Ed intanto vi saranno
tanti piccoli bambini come un
bambino di nome Marwan che si dirige verso il Libano, a piedi, non in bus o simili,
verso un posto dove vivrà, ma in che modo? da Intopic.it (tutti i diritti
riservati agli autori ed alle testate citate)
Marwan, i profughi siriani e il Libano dopo 4 anni di
guerra e di distruzione.
25 febbraio 2014 Nicola Lofoco Esteri.www fanpage.it
Fino a poche settimane fa imperversava su tutti i
social network e sui giornali online la foto di un piccolo di nome Marwan, un
bambino siriano fotografato con una busta di suoi beni in mano mentre
attraversava il deserto per sfuggire alla guerra civile siriana e rifugiarsi in
Giordania con un gruppo di siriani, tra cui la mamma dalla quale si era
staccato. La sua foto ha fatto il giro del web perché Marwan appariva
fotografato da solo mentre veniva accolto ed aiutato da uomini delle Nazioni
Unite. E subito Marwan è diventato mediaticamente “un piccolo eroe” capace di
sfidare con le sue poche forze e il suo piccolo corpo l’intero deserto per
sfuggire alla carneficina che si sta consumando da tre anni nell’ex
protettorato francese.
Ma si è trattata in parte di una montatura e della
solita bassa speculazione che viene fatta sulla disgrazia di una guerra sanguinaria. Marwan è davvero un
piccolo eroe, non sa nulla del gender, ed ha davvero attraversato il deserto,
ma non da solo cercando di vivere, vivere come qualunque essere vivente in
condizioni disperate. Degli altri scatti fotografici hanno dimostrato che il
piccolo era in compagnia di un grosso gruppo di profughi siriani, ma è un eroe
lo stesso, se pensiamo all'età e a come deve vivere.
È davvero edificante e terribile vedere un bambino da
solo di quattro anni, forse poco lontano dalla mamma, ma che comunque si
trascina i suoi beni sulla sabbia del deserto, anche se poco lontano dal gruppo
e senza lamentarsi di quell'esodo o shoah che sta vivendo come tanti altri suoi
simili della stessa età infantile e quanti lo hanno preceduto nel tempo.
Questo episodio non deve, in ogni caso, farci
dimenticare il dramma che stanno subendo tutti i siriani. Prima di loro c'era
il dramma di altre popolazioni, specie bambini di ogni età e donne, per una
guerra civile infame che dal 2011 ha provocato oltre centomila morti.
I dati forniti dalla Nazioni Unite parlano chiaro. Dall’
inizio della guerra ci sono stati in totale 2.372.000 siriani che sono stati
costretti a lasciare le proprie case e le proprie terre. Di questi, 576.650 si
sono rifugiati in Giordania, 565.400 in
Turchia, 210.000 in Iraq e 131.700 in Egitto. Ma uno dei dati più preoccupanti
e su cui non si può più far finta di nulla è quello proveniente dal Libano, dove
ci sono 864.000 siriani. Il paese dei cedri rischia letteralmente di esplodere
demograficamente sotto tutti i punti di vista.
Il Libano è un paese che accoglie oltre 400.000
profughi palestinesi, insieme a circa 50.000 iracheni. Se a queste cifre si
aggiunge il numero sempre crescente di siriani, ci rendiamo conto di quanto rischi
di diventare una polveriera. Tutta la nazione sta vivendo una momento
difficilissimo, di altissima tensione politica e sociale. Le ripercussione di
quanto accade in Siria sono inevitabili in un paese da sempre geo-politicamente
legato a Damasco e ai suoi destini. Attentati e scontri armati sono all’ordine
del giorno e si sviluppano in una
spirale di violenza sempre più profonda e pericolosa. Tutto questo ha provocato
delle condizioni economiche molto critiche, che non danno la possibilità di
fornite l’adeguata assistenza al sempre maggiore crescente numero di profughi
siriani.
Le organizzazioni umanitarie non governative fanno
ogni giorno quello che possono, ma il problema diventa ogni giorno più drammatico.
Le Nazioni Unite aiutano economicamente i profughi registrati, e anche l’Italia
è tra i primi finanziatori. Ma tutto
questo non basta. Per le strade di Beirut si vedono sempre più siriani, tra cui
molti bambini, costretti a mendicare per sopravvivere e speriamo che non siano
come i nostri lavavetri, comandati magari da magnaccia. Alcuni, se possono,
trovano qualche lavoro a nero per sbarcare il lunario.
In tanti sono stati accolti nei campi profughi
palestinesi, già di per sé molto precari e pieni di problemi di orni genere.
Contenerne il flusso dalla Siria è impossibile.
Dall’agosto 2013 il governo libanese ha iniziato a non
rilasciare più permessi temporanei di soggiorno per i siriani, ma nonostante
questo il numero delle persone che cercano soltanto di salvarsi la vita e di avere un futuro migliore non si ferma. Se
il paese dei cedri non verrà aiutato e, soprattutto, sino a quando il conflitto
in Siria non si fermerà, vi saranno
tanti piccoli bambini come Marwan a dirigersi verso le terre libanesi
per sopravvivere. E certamente non saranno da soli, ma sempre insieme a un
numero sempre crescente di uomini e donne in cerca di una nuova speranza, ammesso
che la trovino.
Nigeria, nuova strage: almeno 69 morti
13.03.2014 da inTopic.it - tutti i diritti riservati agli
autori ed alla testata
Non solo la Siria, ma anche la Nigeria è attualmente oggetto
dei vari canali mediatici e non sono solo loro con le loro cifre cui siamo
ormai abituati.
Ma ricordiamo che queste cose succedono anche se le cifre non
corrispondono quasi mai alla realtà per eccesso o per difetto. Non è la festa
dell'uva o del paese, è un a carneficina in piena regola che non risparmia
nessuno e soprattutto i soliti bambini che guardano in faccia ai loro uccisori
e carnefici e solo dopo poco tempo si accorgono che quegli adulti, che avranno
anch'essi figli, sono dei carnefici e allora diventano vittime di ogni tipo di
tortura ed uccisione. Auguriamoci ed invochiamo Qualcuno affinché le loro
sofferenze si riducano al minimo, ma spesso le loro urla arrivano molto lontano
e molto in alto. Proteggiamoli in ogni maniera anche solo pensando a loro che
sono là in primo piano, mentre noi siamo qua a leggerli su un giornale.
Altra strage in Nigeria.
16.03.2014
Uomini armati a bordo di moto hanno attaccato in pieno giorno
quattro villaggi nello Stato di Katsina, nel nord della Nigeria, uccidendo
almeno 69 persone. Lo riferisce un deputato locale, Abbas Abdullahi Michika, ma
secondo i media nigeriani le vittime potrebbero essere più di 100, tra cui
donne e bambini.
Nel villaggio delle vedove di guerra
Pubblicato il 24 febbraio 2014 alle ore 17:11Fanpage.it
(tutti vi diritti riservati agli autori ed alla testata)
Lo chiamano il villaggio delle vedove. Rotan Batu,
nell'estremo sud della Thailandia, mostra i segni di dieci anni di guerra fra i
ribelli e le forze del governo. Qui tante donne che hanno perduto il marito
hanno trovato un rifugio per ricostruirsi una vita. "Le donne che vivono
qui condividono lo stesso destino: devono crescere dei figli senza un padre.
Noi lavoriamo tutte insieme. Buddiste, musulmane convivono senza
problemi", spiega Mariya. Circa seimila persone sono state uccise
dall'inizio dell'insurrezione della minoranza musulmana, che si batte per una
maggiore autonomia in un Paese a maggioranza buddista. I negoziati avviati
l'anno scorso sono a un punto morto e le violenze continuano. Le donne sanno di
essere sempre in pericolo, ma hanno il permesso di lasciare la comunità delle
vedove per vendere i loro prodotti al mercato. Sono 140 le vedove e 300 i bambini
che vivono nel villaggio. Ma visto che la pace sembra ancora lontana le donne
si dicono pronte ad accogliere a Rotan Batu altre persone segnate dallo stesso
triste destino.
Gli anni di guerra in Siria hanno distrutto il sistema
sanitario del Paese
Da Fanpage.it tutti i diritti riservati all'autore ed alla
testata 11/03/2014
Un rapporto di Save the Children porta alla luce i danni
irreparabili che hanno gravi e dirette conseguenze sulla popolazione,
soprattutto sui 4,3 milioni di bambini sfollati. Due ospedali su tre sono
distrutti o inservibili, così come il 38% delle strutture mediche di base e
quasi tutte le ambulanze. La metà dei medici ha abbandonato il paese, altri
sono stati uccisi o imprigionati e fra chi è rimasto sono in pochi quelli che
sanno affrontare un'emergenza. Numeri che hanno portato al crollo verticale
delle vaccinazioni e al ritorno di gravi malattie come la polio che, debellata
nel 1995, ora colpisce 80mila bambini siriani, mentre i casi di Leishmaniosi,
una malattia che colpisce gravemente gli organi interni, produce ulcere e può
sfigurare per sempre, sono passati da 3.000 a 100.000. E fra i bambini i più
vulnerabili sono quelli che devono ancora nascere: 3 donne su 4 non hanno più
alcuna assistenza al parto, prima della guerra disponibile per chiunque.
Marwan, 4 anni, si
arrangia da solo nel deserto ed anche altri bambini: la speranza è proprio nei
bambini. Aiutiamoli!
25/02
dall'articolo di Ilaria Preti - Tutti i diritti riservati all'autore ed alle
testate
Lo scenario sembra diverso, ma
è lo stesso: un bambino ed il deserto siriano attorno o con altri nomi, il
bambino non gioca, non ride, non si diverte coi suoi compagni, trascina la sua
borsa che conterrà qualche suo oggetto o riserva alimentare e non guarda altro
che la strada da percorrere, i suoi occhi sono tesi a vedere gli ostacoli ed
hanno perso il sorriso dell'innocenza che è nei loro cuori ed i loro orecchi
attenti a percepire pericoli bellici in arrivo. Per loro è vitale andare avanti,
stare vicino al gruppo che è scappato e scampato, per ora, alla guerra e alle
sue conseguenze.
Sono i bambini a prova di
pallottola, che hanno già imparato a conoscere le pallottole, le schegge, i
suoni sinistri di bombe o altre armi mortali che stanno arrivando: qualche
volta ce la fanno ad evitarle, talaltre no; non pensano di sicuro all’identità
di genere che ormai tutti hanno sulla bocca e che ci sta asfissiando come una
conquista peggio di una guerra!
Ci si ricordi che cercano di
sopravvivere a quanto il mondo ha loro
preparato con l’ignavia e la noncuranza dei clan politici che contano.
È ben vero che molti volontari
onesti si danno da fare, non per accaparrarsi beni, ma per salvare un’umanità
sofferente e talvolta,come Ilaria Alpi ed il suo compagno, ci hanno rimesso la
vita. Onore a loro! Www.Fanpage.it