soluzione al problema deve essere europea e non
bilaterale". "Al momento il peso della crisi migratoria ricade per
l'86% sull'Italia, il 9% sulla Grecia e il 4% sulla Spagna. Ripartire i
migranti fra i paesi del Sud non è la soluzione. Ci deve essere una risposta
europea davanti a una situazione eccezionale, come si è fatto per la crisi dei
rifugiati che arrivavano sulle coste greche. La Spagna inoltre già si fa carico
dei migranti che arrivano sulle sue coste dal Marocco, dall'Algeria e dalla
costa atlantica africana, anche se in numeri molto inferiori a quelli in
Italia. Inoltre, il 90% degli arrivi è formato da migranti economici che non
hanno diritto di asilo, ma restituirli ai loro paesi di origine risulta molto
complesso in quanto in maggioranza non hanno documenti".
Nel frattempo, la Commissione europea ha annunciato
che nella giornata di domani, 4 luglio 2017, discuterà e presenterà
"una serie di misure in sostegno dell'Italia, per ridurre i flussi
migratori nel Mediterraneo Centrale, che formeranno la base per la discussione
nel prossimo Consiglio Affari Interni informale che si terrà a Tallinn
giovedì. Non ci saranno nuove proposte legislative, in questa fase, ma un
piano d'azione, con delle misure concrete attuabili in tempo breve, per
affrontare la situazione".
"Quello che sarà nuovo sarà il bisogno di fare
delle cose immediatamente ma sappiamo che il problema non è nuovo e che le
soluzioni che si possono trovare non sono nuove. Si tratta di un'accelerazione
in quello che stiamo facendo tutti, le istituzioni europee, gli altri Stati
membri e l'Italia, per mettere meglio in opera la nostra politica in materia
d'asilo".
(Continua su: http://www.fanpage.it/migranti-francia-e-spagna-si-oppongono-agli-sbarchi-non-possiamo-accogliere-nessuno/ - http://www.fanpage.it/).
3) Solidarietà Ue, la sfida di Tallinn
per l'Italia. Anche Germania contro l'apertura di altri porti
Al vertice
nodo sbarchi migranti in altri porti e risorse per l'Africa
ANSA.it –
Mondo – Europa 7 luglio 2017
Nel vertice di Tallinn dopo Francia e
Spagna, anche Germania e Belgio si oppongono all'apertura di altri porti Ue,
come invece proposto dall'Italia. I ministri dell'Interno Ue hanno, invece,
raggiunto un accordo sulla Libia, le ong e i rimpatri.
Mercoledì la retromarcia dell'Austria,
nessuno schieramento di forze armate al confine con l'Italia. Lo ha chiarito il
cancelliere Christian Kern dopo un colloquio telefonico con il premier
Gentiloni. Per il presidente del Parlamento europeo Tajani quella di Vienna è
una 'scelta saggia'.
Consiglio Ue, intesa su
Libia,ong,rimpatri - "I ministri dell'Interno Ue hanno raggiunto un
accordo sulla necessità di accelerare il lavoro collettivo nell'attuazione
delle seguenti azioni prioritarie per ridurre la pressione migratoria sulla
rotta del Mediterraneo centrale e rafforzare il sostegno all'Italia: aumentare
l'impegno per la Libia e altri Paesi terzi chiave; rivedere e coordinare meglio
le operazioni di search and rescue (codice condotta ong); e i rimpatri".
Si legge in una nota della presidenza estone del Consiglio Ue.
Fronte Ue contro l'apertura di altri
porti - "Non sosteniamo la cosiddetta regionalizzazione delle operazioni
di salvataggio". Così il ministro dell'Interno tedesco Thomas de Maiziere
arrivando alla riunione a Tallinn, in riferimento alla proposta italiana di
condividere con altri Stati l'accoglienza dei migranti salvati nel
Mediterraneo. Sulla stessa linea il ministro per l'Asilo e politica migratoria
belga Theo Francken: "Non credo che il Belgio aprirà i suoi porti" ai
migranti salvati nel Mediterraneo.
"L'Italia ha chiesto aiuto, e noi
vogliamo dargliene, ma i porti della Spagna sono sottoposti ad una pressione
importante nel Mediterraneo occidentale, aumentata del 140%, che impone anche a
noi un grosso sforzo per i salvataggi in mare". Così il ministro
dell'Interno spagnolo Juan Ignacio Zoido.
"Aprire più porti" europei
ai migranti soccorsi "non risolverà il problema. Bisogna pensare al ruolo
che i porti africani potrebbero avere", porti come quelli "di Tunisia
ed Egitto ad esempio". Lo sostiene il ministro per la Sicurezza e
Giustizia olandese Stef Blok.
Cambiare il mandato della missione
Triton? "No. Il mandato della missione è ben definito. Si tratta di
migliorare l'attuazione di quanto già concordato. Fanno già un lavoro molto
buono". Lo ha affermato il commissario europeo alla Migrazione Dimitris
Avramopoulos.
"L'obiettivo di Triton com'è
attualmente è chiaro. Però occorre più lavoro all'interno dell'Ue, ma anche con
i nostri vicini nordafricani, per condividere il peso ed assicurare che
l'Italia non sia lasciata sola". "L'Agenzia Ue delle guardie di
frontiera avrà una discussione con le autorità italiane e gli altri Stati
coinvolti, sul piano operativo, la settimana prossima", ha aggiunto
Avramopoulos.
Minniti, unanimi su Libia, codice
ong,rimpatri - "La riunione è andata secondo le aspettative, perché c'era
un'agenda che era già stata disegnata dall'incontro di Parigi di domenica
scorsa e dalla Commissione europea". Così il ministro dell'Interno Marco
Minniti lasciando la riunione di Tallin, che rileva "una posizione quasi
unanime", su tre punti: Libia, codice di condotta delle organizzazioni non
governative, e rimpatri con la stretta sui visti.
"Sulla questione dei flussi
migratori in Libia c'è stato un ampio consenso, con la sottolineata necessità
di ampliare i finanziamenti andando oltre i fondi già predisposti dalla
Commissione europea e prevedendo finanziamenti dei singoli Stati membri. Per
quello che si è ascoltato in questa riunione sembra che ci sia stata una
disponibilità dei singoli Stati", ha spiegato Minniti.
L'apertura di altri porti Ue "non
era in discussione, perché non era la sede giusta. Sapete che abbiamo mandato
una lettera alla sede formale che ne deve discutere, che è Frontex. In quella
sede discuteremo la prossima settimana, è evidente che su questo punto ci sono
posizioni contrastanti. L'Italia ha un suo punto di vista, altri Paesi hanno un
loro punto di vista, come è giusto. Discuteremo, legittimamente e anche con la
necessaria fermezza".
Alfano, non devono arrivare in Libia -
"La crisi dei migranti non può essere fermata solo nelle acque del
Mediterraneo. Ci vuole un lavoro a sud della Libia". Lo ha detto il
ministro degli Esteri Angelino Alfano nella conferenza stampa conclusiva della
conferenza dei paesi di transito. "Perché l'afflusso dei migranti
diminuisca occorre non arrivino in Libia", ha sottolineato il titolare
della Farnesina.
(http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2017/07/06/solidarieta-ue-la-sfida-di-tallinn-per-litalia_9f4139e0-718e-4432-a35c-71d071a7bf50.html).
4) Gli Stati membri Ue non apriranno i
loro porti ai migranti: l’Italia continuerà a fare da sola.
Le prime
indiscrezioni dal vertice di Tallinn: no alla proposta italiana di condividere
l’accoglienza a livello europeo. Al nostro Paese più fondi e un mandato per
scrivere il codice di comportamento per le ONG.
POLITICA ITALIANA
6 LUGLIO 2017 - 11:47 di Redazione
In sede di
presentazione della riunione informale dei ministri dell’Interno dei Paesi Ue,
che si sta svolgendo oggi a Tallinn, in Estonia, il ministro Minniti aveva
spiegato quali sarebbero state le richieste italiane ai partner europei. Come
confermato dall’action plan elaborato dalla Commissione Europea, l’Italia
chiederà il via libera a stilare un codice di comportamento al quale le ONG che
compiono operazioni di search and rescue al largo della Libia dovranno
attenersi. Fra le norme è probabile che siano inseriti il divieto di ingresso
in acque libiche, quello di spegnere i trasponder, l’obbligatorietà della
presentazione dei bilanci con la lista dei finanziatori e nuove modalità per la
collaborazione con le autorità di polizia giudiziaria italiana.
In più, Minniti
avrebbe voluto che gli stati membri si impegnassero alla cosiddetta
“regionalizzazione delle operazioni di salvataggio”, ovvero ad aprire i propri
porti a eventuali sbarchi di migranti salvati nelle acque del Mediterraneo. La
tesi italiana è quella che non si possa pretendere collegialità nelle
operazioni di salvataggio lasciando poi che sia un solo Stato, il nostro, a
doversi sobbarcare il sistema di accoglienza e gestione delle richieste di
asilo e protezione internazionale. Inoltre, il nostro Paese intende chiedere la
modifica delle regole di ingaggio dell’operazione Triton, in modo da ottenere
maggiori margini di manovra per le navi di Marina Militare e Guardia Costiera.
Se probabilmente
non ci saranno problemi per quanto concerne i finanziamenti alla Libia e il
codice di condotta delle ONG, è molto difficile che siano accolte queste ultime
richieste italiane.
Come riporta La
Stampa, infatti, Francia, Olanda, Spagna e Belgio hanno già fatto sapere di non
essere disponibili ad aprire i porti ai migranti salvati nel Mediterraneo e
spingono perché invece si coinvolgano alcuni porti africani, come quelli di
Tunisia, Egitto e della stessa Libia. Sulla stessa linea anche la Germania.
Inoltre, “il commissario Ue per l’immigrazione Dimitris Avramopoulos non è
d’accordo con la proposta italiana di cambiare il mandato per la missione
Frontex Triton”, dal momento che ritiene che “fa già un lavoro molto buono e
dunque si tratta solo di migliorare l’attuazione di quanto deciso”.
(Continua su: http://www.fanpage.it/gli-stati-membri-ue-non-apriranno-i-loro-porti-ai-migranti-l-italia-continuera-a-fare-da-sola/
- http://www.fanpage.it/).
5) G20, Gentiloni:
“Chi accoglie non va lasciato solo, il problema migranti è globale”
I leader dei Paesi del G20 hanno raggiunto un
accordo di compromesso sul libero scambio, ribadendo la propria contrarietà al
protezionismo. Sul clima, preso atto della presa di posizione degli Stati
Uniti, i membri del G20 hanno ribadito la necessità di rispettare gli accordi
siglati a Parigi.
EUROPA 8 LUGLIO 2017
16:12 di Charlotte Matteini
"I Paesi impegnati a salvare e accogliere i
migranti non vanno lasciati soli. L'Italia rivendica il lavoro fatto in questi
anni, ma questo impegno o è una sfida globale o alla lunga è difficile da
sostenere". Con queste parole il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni
ha aperto la sessione introduttiva del G20, intervenendo sulla questione
migranti. "Siamo tutti consapevoli della differenza giuridica tra
rifugiati e migranti economici. Ma questi sono oltre l'85 per cento degli
arrivi e quindi gestire e contenere i flussi è e sarà sempre più una sfida
europea e globale", ha proseguito Gentiloni.
Gentiloni ha in seguito sottolineato l'importanza
del "global compact lanciato nel settembre scorso dall'Onu",
ribadendo la necessità di "investire in Africa per lo sviluppo e contro le
conseguenze del cambiamento climatico, stabilizzare la Libia, combattere i
trafficanti". Durante la sessione, sono stati inoltre discussi "i
modi ed i contenuti di un lavoro comune per fornire soluzioni sostenibili per
prevenire i mutamenti climatici e promuovere lo sviluppo dell'Africa".
Oltre alla questione migranti, i
leader riuniti ad Amburgo hanno anche discusso di libero commercio, arrivando a
un accordo di compromesso tra le parti. Secondo quanto anticipato dall'agenzia
di stampa tedesca Dpa "i paesi si sono riconosciuti sul libero
commercio e contro il protezionismo. Ma viene riconosciuto anche il ruolo
legittimo di strumenti di difesa".
Per quanto riguarda la lotta al
riscaldamento globale, il G20, prendendo atto della decisione degli Usa di
ritirarsi dall'accordo di Parigi, ha comunque ribadito la necessità di
mantenere l'impegno degli altri 18 paesi e dell'Unione Europea ad attuare
completamente gli impegni previsti dall'accordo. Secondo fonti europee, nel
testo del comunicato congiunto ufficiale che verrà diffuso a margine del
vertice si leggerà che "un'economia forte e un Pianeta in salute"
sono due cose che "si rafforzano a vicenda". Attraverso una
"vera innovazione", la "creazione di posti di lavoro", la
"competitività" si possono affrontare le sfide del cambiamento
climatico", nonché verrà nuovamente ribadito che il cambiamento climatico
"è un problema globale", che i paesi del G20 "devono
affrontarlo" e che "collaboreranno strettamente a questo fine. I 19
confermano il loro impegno e la loro volontà di applicare in pieno l'accordo di
Parigi nei mesi e negli anni a venire e in accordo con i principi che abbiamo
concordato".
A causa dell'opposizione di Russia e
Cina, Bruxelles non è riuscita nell'intento di far inserire nel documento
conclusivo l'obiettivo di ottenere delle sanzioni Onu mirate contro i
trafficanti di esseri umani. "Il testo finale è meno buono di quello che
volevamo: avremo degli impegni piuttosto vaghi contro i trafficanti, con
l'impegno di portarli davanti alla giustizia, ma sarà chiaramente meno di
quello cui il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk mirava".
(Continua su: http://www.fanpage.it/g20-gentiloni-chi-accoglie-non-va-lasciato-solo-il-problema-migranti-e-globale/
- http://www.fanpage.it/)
6) Amnesty: a Mosul "catastrofe" per civili
11 luglio 2017
04.00
Amnesty
International denuncia la "catastrofe" per i civili nella battaglia
di Mosul: l'Isis ha usato "intere famiglie come scudi umani" e, sul
fronte opposto, le forze irachene e della coalizione a guida Usa hanno
utilizzato "armi inappropriate rispetto alle circostanze" ed "in
alcuni casi può essersi trattato di crimini di guerra". La denuncia è in
un rapporto,intitolato "A tutti i costi:la catastrofe di civili a Mosul
ovest", che prende in esame il periodo gennaio-metà maggio 2017 con
descrizione di attacchi e interviste.
7) Strage di civili a Mosul, Amnesty denuncia: “La
coalizione ha compiuto crimini di guerra”
In un nuovo
rapporto la ong denuncia una catastrofe per i civili: "Famiglie usate come
scudi umani"
di Laura Boazzelli
- Lug 11, 2017
A Mosul, la città
liberata dall’Isis nelle scorse ore, è strage di civili. Morti, feriti e
sofferenza dominano il paesaggio assieme alle macerie. I cittadini sono rimasti
intrappolati negli scontri che hanno attanagliato la parte ovest della città.
Lo Stato Islamico ha usato intere famiglie come scudi umani, mentre le armi
esplosive imprecise impiegate dalle forze irachene e dalla coalizione a guida
Usa hanno ucciso migliaia di civili. E Amnesty International denuncia: “In
alcuni casi può essersi trattato di crimini di guerra“.
La catastrofe dei
civili
In un nuovo
rapporto diffuso oggi da Amnesty International, e intitolato “A tutti i costi:
la catastrofe di civili a Mosul ovest“, in riferimento al periodo gennaio –
metà maggio 2017 ed è basato su 151 interviste ad abitanti di Mosul ovest,
esperti e analisti, la ong descrive un quadro spaventoso: dei 45 attacchi, in
cui sono morti almeno 426 civili e ne sono stati feriti più di 100, fornisce
una dettagliata analisi di 9 di essi, condotti dalle forze irachene e dalla
coalizione a guida Usa.
Il disprezzo della
vita umana
“La dimensione e
la gravità delle perdite di civili durante le operazioni militari per
riconquistare Mosul devono essere immediatamente e pubblicamente riconosciute
dalle massime autorità di governo dell’Iraq e dei paesi che fanno parte della
coalizione a guida Usa”, afferma Lynn Maalouf, direttrice delle ricerche di
Amnesty International sul Medio oriente. Poi aggiunge: “L’orrore sperimentato
dalla popolazione di Mosul e il disprezzo per la vita umana mostrato da tutte
le parti in conflitto non devono rimanere impuniti. Intere famiglie sono state
distrutte e molte di loro ancora oggi sono sepolte sotto le macerie. Il governo
ha il dovere di rassicurare la popolazione di Mosul che vi saranno giustizia e
riparazione, e che il devastante impatto di queste operazioni militari sarà
adeguatamente preso in considerazione”. Quindi avanza una richiesta: “Chiediamo
l’istituzione di una commissione indipendente che assicuri che ovunque emergano
prove credibili di violazioni del diritto internazionale vi siano indagini
efficaci e che i loro esiti siano resi pubblici”.
Le violenze dell’Isis
Nella seconda parte del dossier, Amnesty denuncia
anche le violenze dell’Isis: trasferimenti forzati, uccisioni sommarie e scudi
umani. Infatti, a partire dall’ottobre dello scorso anno, lo Stato islamico sta
portando avanti una campagna sistematica di trasferimenti forzati, spostando
migliaia di civili dei villaggi circostanti nelle zone di Mosul sotto il suo
controllo per poi usarli come scudi umani. “Dicevano ‘O ve ne andate o vi
uccideremo’“. E’ la testimonianza di Abu Haidar, un uomo del villaggio di Tel
Arbeed. “Ci hanno presi e usati come scudi umani, piazzati tra loro e i
missili. Questo è accaduto appena prima dell’inizio delle operazioni per Mosul
ovest. Quando le forze irachene sono avanzate, lo Stato islamico è arretrato e
ha portato la maggior parte dei civili con sé”, aggiunge. Per evitare la loro
fuga, l’Isis aveva intrappolato le famiglie nelle abitazioni, sprangando le
porte e piazzando trappole esplosive all’esterno, uccidendo in modo sommario
centinaia, se non migliaia, di persone che avevano tentato la fuga. Mohsen, un
abitante di Mosul, racconta: “Sono arrivati su un pick-up e hanno chiuso lo
spazio tra le due porte. Poi sono andati a un altro edificio, chiudendo tutte
le porte con centinaia di persone all’interno”. Chi fugge, viene impiccato ai
pali della luce. “Non avevamo scelta – racconta Hassan, testimone delle
impiccagioni -. Se fossimo rimasti, saremmo morti nelle nostre abitazioni a
causa dei combattimenti. Se avessimo provato a fuggire, ci avrebbero preso e
impiccato ai pali della luce come monito agli altri. Quattro dei miei vicini
hanno fatto quella fine. Li hanno lasciati lì a penzolare per giorni. A volte
ce n’erano anche 50 appesi così”. La paura di essere uccisi durante la fuga ha
costretto molti civili a rimanere fino a quando i combattimenti si sono
infittiti al punto che i combattenti del gruppo armato hanno dovuto pensare
solo agli scontri. In questo modo alcuni civili sono riusciti ad attraversare
la linea del fuoco e a raggiungere le forze irachene.
La distruzione della coalizione Usa
Ma anche la coalizione guidata dagli Usa è rea di
violenze contro i civili. Amnesty International denuncia attacchi illegali e
uso di armi esplosive imprecise. Mohsen racconta che “quando le forze irachene
sono arrivate, sono arrivati anche i colpi di mortaio e i missili”. Poiché lo
Stato islamico trasferiva civili nelle aree di combattimento e impediva loro di
fuggire, le zone di Mosul ovest ancora controllate dal gruppo armato sono
diventate più affollate con l’infuriare della battaglia. Ma le forze irachene e
della coalizione non hanno adattato le loro tattiche a questa situazione,
continuando a usare armi esplosive imprecise. Il risultato? “L’uso degli scudi
umani da parte dello Stato islamico. Un azione che non ha reso meno vincolante
l’obbligo legale delle forze governative di proteggere i civili. Chi
pianificava gli attacchi avrebbe dovuto fare ancora più attenzione per
garantire che essi non sarebbero risultati illegali”, commenta Maalouf.
Inoltre, la ong documenta una serie di attacchi in cui le forze della
coalizione a guida Usa e quelle irachene non hanno colpito l’obiettivo militare
designato, ma distrutto o danneggiato obiettivi civili, uccidendo e ferendo. In
alcuni casi, le perdite civili sono apparse il risultato della scelta di armi
inappropriate rispetto alle circostanze o della mancata adozione delle
precauzioni necessarie per verificare che il bersaglio fosse davvero un
obiettivo militare.
L’uso di armi inappropriate
Anche negli attacchi che avevano come obiettivo
quello militare designato, l’uso di armi di potenza, che appare superiore al
necessario, e l’assenza delle necessarie precauzioni, ha comportato la perdita
di vite civili. E’ quanto accaduto il 17 marzo: per neutralizzare due cecchini
jihadisti, una bomba Usa ha ucciso almeno 105 civili nel quartiere di
al-Jadida. A prescindere da eventuali esplosioni successive – tesi sostenuta
dal Pentagono – è evidente che il rischio cui sarebbero andati incontro i
civili grazie all’uso di una bomba da 500 libbre fosse superiore rispetto al
vantaggio militare preventivato. Mohamed, del quartiere di al-Tenak, racconta:
“Il bersaglio degli attacchi erano i cecchini dello Stato islamico. Ma hanno
distrutto un intero edificio di due piani e colpito tante altre case.
Attaccavano giorno e notte. Un altro attacco ha colpito una casa e distrutto le
altre due di fronte uccidendo tantissime persone“.
L’appello di Amnesty
“Le forze irachene e quelle della coalizione a guida
Usa devono assicurare che la battaglia contro lo Stato islamico, non solo per
Mosul ma in altre zone dell’Iraq e della Siria, sia portava avanti in modo
rispettoso delle leggi e degli standard internazionali. Gli stati coinvolti non
solo devono concentrarsi sugli aspetti militari dei combattimenti ma anche
mettere a disposizione le risorse necessarie per alleviare l’incredibile
sofferenza dei civili intrappolati nel conflitto e brutalizzati dallo Stato
islamico”, conclude Maalouf.
8) Iraq, a Mosul bambini ancora intrappolati e
sotto choc. Unicef: “Agire subito”
23 luglio 2017
ROMA – “Il momento peggiore delle
violenze a Mosul può essere terminato, ma per troppi bambini a Mosul
e nella regione, continua una sofferenza estrema. Continuano ad
essere trovati bambini in stato di shock, alcuni tra i detriti
o nascosti nei tunnel di Mosul. Alcuni bambini hanno perso le
loro famiglie mentre fuggivano per salvarsi. Le famiglie sono
state costrette ad abbandonare i loro bambini, che ora vivono
nella paura, soli. Molti bambini sono stati costretti a combattere
e alcuni a compiere atti di violenza estrema”. Il terribile racconto
e’ di Geert Cappelaere, direttore regionale dell’Unicef per il Medio
Oriente e il Nord Africa, che ricorda come questi “sono tempi
terribili per troppi bambini in Iraq e in altri paesi colpiti dal
conflitto nella regione. La violenza e i conflitti stanno mettendo a
rischio la vita e il futuri di quasi 27 milioni di bambini (il
riferimento e’ ai bambini colpiti dalla violenza nello Yemen, all’interno
della Siria e nei Paesi che ospitano i rifugiati, nello Stato della
Palestina, in Iraq, in Libia e in Sudan, ndr)”.
(Continua su: https://www.unicef.it/doc/7695/ad-ar-raqqa-in-siria-tra-30000-e-50000-civili-continuano-ad-essere-intrappolati.htmI.
9) Li chiamano migranti economici ma è un’ipocrisia
Opinioni13 luglio 2017 di: NICOLA TRANFAGLIA
Le persone che rischiano la vita
attraversando prima il deserto e poi il Mediterraneo, di fronte a una crisi di
acqua e di conseguente siccità che ha colpito più di venti milioni di persone
tra Etiopia, Somalia, Niger,Nigeria e altri paesi africani noi li chiamiamo, a
cominciare dal segretario del maggior partito rappresentato all’interno del
centro-sinistra, non della destra ben si intenda, migranti economici. E si
tratta di un’espressione assai poco adatta alla situazione reale. Secondo le
Nazioni Unite siamo di fronte alla peggior crisi elementare dal 1945 e soltanto
nel Corno d’Africa rischiano di morire molte migliaia di bambini per la
terribile siccità a cui le popolazioni devono far fronte.
Ma tutto nasce, per così dire, dal
forte posizionamento a destra nato dall’insistenza delle anticipazioni che i
quotidiani italiani hanno creduto di dover dare del libro (Avanti!) edito da
Feltrinelli e in uscita di Matteo Renzi. I punti fondamentali vanno tutti
nella stessa direzione. Sull’immigrazione,c on l’azione del ministro Marco
Minniti che paradossalmente punisce soprattutto le ong e la decisione di
scegliere la parola d’ordine di “aiutare i migranti a casa loro” finisce per
indicare soprattutto una volontà di aprirsi a posizioni trasversali che
travalichino il semplice bacino dell’elettorato di partito, di destra o di
sinistra che sia. Un esempio perfetto di come, quasi senza accorgersene, farsi
condizionare da un’agenda conservatrice. E dunque spostare come riflesso quasi
involontariamente la propria posizione.
Un altro tema che ha preso
lentamente a scivolare verso destra è il rapporto con l’Europa. Mentre il
governo continua a mantenere una parvenza di rispetto nei confronti delle
regole europee, nel suo libro Renzi guida la rivolta contro quegli stessi
criteri che il governo dice di voler difendere. Facendone una battaglia
pubblica e stentorea fino ad arrivare all’ormai nota proposta di mantenere il
rapporto tra deficit e PIL al 2,9% e renderla un pezzo importante della futura
piattaforma elettorale.
Il terzo indizio è la gestione della
crisi bancaria. Su questo il governo ha fatto quello che l’Unione ha chiesto.
Ma il modo in cui il processo è stato gestito-a partire dalla banca Etruria e
il ruolo del “giglio magico” renziano-ha alimentato la sensazione popolare
sempre più vasta, che gli interventi di salvataggio siano in fondo serviti
soltanto a chi le banche le aveva o le dirigeva. Senza minimamente sanzionare o
punire chi colpa ha avuto in quei fallimenti. In questo caso la
piattaforma del PD ha seguito quella del governo. Col risultato finale di
spostare l’elettorato democratico a favore di un tipico risentimento dei
conservatori.
Inoltre un piccolo esempio che
riguarda la Rai. Il taglio dei compensi può essere giudicato sbagliato o giusto
ma è difficile non vedere come la proposta di portare gli stipendi a equa
misura non sia per un’azienda pubblica una proposta politica degna di un
governo di centro-sinistra.
10) In Siria
la violenza si é intensificata nelle ultime settimane
Nella città nord-orientale di Ar-Raqqa,
in Siria, la violenza si e’ ulteriormente intensificata nelle
ultime settimane, con i bambini che vengono ripetutamente attaccati.
Secondo il direttore dell’Unicef “tra 30.000 e 50.000 civili continuano
ad essere intrappolati nella città, mentre continua una terribile
violenza attorno a loro. Le famiglie hanno parlato di condizioni
orribili e pericolose, con cecchini, mine e ordigni di guerra inesplosi“.
E aggiunge: “Questi bambini sono
stati arrestati, abusati e stigmatizzati per le affiliazioni percepite, mentre
rimangono alte le tensioni all’interno e tra le comunita’. Questi
bambini che sono soli hanno bisogno del nostro supporto per trovare
le loro famiglie, essere riuniti e essere accuditi con protezione
e assistenza, indipendentemente dall’origine o
dall’affiliazione della loro famiglia. Come per qualsiasi altro bambino
nel mondo, hanno il diritto di essere salvaguardati, anche attraverso
la documentazione legale”. “I bambini sono bambini! –
urla l’organizzazione -. Ora é il momento di agire. Come
possiamo costruire un futuro piu’ stabile e prospero per tutti, mentre
i bambini sono esposti a tali orrori e vengono trattati in
questo modo?”. Per questo motivo l’Unicef Italia ha lanciato una
campagna di raccolta per aiutare i bambini di Mosul e dell’Iraq.
(Continua su: http://www.dire.it/23-07-2017/135324-iraq-a-mosul-bambini-ancora-intrappolati-e-sotto-choc-unicef-occorre-agire/).
Anche se le notizie arrivano
stentatamente non si pensi che a Mosul e dintorni è tutto finito. In giro ci
sono ancora bombe inesplose, mine ben interrate che fanno i loro danni sulle
persone che camminano; ci sono anche i pappagallini verdi per invogliare i
bambini a raccoglierli e scoppiano loro in mano. Insomma c’è tutto quello che è
stato lasciato intenzionalmente per nuocere ancora. Poi i crimini contro le
persone che sono oggetto di chiacchiere non vere e che così etichettano persone
innocenti con una vendetta di morte (sembrerebbe ricalcare qualcosa di non
lontano anche da noi). Poi ci sono le testimonianze delle persone sopravvissute
che raccontano crimini contro di loro e le famiglie, usate come scudi umani,
oltre ad altre atrocità come la fame e la sete che ha mietuto vittime, gli
stupri, i cecchini e chi più ne ha più ne metta. Tuttavia qui in occidente le
notizie o arrivano su siti specifici o sono state interamente cancellate da
tempo, dichiarando che la guerra è finita mentre invece non lo è né finirà
presto.
Si pensi poi ai bambini soli che
devono sopravvivere e che devono improvvisare la loro vita giornaliera senza
avere nessuno con cui condividere la sorte se non qualche altro bambino nelle
medesime condizioni. E sono sempre i bambini a pagare per gli adulti perversi e
criminali. Sempre grazie a quei volontari che riescono a rendere meno penosa la
vita di quei bambini soli.
Avrete senz'altro la vostra
ricompensa da Chi ci osserva nella nostra libertà anche di esseri crudeli verso
gli inermi e i fanciulli.
11) Migranti, parla il sindaco di Castell’Umberto e attacca il prefetto –
15.07.2017
“Questa è anarchia gestita dalle istituzioni”. Non usa mezzi termini il
sindaco di Castell’Umberto Vincenzo Biagio Lionetto che ha indossato la fascia
tricolore e presidia l’Hotel Il Canguro, la struttura dove, da ieri sera, sono
ospitati un trentina di giovani migranti inviati qui dalla prefettura di
Messina: “Un blitz in piena regola – dice il sindaco -. Ormai siamo a questo
punto: le istituzioni non si fidano dei comuni e organizzano blitz come
questo”.
Cosa è successo in concreto?
“Ieri sera il prefetto alle 21,58 mi ha telefonato per dirmi che
avrebbero mandato i migranti. In verità i migranti erano già qui e nonostante
la struttura fosse senza energia elettrica hanno organizzato tutto con i
gruppi. Quando io sono arrivato erano già dentro. Lo vuole sapere cosa penso?”
Mi dica.
“Secondo il prefetto i sindaci non contano un cazzo, ecco l’ho detto. Non
contano assolutamente nulla. E il nostro parere non vale niente”.
Perché dice così?
“A dicembre l’albergo utilizzato per ospitare i migranti era stato
dichiarato inagibile, non aveva le condizioni minime per ospitare i turisti.
Ora li ha per i migranti? Tra l’altro è gestito da una cooperativa di Palermo e
ieri sera mi sono ritrovato con un gruppo di giovani palermitani pronti a
lavorare. Ma non c’è solo questa questione che pure mi sembra rilevante”.
Che altro?
“Noi siamo contrari perché non ci sono i requisiti. Ma c’è anche un
metodo assurdo: nessun tipo di coordinamento, di accordo con le amministrazioni
locali. Un blitz in piena regola. Io quando devo fare qualcosa, per dire
un’iniziativa, mi obbligano a rispettare una serie di regole. Loro si
comportano così. Ma non c’è solo questo”.
Che altro succede?
“Lo Stato è attivo quando si tratta di fare i blitz ma non lo è quando
deve fronteggiare i problemi dei cittadini. Noi, a causa del dissesto
idrogeologico, abbiamo 40 famiglie senza casa: ho dovuto fare un’ordinanza di
sfratto. Lo Stato ci ha risposto: i soldi sono finiti, arrangiatevi”.
12) Gli stupri dei Caschi
blu – 15.07.2017
Le accuse di
stupro ad alcuni peacekeepers non rappresentano una novità. Barack Obama dedicò
un incontro privato al problema degli abusi sessuali perpetrati dai caschi blu
nel 2010. Il palazzo di vetro dell’Onu riconobbe il dramma strutturale nel 2003
e un’inchiesta del Wall Street Journal sottolineò quanto poco fosse stato fatto
per risolvere il problema. Una storia pesantissima, aggravata dalle tipologie di
vittime: donne e bambini. “Nel novembre del 2007 cento peacekeepers dello Sri
Lanka furono accusati di aver abusato di bambini haitiani dai dieci ai sedici
anni, nelle docce, nelle torrette di guardia, persino nei camion dell’Onu.
Abusi sono stati commessi ancora da truppe marocchine impegnate nella Costa
d’Avorio e truppe indiane sono state incriminate in Congo due anni fa”, scrisse
Giulio Meotti in questo pezzo.
Eventi
disseminati nelle missioni prescindendo dalla territorialità, quindi. Da quando
Antònio Guterres, però, è succeduto a Ban Ki-moon come nuovo segretario
generale delle Nazioni Unite, sembrava che le cose fossero destinare a
cambiare. Una delle sue priorità, infatti, è stata quella di stabilire precise
linee guida riguardo queste accuse di stupro. Tra le misure adottate, del
resto, c’è stata l’applicazione di una task force. Ma il problema è lungi
dall’essere risolto.
I nuovi dati
rilasciati dall’Onu, infatti, quelli riferiti al 2017, citano 33 nuovi casi di
sfruttamento e abusi sessuali, che sarebbero riferiti all’inizio di giugno di
quest’anno. Secondo quanto scritto qui, poi, l’Onu ha annunciato poco prima il
rimpatrio a Kinshasa di 600 caschi blu della Minusca, provenienti da una
missione nella Repubblica Centrafricana. Tutti presunti accusati di violenze o
sfruttamento.
Secondo il
rapporto dell’Onu, 6 casi dei 33 segnalati riguarderebbero abusi sessuali, 26
sfruttamento e uno entrambi i tipi. Le Nazioni Unite, insomma, hanno più di
qualche difficoltà nell’investigare, individuare e sanzionare giuridicamente i
responsabili degli episodi di stupro che, però, vengono puntualmente portati
all’attenzione del pubblico mediante i rapporti.
Le difficoltà
in merito sono principalmente due: i processi non possono essere condotti se
non all’interno delle nazioni che forniscono le truppe, quindi non in quelli in
cui sono avvenute le condotte incriminate, e gli addestramenti, risultati
evidentemente carenti e privi, in alcuni casi, per usare un eufemismo, di
attenzione specifica in merito.
Ipotizziamo,
ad esempio, che una nazione distante centinaia di km dal luogo di una missione
fornisca dei caschi blu, poi incriminati per reati di violenza e stupro: i
testimoni risulteranno chilometricamente distanti e la situazione del quadro
geopolitico dei paesi interessati non sarà certo d’aiuto per semplificare il
quadro.
La task force
è guidata da Jane Holl Lute, ex vicesegretario per la sicurezza nazionale e
senatrice degli Stati Uniti, un nome che dovrebbe quindi garantire una sterzata
sul caso, ma un’inchiesta dell’ agenzia Associated Press ha contribuito a
riportare in superficie l’enormità numerica del dramma: tra il 2005 e il 2017
ci sarebbero state 2.000 accuse di violenze e stupri riferibili ai caschi blu.
L’Onu ha stanziato per il biennio 2017-2018. 6.8 miliardi di dollari per 14
missioni di pace, mentre Donald Trump ha annunciato di voler tagliare circa un
miliardo di fondi destinati alle missioni dei caschi blu.
Già ad aprile
2016 se ne era parlato.
Forze di Pace, scuote l’Onu lo
scandalo degli stupri commessi dai soldati stranieri – 04.04.2016
Donne vittime
di violenze nei conflitti: 60 mila in Sierra Leone; 40 mila in Liberia; 200
mila in Congo. E adesso Ban Ki-moon deve affrontare il dossier degli abusi
sessuali dei militari francesi in Centrafrica. Dalla Bosnia al Continente Nero,
lo stupro da parte dei «liberatori» è sempre un’arma di guerra. Che fa orrore
di Sara
Gandolfi
Migranti non tollerati e un sindaco
che con la fascia tricolore, quindi in rappresentanza dell'Italia, presidia un
ex albergo dove sono stati messi dei migranti. Ormai l'intolleranza è diffusa e
sta invece insinuandosi l’idea di aiutare i migranti “a casa loro” dove magari
c'è guerra, fame, sete, mancanza di ogni mezzo di sostentamento e di cure.
Questa notizia era scomparsa da anni dai media, ma adesso è riproposta come la
soluzione ideale. Ma troppi migranti non vogliono ritornare da dove sono
partiti, a causa di quello che hanno lasciato e non vogliono più saperne.
Si pensi un attimo a questa
propaganda che non tiene conto del fatto che non basta inviare soldi e
personale (qualificato) dove non c'è nessuna preparazione delle persone a
viverci di nuovo e a sopravvivere coi mezzi che non possono essere forniti a
causa della corruzione. Grandi società spadroneggiano e si impossessano dei
beni che la nazione produce. E allora come la mettiamo? Non lasciamo che siano
i nostri politici a mettere mano a questo progetto che richiede molto di più di
quello che si pensa. Vedremo il futuro cosa riserva a loro e alla gente
italiana ancora residente.
13) Austria: “L’Italia lasci i
migranti a Lampedusa senza portarli sulla terraferma”
La surreale richiesta del ministro degli Esteri austriaco ad Alfano: “L’Italia non porti i migranti sulla terraferma ma li lasci sulle isole”.
La surreale richiesta del ministro degli Esteri austriaco ad Alfano: “L’Italia non porti i migranti sulla terraferma ma li lasci sulle isole”.
20 LUGLIO
2017 18:09 di Redazione
Per il ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz la soluzione per l’emergenza migranti in Italia è semplice: lasciare tutti a Lampedusa o sulle altre isole, senza trasferirli sulla terraferma. È quanto emerge al termine del vertice tenuto col suo omologo italiano Angelino Alfano a Vienna e del quale probabilmente si parlerà a lungo.
L’Austria ha sostanzialmente intimato al nostro Paese di interrompere il meccanismo in base al quale i miranti vengono distribuiti sul territorio nazionale dopo il salvataggio in mare e la fase di prima accoglienza. “Pretendiamo che venga interrotto il traghettamento di migranti illegali dalle isole italiane, come Lampedusa, verso la terraferma”, ha intimato Kurz, aggiungendo: “Se l'Italia dovesse continuare con i tempestivi trasferimenti sulla terraferma, da dove i migranti proseguono verso nord, non aumenterà solo il sovraccarico in Europa centrale, ma continueranno anche gli annegamenti”.
Nella lettura del Governo di Vienna, dunque, il problema è rappresentato dalla semplice possibilità che i migranti possano oltrepassare le Alpi e raggiungere l’Europa centrale, ragion per cui non si escludono altre iniziative di difesa dei confini. In particolare, ha aggiunto: “Se l'Italia dovesse applicare il lasciapassare verso il nord, metteremo in sicurezza i nostri confini”. La chiusura del Brennero, in sostanza.
Per il ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz la soluzione per l’emergenza migranti in Italia è semplice: lasciare tutti a Lampedusa o sulle altre isole, senza trasferirli sulla terraferma. È quanto emerge al termine del vertice tenuto col suo omologo italiano Angelino Alfano a Vienna e del quale probabilmente si parlerà a lungo.
L’Austria ha sostanzialmente intimato al nostro Paese di interrompere il meccanismo in base al quale i miranti vengono distribuiti sul territorio nazionale dopo il salvataggio in mare e la fase di prima accoglienza. “Pretendiamo che venga interrotto il traghettamento di migranti illegali dalle isole italiane, come Lampedusa, verso la terraferma”, ha intimato Kurz, aggiungendo: “Se l'Italia dovesse continuare con i tempestivi trasferimenti sulla terraferma, da dove i migranti proseguono verso nord, non aumenterà solo il sovraccarico in Europa centrale, ma continueranno anche gli annegamenti”.
Nella lettura del Governo di Vienna, dunque, il problema è rappresentato dalla semplice possibilità che i migranti possano oltrepassare le Alpi e raggiungere l’Europa centrale, ragion per cui non si escludono altre iniziative di difesa dei confini. In particolare, ha aggiunto: “Se l'Italia dovesse applicare il lasciapassare verso il nord, metteremo in sicurezza i nostri confini”. La chiusura del Brennero, in sostanza.
(Continua su: http://www.fanpage.it/austria-l-italia-lasci-i-migranti-a-lampedusa-senza-portarli-sulla-terraferma/ - http://www.fanpage.it/).
I dictat dei vari personaggi
politici parlano chiaro: l’Italia non si permetta di mandare in altre nazioni i
migranti, interrompere i traghettamenti (esclusi i naufraghi, magari per loro,
se recuperati, ci sarà qualche cimitero che li accoglie… magari!). Quasi tutte
le nazioni del Nord Europa stanno alzando muri, rinforzando frontiere con
militari e facendo la voce grossa verso i nostri politici. Il futuro è incerto
e per nulla promettente di soluzioni tranquille! Si vedrà cosa succederà. Ma
sì… si continui a lasciar fare al tempo che non è un mezzo sicuro né docile. Si
ricordi un nostro presidente quando scese dall'aereo a Napoli, dove c'era
un’epidemia di colera: chi osservava le sue mani rimase allibito su come si
risolveva quell'epidemia.
14) Botte ai bambini,
anche disabili: maestra ai domiciliari - La Stampa
www.lastampa.it
› Cronache - 3
luglio 2017
Violenze fisiche e
psicologiche ad alunni di sei anni in una scuola a Roma
Violenze fisiche e
psicologiche ad alcuni alunni di 6 anni come, in un caso, schiaffi in faccia e
ginocchiate nella schiena. Per questo motivo una maestra elementare di 54 anni
è stata arrestata, e messa ai domiciliari, su disposizione del gip di Roma. Secondo
quanto accertato dalla polizia l’insegnante avrebbe infilato la testa di una
bambina, con difficoltà psicofisiche, nel cestino dei rifiuti. Ad accusare la
maestra colleghi ed ex alunni.
Questa mattina gli
investigatori della Polizia di Stato del commissariato Appio, hanno eseguito la
misura cautelare. Le indagini sono partite nel marzo scorso quando i poliziotti
hanno raccolto lo sfogo di un collaboratore scolastico che aveva assistito ad
un gesto di violenza fatto dalla maestra ad un bambino di 6 anni; secondo il
racconto del testimone, la maestra, tenendo il bimbo per un braccio, lo avrebbe
colpito con una ginocchiata alla schiena ed un forte schiaffo in faccia.
La polizia ha
raccolto varie testimonianze di ex alunni, di genitori e familiari di alcuni
bambini. Fin dai primi racconti è emerso, secondo gli inquirenti, «un quadro
inquietante»: la maestra avrebbe avuto l’abitudine di far stare i bambini con
il capo chino sul banco per poter mangiare in tranquillità e, soprattutto negli
ultimi anni, le violenze fisiche sarebbero aumentate ed in un caso è stato
segnalato che l’insegnante avrebbe infilato la testa di una bambina, con
difficoltà psicofisiche riconosciute, nel cestino della spazzatura. La maestra,
nel corso degli ultimi anni, è stata più volte spostata di classe; circostanza
che è tuttora oggetto di valutazione da parte degli inquirenti.
In Italia non
cambia proprio nulla a favore della gente che vive, suda e digrigna i denti.
Nulla è cambiato nella scuola come preventivo per avere insegnanti non
aggressivi e non violenti. Si spera sempre che i casi che emergono vengano
subito cancellati dai media ed intanto quanti bambini che prendono botte a
tutto spiano cresceranno come possono e come la disuguaglianza insegna loro?
Bravi! Crescete così per ribellarvi anche agli adulti che guadagnano su di voi
e vi usano come tappeti da sbattere, alla faccia dei politici che devono
pensare ad altro come lasciare futuribili leggi nel dimenticatoio, specie se
toccano i loro stipendi o le convenzioni a loro favore, sicuramente votate da
loro stessi.
15) Doppio attentato in Nigeria: donna kamikaze si fa
esplodere in una moschea
Almeno 12 morti e una ventina di
feriti: questo il bilancio di un doppio attacco kamikaze in Nigeria, nella
città di Maiduguri, nel nordest del Paese.
17 luglio 2017 - Susanna Picone
Due attentati in poche ore oggi in Nigeria hanno provocato almeno dodici vittime. In entrambi i casi si tratta di attentati kamikaze, uno dei quali realizzato da una donna che alle prime ore di questa mattina si è fatta esplodere davanti a una moschea nell’area di Maiduguri, nel nord-est del Paese, epicentro dal 2009 dell'attività terroristica dei Boko Haram. Il primo attacco kamikaze avrebbe provocato almeno dieci vittime e una ventina di feriti. La kamikaze – secondo quanto ha dichiarato ai giornalisti il commissario della polizia di Borno Damian Chukwu – avrebbe fatto detonare gli esplosivi quando le è stato impedito di entrare nella moschea, nel momento in cui i fedeli accorrevano in massa per le preghiere del mattino. La deflagrazione ha fatto anche crollare il tetto dell'edificio. Il secondo attentato nella cittadina di Molai, sempre nei sobborghi di Maiduguri, avrebbe provocato altre due vittime.
Due attentati in poche ore oggi in Nigeria hanno provocato almeno dodici vittime. In entrambi i casi si tratta di attentati kamikaze, uno dei quali realizzato da una donna che alle prime ore di questa mattina si è fatta esplodere davanti a una moschea nell’area di Maiduguri, nel nord-est del Paese, epicentro dal 2009 dell'attività terroristica dei Boko Haram. Il primo attacco kamikaze avrebbe provocato almeno dieci vittime e una ventina di feriti. La kamikaze – secondo quanto ha dichiarato ai giornalisti il commissario della polizia di Borno Damian Chukwu – avrebbe fatto detonare gli esplosivi quando le è stato impedito di entrare nella moschea, nel momento in cui i fedeli accorrevano in massa per le preghiere del mattino. La deflagrazione ha fatto anche crollare il tetto dell'edificio. Il secondo attentato nella cittadina di Molai, sempre nei sobborghi di Maiduguri, avrebbe provocato altre due vittime.
Maiduguri colpita da un'ondata di
attacchi terroristici – L’area di Maiduguri è stata colpita da un'ondata di
attacchi terroristici nelle ultime settimane, l’ultimo martedì scorso quando
alcuni kamikaze facendosi saltare in aria hanno provocato almeno diciassette
vittime e decine di feriti. Molti di questi attentati sono stati rivendicati
dal gruppo islamista Boko Haram, che ha minacciato rappresaglie dopo che
l'esercito nigeriano ha dichiarato di averlo sconfitto.
Susanna Picone
Susanna Picone
(Continua su: http://www.fanpage.it/doppio-attentato-in-nigeria-donna-kamikaze-si-fa-esplodere-in-una-moschea/ - http://www.fanpage.it/).
Anche se si potrebbe pensare che due
pericolosi terroristi ormai non nuoceranno più, si pensi al fatto che i
kamikaze potevano essere stati adescati a quel tipo di violenza, potevano
essere stati pesantemente drogati e quindi incoscienti di quello che stavano
facendo. Non è infrequente che il carnefice si riveli una vittima incosciente
degli atti che stava eseguendo.
16)
Migranti, l’Ungheria minaccia l’Italia: “Chiudete i porti”. Gentiloni: “Non
accettiamo lezioni”
Il premier ungherese Orban, sulla scia dell’austriaco Kurz, chiede a Gentiloni di chiudere i porti. Gentiloni replica: “Dai nostri vicini, dai Paesi che condividono il progetto europeo abbiamo diritto di pretendere solidarietà. Non accettiamo lezioni né parole minacciose”.
Il premier ungherese Orban, sulla scia dell’austriaco Kurz, chiede a Gentiloni di chiudere i porti. Gentiloni replica: “Dai nostri vicini, dai Paesi che condividono il progetto europeo abbiamo diritto di pretendere solidarietà. Non accettiamo lezioni né parole minacciose”.
21 LUGLIO 2017 17:52 di Annalisa Cangemi
Orban contro i migranti. Dopo le dichiarazioni di
chiusura dell'Austria, la segue a ruota anche il premier
ungherese: "Italia dovrebbe chiudere i porti" per arginare i
flussi migratori dal Mediterraneo. Il problema insomma andrebbe risolto il
Libia. Con una lettera indirizzata al premier Gentiloni i leader del gruppo di
Visegrad, cioè Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia, hanno ribadito
di voler adottare una politica di respingimento. Viktor Orban non esclude
nemmeno l'opzione dell'intervento militare. È l'Europa che alza i muri a
parlare, quella che si contrappone alla visione comunitaria di accoglienza,
perché ritenuta troppo pericolosa. Già l'Oim ha pubblicato i dati sugli arrivi
nel 2017: 111,514 arrivi in Italia dal mare e 2360 dispersi.
In un'intervista alla radio pubblica Mr, Orban definisce "irrealistiche" le proposte della Commissione europea, in quanto alimenterebbero i rischi di terrorismo. L'unica soluzione è per il premier ungherese quella di chiudere le frontiere, così come l'austriaco Kurz ha chiesto ieri al ministro Alfano. Non si trattava quindi di una mera provocazione, ma sembrerebbe piuttosto una strategia pianificata, per isolare l'Italia. Nell'intervento in radio Orban ha spiegato che presto Austria e Germania chiuderanno le frontiere e se anche l'Italia non si impegnerà a fare lo stesso con i suoi porti, i numeri saranno ingestibili. Secondo la visione del leader ungherese se la Libia non sarà disposta a cooperare per riportare i migranti in Africa e bloccare i trafficanti, si ricorrerà alle maniere forti. Il premier ungherese ha lanciato poi le sue accuse contro George Soros, il miliardario americano di origine ungherese, colpevole secondo lui di aver finanziato le ong.
Le parole di Orban hanno ricevuto in Italia il plauso della Lega. Tony Iwobi, responsabile federale Dipartimento Sicurezza e Immigrazione della Lega Nord ha detto che la proposta di Orban è di buon senso: "Forse, lo dico provocatoriamente, l'Austria e l'Ungheria dovrebbero invadere l'Italia, cacciare il governo Gentiloni e iniziare a governare il nostro Paese con le leggi e con i metodi austriaci e ungheresi. Finalmente si fermerebbe l'invasione".
Gentiloni replica alle minacce di Orban
Non si fa attendere la replica di Gentiloni: "Dai nostri vicini, dai Paesi che condividono il progetto europeo abbiamo diritto di pretendere solidarietà. Non accettiamo lezioni né parole minacciose. Serenamente ci limitiamo a dire che noi facciamo il nostro dovere e pretendiamo che l'Europa faccia il proprio senza darci improbabili lezioni".
In un'intervista alla radio pubblica Mr, Orban definisce "irrealistiche" le proposte della Commissione europea, in quanto alimenterebbero i rischi di terrorismo. L'unica soluzione è per il premier ungherese quella di chiudere le frontiere, così come l'austriaco Kurz ha chiesto ieri al ministro Alfano. Non si trattava quindi di una mera provocazione, ma sembrerebbe piuttosto una strategia pianificata, per isolare l'Italia. Nell'intervento in radio Orban ha spiegato che presto Austria e Germania chiuderanno le frontiere e se anche l'Italia non si impegnerà a fare lo stesso con i suoi porti, i numeri saranno ingestibili. Secondo la visione del leader ungherese se la Libia non sarà disposta a cooperare per riportare i migranti in Africa e bloccare i trafficanti, si ricorrerà alle maniere forti. Il premier ungherese ha lanciato poi le sue accuse contro George Soros, il miliardario americano di origine ungherese, colpevole secondo lui di aver finanziato le ong.
Le parole di Orban hanno ricevuto in Italia il plauso della Lega. Tony Iwobi, responsabile federale Dipartimento Sicurezza e Immigrazione della Lega Nord ha detto che la proposta di Orban è di buon senso: "Forse, lo dico provocatoriamente, l'Austria e l'Ungheria dovrebbero invadere l'Italia, cacciare il governo Gentiloni e iniziare a governare il nostro Paese con le leggi e con i metodi austriaci e ungheresi. Finalmente si fermerebbe l'invasione".
Gentiloni replica alle minacce di Orban
Non si fa attendere la replica di Gentiloni: "Dai nostri vicini, dai Paesi che condividono il progetto europeo abbiamo diritto di pretendere solidarietà. Non accettiamo lezioni né parole minacciose. Serenamente ci limitiamo a dire che noi facciamo il nostro dovere e pretendiamo che l'Europa faccia il proprio senza darci improbabili lezioni".
Annalisa Cangemi
(Continua su: http://www.fanpage.it/migranti-anche-l-ungheria-minaccia-l-italia-flusso-ingestibile-chiudete-i-porti/ - http://www.fanpage.it/).
(Continua su: http://www.fanpage.it/migranti-anche-l-ungheria-minaccia-l-italia-flusso-ingestibile-chiudete-i-porti/ - http://www.fanpage.it/).
17) Armi italiane vendute nel mondo.
(Amnesty International - diritti riservati)
“Partono di notte (di giorno si
farebbero vedere) e scortate dall’aeroporto di Cagliari, dal porto di Olbia, o
da quello di Piombino. Sono le armi di fabbricazione italiana con cui l’Arabia
Saudita colpisce lo Yemen e i suoi civili, in una guerra dimenticata da tutti.
Solo qualche giorno fa sono arrivate nel porto toscano, scortate dalle forze
dell’ordine, 1000 bombe Mk83, prodotte nei cantieri sardi della RWM, e dirette
via mare alla base militare saudita di Taif. Il traffico è inarrestabile,
nonostante gli appelli di Amnesty International Italia (tra le altre
associazioni) e di alcuni esponenti politici che da settimane chiedono al governo
di interrompere l’invio. Un invio di bombe «vietate dall’Onu e la cui
compravendita va contro la normativa italiana», aveva denunciato il deputato
indipendente Mauro Pili. Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha
telegraficamente ribadito che la spedizione delle armi avviene nel rispetto
della legge e secondo regolari contratti commerciali, ma questo stride con gli
accordi internazionali sull’esportazione di materiale bellico che l’Italia ha
platealmente sottoscritto, così come altri Paesi.”
Bombe in arrivo al porto di Piombino (Fonte: Il Tirreno, tutti i diritti riservati
all'autore ed alla testata).
La legge del 1990 oltre al Trattato
Internazionale sul commercio delle armi (valido da circa un anno), che prevede
“il divieto di trasferimento delle armi in aree dove vi siano rischi concreti
del loro utilizzo in violazione dei diritti umani”, nel nostro Paese è
attualmente in vigore, illustrando lo stesso principio, la legge 185 del 1990,
che proibisce anche, “nuove delibere delle Camere a parte, l’esportazione di
armamenti verso Nazioni in stato di conflitto armato, in contrasto con i
principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite”, ovvero quelli della
legittima difesa come eccezione al divieto dell’uso della forza. Il regolamento
vieta inoltre la vendita di strumenti bellici a Paesi particolarmente poveri ed
indebitati. Il coinvolgimento indiretto italiano nelle guerre è derivante
principalmente da motivazioni di ordine economico e diplomatico (ricordiamo
l’alleanza che l’Italia ha, di fatto, con l’Arabia Saudita). Ma va a scontrarsi
inevitabilmente con i principi e la difesa dei diritti umani e della libertà:
«L’intervento dei sauditi nello Yemen, inoltre – sottolinea Amnesty
International – non è stato in nessun modo legittimato né autorizzato
dall’Onu».
Aeroporto di Elmas – Cagliari
Lo Yemen e gli altri Come denunciano
i giornalisti di Reported.ly e gli osservatori della ONG Human Rights Watch,
nel tremendo conflitto in atto nello Yemen sono state ritrovate numerose armi
di fabbricazione italiana, come le temibili bombe Mk83, che possono provocare
“gravi lesioni a causa dell’effetto di deflagrazione e frammentazione”.
Nell’inchiesta si sottolinea anche come “molti fondi d’investimento
occidentali, tra cui fondi pensione e fondi pubblici, traggano beneficio dalla
vendita di queste armi perché in possesso di azioni della Rheinmetall Defense
Ag, la società che controlla la RWM”. Dalla scorsa primavera, nello Stato
orientale, dove è in corso una guerra contro i ribelli houti, sono rimasti
uccisi più di 5mila civili, tra cui centinaia di bambini. Decine di migliaia i
feriti e oltre un milione gli sfollati. Ma le armi italiane sono arrivate anche
in Libia, Nigeria, Iraq, Ucraina, Israele, Libano, ed altri Paesi dilaniati
dalle guerre.
Un mercato sempre florido
Nel 2014 l’Italia ha esportato armi
leggere (pistole, fucili) per 453 milioni di euro, e ne ha inviate
complessivamente (ogni tipo di arma) per circa 2 miliardi e 600 milioni di
euro, il 28 per cento dirette in aree calde come l’Africa settentrionale e il
Medio Oriente. L’arsenale che vendiamo nel mondo è costituito (veicoli a parte)
da bombe d’aereo del tipo Mk, bombe penetranti come le Blu-109/B (in grado di
perforare velivoli corazzati, e le cui particelle espongono a gravi malattie),
testate per missili, mine marine, siluri, munizioni e spolette.
(Continua su:
http://www.dirittodicritica.com/2015/11/30/yemen-libia-nigeria-quelle-bombe-italiane-che-uccidono-nel-mondo/).
Brava l'Italia e il suo gioco di
vendere armi a chi le cerca per soldi ed interessi che faranno morti e feriti
in quantità. Ma l’Italia si considera all'altezza della situazione di umanità.
Tempo fa vendeva le mine antiuomo smontate come se fossero strumenti
casalinghi, tanto per non dare nell'occhio della comunità in genere. Ciò che
meraviglia è che di questa vendita non si parla su tutti i quotidiani che
evitano questo argomento. Tanto i vari concerti pagati non si sa da chi devono
stordire gli italiani, come da direttive del nuovo ordine mondiale, e farli divertire
per dimenticare il resto. Queste modalità imperversano e si chiamano la
fabbrica della manipolazione, ma tutti si domandano: «Carneade, chi era
costui?» e tutto finisce lì, sempre più appiattiti e dequalificati dalle
informazioni che ci declamano, ma cui pochi credono ancora così veritiera.
Chiunque alimenta il mercato della
guerra e il traffico degli esseri umani pensi ai bambini soli che devono
sopravvivere e che devono improvvisare la loro vita giornaliera senza avere
nessuno con cui condividere la sorte se non qualche altro bambino nelle
medesime condizioni. E sono sempre i bambini a pagare per la condotta degli
adulti perversi e criminali.
Si rinnova il ringraziamento a quei
volontari che riescono a rendere meno penosa la vita di quei bambini soli.
Avrete senz'altro la vostra
ricompensa da Chi ci osserva nella nostra libertà anche di esseri crudeli verso
gli inermi e i fanciulli.
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